La diffusione dei dettagli contenuti nel piano presentato dal governo Tsipras alla Troika hanno scatenato dentro il partito della sinistra greca un aspro confronto tra le varie anime.
Secondo quanto ha raccontato Stathis Kouvelakis, uno dei membri di punta della Piattaforma di Sinistra interna all’organizzazione, il gruppo parlamentare di Syriza riunitosi questa mattina per dibattere sul contenuto della proposta di Tsipras – accettazione di una dose consistente di austerity, di fatto un terzo memorandum dopo quelli accettati da Pasok e Nuova Democrazia, ma in cambio di un taglio consistente del debito greco e di un prestito di 50 miliardi da parte delle istituzioni europee e del Fondo Salva Stati – ha accresciuto una spaccatura già manifestatasi nei mesi scorsi man mano che la direzione del partito rinunciava a molti dei cosiddetti punti fermi del ‘Programma di Salonicco’.
Secondo Kouvelakis anche l’ex ministro delle finanze dimessosi lunedì “per facilitare il negoziato con la Troika” sarebbe contrario all’accordo nei termini previsti dal primo ministro. Il ministro dell’Energia e anch’egli membro della Piattaforma di Sinistra ha definito l’accordo “incompatibile con il programma di Syriza” e “contrario ad aprire prospettive positive per il paese”. “Non vogliamo un terzo piano di salvataggio con misure di austerità ancora più dure” ha detto Lafazanis. «Sappiamo che a questo punto tutte le opzioni sono complesse ma la peggiore, la più umiliante e insopportabile, sarebbe un accordo che indicherebbe la resa, la razzia e la sottomissione del paese e della sua gente. Questa è una scelta che non faremo mai». Secondo Lafazanis la Grecia «non ha nessuna pistola alla tempia, esistono opzioni alternative» a un nuovo accordo con la troika.
Secondo alcune informazioni i ministri espressione della Piattaforma di Sinistra di Syriza potrebbero dimettersi dal governo oggi stesso.
Thanassis Petrakos, uno dei tre portavoce del gruppo parlamentare di Syriza e membro della Piattaforma di Sinistra ha dichiarato: “Il ‘No’ al referendum è stato No di classe e radical. Alcuni compagni di alto livello insistono sulla logica del “non ci sono altre strade” (se non accettare i diktat della Troika, ndr). Noi dovremmo invece prepararci ad uscire dall’Eurozona e dire con chiarezza al popolo la verità. (…) Coloro che insistono sulla scelta di rimanere nell’euro ad ogni costo dovrebbero sapere che ciò ci porterà al disastro. Noi abbiamo bisogno di un’uscita concordata (…) Il primo passo deve essere il controllo pubblico delle banche e della Banca Centrale greca e misure contro l’oligarchia ellenica”.
Intanto cinque esponenti del partito, tra cui tre deputati, hanno diffuso un comunicato in cui invitano il governo a «rispondere al ricatto delle istituzioni con un nuovo programma di aiuti senza austerità e con la cancellazione di una parte del debito oppure con l’uscita dall’euro e la sospensione dei rimborsi su un debito ingiusto e non sostenibile».
“Serviva un prestito ponte di qualche mese, nel quale preparare, se necessario, anche l’uscita dall’euro. Il premier si trova in una situazione complicata: salvare la patria europea o salvare le proposte di sinistra del partito, quelle che finora sono state vittoriose? Sono enormi contraddizioni da sciogliere. Non puoi andare a dormire con il “no” al referendum e svegliarti con il “sì” una settimana dopo” ha detto Vassilis Primikiris, un esponente della minoranza di sinistra di Syriza, in un’intervista a Repubblica
Occorre ora attendere la risposta della Troika e delle varie istituzioni economiche e politiche europee. Che potrebbero accettare la proposta di Tsipras ma senza concedere in cambio un taglio del debito e un nuovo consistente prestito, anche se il governo francese pare che stia operando forti pressioni su quello tedesco per andare ad un ammorbidimento della posizione finora difesa dal governo Merkel. Ma in queste ore molti responsabili europei si dicono ottimisti sulla possibilità di raggiungere un accordo. Persino il presidente del Consiglio europeo, il ‘falco’ polacco Donald Tusk, oggi ha sottolineato che anche i creditori dovranno farsi carico del problema della sostenibilità del debito.
