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Yemen: l’Iran invia navi da guerra, gli Usa armi ai sauditi

Rischia un’ulteriore escalation dagli effetti imprevedibili la guerra civile in corso nella Yemen alla quale quindici giorni fa si è sommato l’intervento militare di una coalizione di paesi sunniti guidata dall’Arabia Saudita. “Nessuna opzione è esclusa, neanche quelle dell’invasione via terra” ha affermato il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti. Lo sceicco Abdullah Bin Zayed Al Nayhan, che ha ricevuto il ministro degli Esteri del deposto governo yemenita, Riad Yassin, ha accusato l’Iran di sottrarsi ad una risoluzione democratica della conflitto che oppone da una parte le forze fedeli al governo fantoccio filo Riad e dall’altra i ribelli sciiti Houthi e le forze fedeli all’ex presidente Abdullah Saleh. In realtà Teheran insiste per una soluzione negoziata della crisi, ma la sua colpa agli occhi delle petromonarchie è il sostegno iraniano ai ribelli: “L’Iran non lascia speranze per un dialogo adeguato con i suoi vicini”, ha detto Al Nahyan che poi ha aggiunto: “Ci auguriamo comunque che Teheran si rivolga al legittimo governo yemenita piuttosto che continuare a parlare con i ribelli”. Poi l’esponente della piccola ma aggressiva petromonarchia del Golfo ha rincarato la dose riferendosi alla rivalità tra blocco sunnita e blocco sciita in vari paesi del Medio Oriente ed anche più ad est: “Sfortunatamente non vediamo ciò che l’Iran sta facendo, solo nello Yemen ma riconosciamo le stesse manovre in Iraq, in Siria, in Afganistan, in Pakistan”. E, ancora più esplicitamente, Al Nahyan ha accusato: «i fratelli iraniani credono nell’idea di poter esportare la rivoluzione, idea che fa parte della loro Costituzione e del loro governo».

