L’Eurogruppo che deve decidere se riaprire oppure no un “negoziato” con la Grecia, esaminando i presunto “piano Tsipras” (scritto da tecnici francesi inviati da Hollande), si è aperto dopo l’ora di pranzo in un clima che definire “scettico” è un eufemismo.
«Non ci siamo ancora», ha spiegato entrando il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, lo stesso boero che ieri sera sorrideva definendolo “esauriente” perché accoglieva quasi tutti idiktat della Troika.
«Sarà una riunione molto difficile, ci sono criticità nella sostanza, sui contenuti delle proposte, sia dal punto delle riforme che dei conti pubblici, e c’è un importante problema di fiducia». Anche al di là degli impegni presi a scapito della propria popolazione, dunque, l’Eurogruppo è intenzionato a far pagare al governo Syriza un prezzo supplementare per aver osato sfidare il mostro chiamato Unione Europea. La resa agli ultimatum, insomma, è arrivata; ma troppo tardi per poter pensare di riprendere a discutere come se non ci fosse stata battaglia vera.
Il nuovo stop, imposto dalla Germania, viene giocato sul filo della credibilità: i creditori vorrebbero essere sicuri che «quanto promesso viene davvero realizzato». Wolfgang Schaeuble, ministro delle finanze tedesco, non ciè andato leggero: «Non vedo come potremo raggiungere facilmente un accordo: il Governo greco ha fatto di tutto per minare la fiducia». E, per quanto riguarda la richiesta principale sempre avanzata da Atene: «Sappiamo che un taglio del debito pubblico non è possibile secondo i Trattati» europei.
Persino il ministro italiano Padoan, ex economista dell’Ocse e fautore di un accordo a tutti i costi per “tenere la grecia nell’euro”, ha fortemente ridimensionato le aspettative: «Non siamo qui oggi per concludere un accordo, ma per verificare se ci sono le condizioni per avviare un negoziato».
Come se non ci fossero le banche elleniche da far riaprire, lunedì mattina. E potranno farlo solo se ci sarà un accordo e quindi un aumento della liquidità d’emergenza fissato dalla Bce.
Il piano di Atene, nonostante i 13,5 miliardi di tasse o minori spese (oltre il 6% del Pil), nonostante sia stato steso praticamente sotto dettatura della Troika, viene definito «una base per il negoziato» ma serviranno «misure supplementari».
La Commissione Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale «hanno compiuto una prima valutazione congiunta delle proposte di riforma greche inviate giovedì notte, e sotto certe condizioni vedono le proposte come una base per negoziare un programma Esm».
Ma una “buona base” di partenza non è affatto un punto d’arrivo: «Le cifre elevate del fabbisogno greco per i prossimi tre anni potrebbero essere troppo alte e troppo soggette a cambiamenti improvvisi». Quindi quanto previsto nella bozza approvata dal Parlamento di Atene potrebbe facilmente rivelarsi “insufficiente”.
Non basta arrendersi. Devi proprio morire nella vergogna.
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