Un grosso scoglio è rappresentato dal fatto che una volta presentata in parlamento la proposta di accordo resa nota alcune ore fa dal governo Syriza-Anel potrebbe non ricevere i voti di molti deputati della sinistra del partito. Se non avesse i numeri Tsipras dovrebbe a quel punto accettare il sostegno dei deputati delle forze politiche attualmente all’opposizione e schierate a favore della Troika, coinvolte del resto da lunedì nella scrittura della bozza di misure inviata a Bruxelles. A quel punto l’allargamento della maggioranza a socialisti, centristi e destra già realizzato informalmente lunedì verrebbe formalizzato, Syriza potrebbe andare incontro ad una scissione più o meno esplicita e l’asse di governo di sposterebbe più a destra.
Ai parlamentari riuniti per decidere se affidare o meno al governo il mandato di trattare con l’Ue e l’Fmi sulla base della bozza pubblicata dallo stesso esecutivo il premier ha detto: “Non ho il mandato del popolo per portare la Grecia fuori dall’euro, ma per trovare un accordo migliore” rispetto a quello inizialmente prospettato dai creditori internazionali.
Il problema è che per molti parlamentari del partito – non solo quelli delle correnti di sinistra interna all’opposizione, ma anche alcuni interni alla maggioranza che esprime la segreteria – l’accordo prospettato da Tsipras e da alcuni dei suoi ministri rappresenta un tradimento esplicito ed inequivocabile delle promesse fatte da Syriza agli elettori. Prima si era andati a trattare con la Troika dopo aver promesso che mai più il governo sovrano della Grecia avrebbe accettato diktat da una istituzione autoritaria per altro non ufficiale all’interno dell’architettura europea. Dopo aver promesso la fine delle politiche di austerità di fatto il governo Syriza-Anel è pronto ad accettare un terzo memorandum pieno di controriforme contro le quali entrambi i partiti si erano schierati nel parlamento e nelle piazze quando a condurre i negoziati erano i leader di Nea Dimokratia e Pasok. Il piano contiene misure inaccettabili come l’aumento drastico dell’età pensionabile (che aggraverà la già altissima disoccupazione) e l’aumento dei contributi previdenziali, l’aumento dell’Iva per le isole e per alcuni generi di prima necessità, ingenti privatizzazioni e il rinvio di ben due anni dell’abolizione della contestatissima tassa immobiliare che ha mandato sul lastrico centinaia di migliaia di famiglie greche.
Solo in pochi hanno notato che sotto la bozza di nuovo memorandum inviata da Atene a Bruxelles non solo manca la firma del ministro di Syriza Panagiotis Lafazanis, ma anche quella di Panos Kammenos, esponente della destra nazionalista di Anel. Il che potrebbe lasciar pensare che anche dentro i ‘Greci Indipendenti’ ci sia una levata di scudi contro l’evidente cedimento nei confronti dei diktat della Troika. A conferma, nel corso del dibattito parlamentare in corso ad Atene ben quattro parlamentari di Anel, oltre ad alcuni di Syriza, hanno annunciato che non voteranno a favore del documento.
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margherita
io penso che tsipras abbia le palle e che aveva gia’ tutto previsto, la sua campagna si è allargata in tutta Europa. Italia e Spagna diranno No alll’ AUSTERITY e sara’ cmq molto dura, anche in questo caso. Sono talmente tanti i poteri da tirar giu’ che solo con sostegni a livello internazionale ci potra’ essere una risvolta positiva.