L’Iran da parte sua cerca di abbassare i toni cercando il dialogo con alcuni paesi della cosiddetta coalizione sunnita ma dall’altra parte mostra i muscoli per prevenire un intervento militare ancora più massiccio del fronte guidato da Riad. Mentre il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Zarif, si è recato in Oman, uno dei sei Paesi del blocco del Consiglio di Cooperazione del Golfo, dicendosi pronto a lavorare con Mascate per risolvere la crisi in Yemen, Teheran ha anche deciso di inviare verso le coste dello Yemen alcune navi da guerra, tra le quali c’è anche un cacciatorpediniere. Formalmente, ha dichiarato l’ammiraglio Habibollah Sayyari, il dispiegamento della 34/a Flotta nel Golfo di Aden e nello stretto di Bab al-Mandab sarebbe legato alle operazioni anti-pirateria – alle quali l’Iran partecipa dal 2008 in linea con le risoluzioni dell’Onu – e alla “salvaguardia delle rotte navali delle imbarcazioni regionali”, ma è evidente che Teheran vuole dare un chiaro segnale ai suoi competitori.
La decisione si accompagna d’altronde al duro atto d’accusa della guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, contro i continui e sanguinosi raid aerei e navali condotti in Yemen dalle forze militari della coalizione sunnita, denunciati come “azioni criminali”. “Questo intervento è inaccettabile nella regione e li ammonisco a mettere fine a queste azioni criminali in Yemen”, ha detto Khamenei rivolgendosi a Riad in un comunicato diffuso sul suo sito ufficiale. Poco prima anche il presidente iraniano Hassan Rohani aveva denunciato i bombardamenti che “uccidono bambini innocenti”. “Un grande popolo come quello yemenita non si arrenderà con i bombardamenti”, ha aggiunto Rohani, sollecitando “tutti a discutere della fine della guerra, di un cessate il fuoco e di aiuti umanitari”.
Da Islamabad – il Pakistan sostiene la coalizione guidata dall’Arabia Saudita e dall’Egitto – il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, ha proposto un piano in quattro fasi per risolvere la crisi: immediato cessate il fuoco, invio di aiuti umanitari, avvio del dialogo tra le parti e, infine, formazione di un “governo inclusivo” che comprenda tutte le forze in campo, compresi gli Houthi che invece Riad e soci vorrebbero spazzare via.
L’attivismo diplomatico iraniano non si è limitato a Pakistan e Oman. Il vice ministro degli Esteri di Teheran, Morteza Sarmadi, si è recato a Beirut, dove ha chiesto uno stop immediato degli attacchi sul territorio yemenita e l’inizio immediato di colloqui che possano risolvere la questione in una sede neutrale.
La preoccupazione di Teheran è che il tutti contro tutti nello Yemen faciliti il dilagare di Al Qaeda nella Penisola Araba (Aqap) che nelle ultime settimane ha occupato varie località approfittando del caos ed ha addirittura messo una taglia sia sul presidente yemenita Abd Rabbo Mansur Hadi – deposto dagli Houthi e poi scappato in Arabia Saudita – sia sul leader delle milizie ribelli sciite Abdel Malek al-Houthi, denunciato come simbolo «dei mali dello Yemen». In un messaggio diffuso sui siti jihadisti l’Aqpa promette «20 chili d’oro a chiunque uccida o catturi» i due uomini. Nei giorni scorsi un commando di Al Qaeda ha preso d’assalto un valico di confine con l’Arabia Saudita, uccidendo due soldati di Ryad, nella provincia di Hadramout, e assumendo il controllo di una base nei pressi della città di Manwakh, a nord est di Sana’a. 
Intanto giorno dopo giorno aumenta il conteggio delle vittime mentre gli attacchi e i combattimenti si fanno sempre più sanguinosi. Stando all’ultimo bilancio delle vittime diffuso dall’Organizzazione mondiale della Sanità, dall’inizio dei bombardamenti sauditi 643 persone sono morte e 2.226 sono rimaste ferite. Ma occorre conteggiare anche circa 150 mila sfollati, per lo più in fuga dalla capitale Sana’a e dalla seconda città del paese, Aden, assediata dai ribelli e dove si concentrano gli scontri. Tra le vittime, per la maggior parte civili, ci sarebbero anche un’ottantina di bambini, uccisi nelle loro case dalle bombe. Ormai il paese, che è già il più povero di tutto il Medio Oriente, è sull’orlo della catastrofe medica ed umanitaria. Alla miseria endemica si aggiunge ora la quasi totale assenza di acqua potabile e di elettricità (16 milioni gli yemeniti senza corrente elettrica). E la mancanza di medicinali: gli ospedali delle grandi città sono al collasso, incapaci di portare cure mediche alla popolazione colpita nonostante gli sforzi della Croce Rossa Internazionale e di altre agenzie umanitarie i cui convogli vengono però spesso bloccati dalla coalizione sunnita oppure dai combattimenti. La Commissione internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha informato che un suo team chirurgico è giunto ad Aden. “[La situazione] è quasi catastrofica – ha denunciato la portavoce dell’ICRC Marie Claire Feghali – i negozi sono chiusi per cui le persone non possono procurarsi né cibo né acqua. Ci sono cadaveri nelle strade e gli ospedali sono ormai allo stremo”. Anche i soccorsi vengono presi di mira dai bombardamenti: finora tre i dot­tori e una decina di infermieri sono morti men­tre por­ta­vano soc­corso alla popo­la­zione, mentre tre le ambu­lanze con­fi­scate dai com­bat­tenti. Nelle ultime ore i bom­bar­da­menti sau­diti hanno centrato una scuola, ucci­dendo almeno tre stu­denti; teoricamente l’obiettivo, si difende Riad, era una base mili­tare uti­liz­zata dai ribelli nella pro­vin­cia di Ibb, a sud.
Nei giorni scorsi sia la Russia che l’Onu hanno chiesto l’apertura di un corridoio umanitario, un cessate il fuoco temporaneo che permetta di soccorrere i feriti e di portare aiuti alle comunità più colpite. Una richiesta alla quale si è sommato anche l’Iran. 
Da parte loro gli Stati Uniti, sostenitori obbligati – e controvoglia – dell’avventura militare saudita contro lo Yemen (e l’Iran) hanno deciso di inviare aiuti militari a Riad dopo aver già messo a disposizione delle forze militari delle petromonarchie la loro intelligence e alcuni aspetti logistici della loro presenza nella regione. “Abbiamo consegnato armi aumentando la nostra condivisione di informazioni di intelligence e stabilendo una cellula di coordinamento unificato nel centro delle operazioni saudite” ha ammesso il vice segretario di Stato, Tony Blinkern, durante la sua visita a Riad.
Contemporaneamente, nel corso di un’intervista al programma PBS Newshour, il segretario di Stato Usa John Kerry ha nuovamente accusato Teheran di sostenere i ribelli huthi. “Gli Stati Uniti – ha dichiarato Kerry – sosterranno ogni stato in Medio Oriente che si sente minacciato dall’Iran” e “non resteranno fermi” qualora la repubblica islamica dovesse destabilizzare la regione.

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