I cinque Paesi scandinavi si sono impegnati nei giorni scorsi a rafforzare la propria cooperazione militare e lo scambio di informazioni di intelligence. I paesi nordici si dicono preoccupati dalla politica russa, che definiscono “la principale minaccia alla sicurezza in Europa”, e decidono quindi di aumentare la cooperazione militare tra loro e con una Nato che ha rapidamente militarizzato tutti i paesi al confine con la Russia e con altri paesi aderenti all’ex Patto di Varsavia.
Citando l’annessione della Crimea e il ruolo russo nella crisi ucraina, i Ministri della Difesa di Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda e Danimarca spiegano in un editoriale collettivo pubblicato dal quotidiano norvegese Aftenposten che “in materia di sicurezza, la situazione nelle immediate vicinanze dei Paesi nordici si è sensibilmente degradata nel corso dell’anno passato”. Ma lungi dall’incolpare la folle strategia della Nato e dell’Unione Europea che hanno dato il loro sostegno al golpe filoccidentale a Kiev e poi alla guerra scatenata dal nuovo regime nazionalista ucraino contro le popolazioni del sudest del paese, i paesi scandinavi decidono di legarsi ancora di più al meccanismo militare guidato da Washington e in parte da Bruxelles.
“Dobbiamo essere pronti ad eventuali crisi od incidenti: ma una più stretta cooperazione in Europa settentrionale e una solidarietà con i Paesi baltici contribuiranno a rafforzare la sicurezza nella nostra regione, allontanando il rischio di incidenti militari”, concludono i Ministri nel loro intervento collettivo.
Attualmente – ha denunciato al Daily Telegraph il presidente estone Toomas Ilves – l’unico contingente Nato in Estonia è composto da 150 soldati. «Non è abbastanza ci sono esercitazioni russe al di là dei nostri confini con 40-80mila uomini…perciò pensiamo che un incremento di truppe sia ragionevole». L’Alleanza Atlantica in realtà, in base al cosiddetto “Nato-Russia Founding Act del 1997” siglato dopo la fine della Guerra Fredda, si è impegnata a non istituire proprie basi permanenti nell’Europa orientale e centrale; ma a settembre dell’anno scorso, nel corso del vertice di Newport, ha deciso di realizzare cinque basi militari (definite ‘temporanee’) nelle Repubbliche Baltiche e in Romania e Polonia ed ha anche varato la creazione di una forza di reazione rapida di alcune decine di migliaia di uomini in grado di schierarsi ad Est nel giro di 48 ore.
Se Norvegia, Danimarca e Islanda (paese che non dispone di un esercito ma solo di un corpo di polizia) fanno parte della Nato e dunque godono della sicurezza collettiva garantita ai Paesi membri, Svezia e Finlandia non fanno parte dell’Alleanza che però sta esercitando forti pressioni per un loro ingresso nel meccanismo di cooperazione militare, il che costituirebbe una ulteriore provocazione nei confronti di Mosca e un ennesimo passo di una escalation che potrebbe avere esiti imprevisti e gravi.
Come quelle che avrebbero potuto essere originate da una collisione tra un caccia da guerra russo ed un velivolo statunitense evitata a quanto pare per un soffio. L’incidente risale a martedì scorso quando un caccia russo Sukhoi Su-27 ed un aereo spia statunitense RC-135 si sono praticamente sfiorati nello spazio aereo internazionale sul Mar Baltico.
A riferire la sua versione dei fatti è stata una dei portavoce del Pentagono, Eileen M. Lainez, rendendo noto che Washington ha notificato a Mosca una protesta diplomatica addossando all’aviazione russa la responsabilità per la mancata collisione. Quando i due velivoli sono entrati in contatto, l’Rc-135 (versione militare del vecchio quadrigetto Boeing 707 modificata per permettere la rilevazione di informazioni sul terreno) era impegnato nella raccolta dati “ai margini” dello spazio aereo russo dell’enclave di Kaliningrad, tra Polonia e Lituania, dove si teme che Mosca abbia schierato missili balistici tattici a corto raggio Iskander con una gittata di 415 km, afferma la versione statunitense che di fatto ammette che gli aerei di Washington stanno spiando il territorio russo.
Da Mosca il generale Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa di Mosca, ha invece ribattuto che non solo l’aereo statunitense volava «con il trasponder spento» e quindi non era rilevabile, ma anche che si dirigeva verso lo spazio aereo russo su Kaliningrad.
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