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L’Europarlamento: “isolare la Russia”, fondi pubblici per destabilizzare Mosca

Nel giorno in cui il presidente russo Vladimir Putin in visita a Roma incassava la promessa da parte del Papa di recarsi a Mosca nei prossimi mesi – una oggettiva violazione dell’isolamento imposto a Mosca da Ue e Usa – il Parlamento Europeo si dedicava a incrementare la tensione con la Federazione Russa. L’emiciclo di Strasburgo ha infatti approvato ieri una risoluzione, con 494 voti favorevoli, 135 contrari e 69 astensioni, che chiede alla Ue di riesaminare in modo restrittivo le sue relazioni con la Russia, descritte come “profondamente danneggiate dalla violazione deliberata, da parte della Russia, dei principi e dei valori fondamentali democratici e del diritto internazionale attraverso la sua azione violenta e la destabilizzazione politica dei Paesi vicini”. L’UE – sottolinea l’Europarlamento – deve ora elaborare un piano d’emergenza di persuasione per “contrastare le politiche aggressive e divisorie della Russia”. Secondo la grande maggioranza dei parlamentari europei, Mosca sostiene e finanzia i partiti radicali ed estremisti negli Stati membri della UE.

 “Con la sua aggressione contro l’Ucraina e l’annessione della Crimea, la leadership russa ha messo le nostre relazioni davanti a un bivio. Spetta ora al Cremlino decidere la direzione: cooperazione oppure maggiore isolamento”, ha dichiarato il relatore del Parlamento europeo, Gabrielius Landsbergis (PPE, LT). “Sono convinto che il popolo russo, come tutti noi, desideri la pace, non la guerra. Un cambiamento in Russia deve venire dal suo interno, può esserci e ci sarà. Nel frattempo, dobbiamo inviare un messaggio forte alla leadership russa, sottolineando la nostra vicinanza alle vittime delle sue aggressioni e a coloro che difendono i valori su cui si fonda l’UE”, ha aggiunto.
Gli eurodeputati evidenziano quindi che gli Stati membri dell’UE devono considerare una “priorita’ assoluta” essere uniti nei confronti dell’annessione illegale della Crimea da parte della Russia e del suo diretto coinvolgimento nella guerra in Ucraina. Invitano poi i Paesi UE ad astenersi da accordi bilaterali con la Russia, che potrebbero danneggiare l’unità raggiunta. 
Come se non bastasse la mozione in questione invita la Commissione – cioè il governo dell’Unione Europea – a prevedere senza indugi finanziamenti adeguati per progetti concreti volti a contrastare “la propaganda russa e la disinformazione russa all’interno e all’esterno dell’UE e a programmare una assistenza finanziaria “piu’ ambiziosa” in favore della società civile russa”. Esprime poi preoccupazione per il deterioramento della situazione dei diritti umani e dello Stato di diritto in Russia e chiede la prosecuzione del sostegno dell’UE ai difensori dei diritti umani russi.
Insomma mentre decine di milioni di europei, in particolare i popoli dei Pigs, patiscono gli effetti delle dure misure di austerity imposte da Bruxelles e Francoforte ai governi di Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro, i parlamentari europei chiedono alla Commissione Europea di stanziare fondi pubblici per finanziare attività di propaganda contro la Russia e per sostenere gruppi politici che all’interno del paese di cui si persegue l’isolamento internazionale si prefiggono apertamente il rovesciamento del governo di Mosca. Una decisione che i parlamentari europei dovrebbero spiegare a chi in Italia ed in Europa è giustamente preoccupato per una escalation di tensione con la Russia che potrebbe portare a conseguenze incontrollabili e gravissime. E ancor più immediatamente a quei cittadini e lavoratori che ogni volta che chiedono più soldi per pensioni, lavoro, sanità, istruzione si sentono rispondere dalle autorità europee e dei singoli stati che ‘i soldi non ci sono’.
Mentre l’Ue sostiene i golpisti ucraini e si prefigge un aumento dell’appoggio da sempre accordato alle forze antigovernative in Russia, pretende che Mosca non faccia altrettanto in territorio europeo per proteggere i propri interessi. Con una elevata dose di faccia tosta, i deputati europei esprimono preoccupazione perché la Russia si posizionerebbe come un rivale della cosiddetta “comunità democratica internazionale” e sostiene e finanzia i partiti radicali ed estremisti negli Stati membri dell’UE. Quindi i deputati chiedono alla Commissione e agli Stati membri un meccanismo coordinato per il monitoraggio dell’assistenza finanziaria, politica o tecnica fornita dalla Russia ai partiti politici e ad altre organizzazioni all’interno dell’UE, al fine di valutarne l’influenza a livello della vita politica e dell’opinione pubblica. La Commissione dovrebbe, inoltre, proporre una legislazione per garantire la completa trasparenza sui finanziamenti politici e sul finanziamento dei partiti politici dell’UE da parte di soggetti politici o economici al di fuori dell’UE.
Anche in questo caso con una enorme dose di ipocrisia dopo che pochi giorni fa il G7 ha ribadito le sanzioni e le minacce contro la Russia, la risoluzione condanna anche la lista nera della Russia che impedisce a 89 politici e funzionari europei l’acceso nel territorio russo, definendo la misura “arbitraria”, una violazione del diritto internazionale, degli standard universali e un ostacolo alla trasparenza. Insomma Mosca non avrebbe il diritto, secondo i parlamentari europei, di imporre sanzioni a chi ha iniziato una guerra commerciale, diplomatica e anche militare contro la Russia? Evidentemente sono in molti a pensare, ipocritamente e anche molto ingenuamente, che le sanzioni e la guerra siano appannaggio soltanto dell’occidente…
Utilizzando il consueto meccanismo del bastone e della carota, i deputati di Strasburgo sostengono che nel lungo periodo siano possibili e auspicabili rapporti costruttivi tra l’UE e la Russia, a vantaggio di entrambe le parti, ma sottolineando che la cooperazione può essere ripresa in considerazione a condizione che la Russia rispetti l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina, inclusa la Crimea, attui pienamente gli accordi di Minsk e metta fine alla destabilizzazione delle attività militari e di sicurezza alle frontiere degli Stati membri dell’UE.

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