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A Bruxelles un controvertice della solidarietà tra America Latina ed Europa

Circa 50 organizzazioni della società civile e movimenti sociali anti-sistema prevalentemente latinoamericani ed europei – presente anche una folta delegazione italiana – si sono dati appuntamento a Bruxelles per un summit alternativo a quello tra Unione Europea e Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (Celac), che è cominciato l’altro ieri e si è concluso ieri pomeriggio.

L’obiettivo dichiarato delle “Giornate di mobilizzazione per la sovranità dei popoli di fronte al potere delle transnazionali e l’architettura di trattati di commercio e investimenti” era di “rafforzare e dare visibilità alle resistenze e ai conflitti” in entrambe le zone del mondo rappresentate, reclamare “la sovranità dei popoli invece del modello promosso dalle multinazionali” e stimolare lo sviluppo di “nuove iniziative” alternative alle pratiche di investimenti “imposte per le grandi aziende”.

Le Giornate sono cominciate con un dibattito aperto tra rappresentanti nazionali di ong, movimenti sociali e sindacati circa le misure di austerità applicate dall’Unione Europea, gli accordi di libero commercio – tra i quali il contestato TTIP – e i trattati bilaterali di investimento. La presidente del think tank Transnational Institute, con sede a Washington e a Amsterdam, Susan George, aveva anticipato nei giorni scorsi che il controvertice avrebbe denunciato il futuro accordo transatlantico commerciale e di investimenti tra UE e Stati Uniti, conosciuto come Ttip. L’intesa, ha sottolineato George, “avrà effetti non solo sui cittadini europei e statunitensi, bensì sulla popolazione del mondo intero, poiché si prefigge di stabilire nuovi standard globali”.

Le organizzazioni che hanno partecipato al “contro-vertice” hanno segnalano i pericoli di rapporti commerciali asimmetrici e diseguali, basati “soprattutto sull’estrazione delle risorse naturali” in Centro e Sud America, che sta contribuendo “all’esaurimento delle risorse non rinnovabili, all’effetto serra e ai conflitti sociali”. Altre denunce formulate riguardano ripetute violazioni dei diritti umani “da parte delle multinazionali europee e latinoamericane” e “l’accaparramento e la concentrazione delle risorse naturali su scala mondiale”.

Le organizzazioni presenti hanno rivolto alla UE l’invito a uno sviluppo sostenibile fondato su rapporti commerciali che rispettino i diritti umani. Inoltre hanno ampliato l’invito formulato a tutti i governi di partecipare, in sede Onu, a un “processo storico” di ricerca di strumenti vincolanti di controllo delle multinazionali e a sostegno di un commercio internazionale più equo.

L’iniziativa si è conclusa ieri al Parlamento Europeo, con un forum dal titolo “Affrontando il potere e l’impunità delle aziende transnazionali e l’offensiva del libero commercio e investimento – Risposte di europarlamentari e di movimenti sociali dell’Europa e dell’America Latina”.

Tra le ong animatrici del “contro-vertice” figurano tra le altre Amigos de la Tierra América Latina y Caribe, Rede Brasileira pela Integração dos Povos (Rebrip), Ecologistas en Acción, Observatorio de Multinacionales en América Latina (Omal), Movement of Peoples Affected by Dams in Brazil (Mab), Observatori del Deute en la Globalització (Odg), Oficina Internacional de los Derechos Humanos – Acción Colombia (Oidhaco) e Red Mexicana de Acción frente al Libre Comercio (Rmalc).

Per quanto riguarda il forum ufficiale, a rompere il clima di artefatta concordia ci ha pensato Rafael Correa, che insieme al presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, ha presieduto il vertice in qualità di presidente della Celac. “Siamo felici per la fine dell’embargo a Cuba – ha dichiarato Correa aprendo i lavori dell’assemblea – ma dobbiamo denunciare il blocco e l’occupazione di Guantanamo da parte degli Stati Uniti, uno dei retaggi del colonialismo che ha subito l’America latina nel passato. Denunciamo anche il decreto di Barack Obama che vuole imporre delle sanzioni unilaterali al Venezuala perché il Paese è ritenuto un pericolo per la sicurezza nazionale degli Usa” ha detto Correa.

Dichiarazioni realizzate mentre alcune decine di cittadini messicani protestavano a Bruxelles contro la partecipazione al summit del presidente messicano Enrique Peña Nieto. “Rappresentiamo la società civile messicana. Vogliamo ricordare al nostro governo che non può essere così cinico da venire qui, per firmare degli accordi internazionali, mentre nel nostro Paese i diritti umani non sono tutelati” ha spiegato una donna alla stampa. “Esistono troppi casi in attesa di giustizia nel nostro Paese, in cui regna un senso di impunità senza limiti” ci racconta una ragazza “La corruzione è altissima e siamo tutti molto stanchi della situazione” ha aggiunto. Sugli striscioni dei manifestanti anche i ritratti dei 43 studenti dell’istituto Ayotzinapa, scomparsi nel nulla in Messico ormai dalla notte del 26 settembre 2014, rapiti da poliziotti e narcos. 

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