Non si può negare a Wofgang Schaeuble il riconoscimento di una coerenza degna di miglior causa. Prima ancora che l’Eurogruppo, stamattina, si riunisse in teleconferenza per discutere del “prestito ponte” da concedere alla Grecia, ha ritenuto importante far sapere che comunque per lui la soluzione migliore è una “Grexit” temporanea di cinque anni («Questo probabilmente sarebbe la cosa migliore per la Grecia»).
Tutti gli hanno fatto notare – a lui, implacabile difensore delle “regole” – che quella soluzione è fuori dalle regole dell’Unione Europea. Ma si sa, le regole valgono se devono rispettarle gli altri, altrimenti si possono violare. Del resto accade così anche per la Germania, che da quasi dieci anni sfora ampiamente il miti del surplus (il contrario del deficit) previsti dai trattati di Maastricht. Senza che nessuno, nell’Unione stessa, sollevi la benché minima obiezione.
Per la Grecia, però sarebbe senz’altro meglio un’uscita totale dall’Unione e dall’euro, perché la sua struttura economica è troppo fragile per star dentro il sistema previsto dai trattati e dalla moneta unica. Soprattutto, il terzo memorandum diventerà a breve la tomba di quel che resta di vitale in quel paese. Basta guardare alla riunione dell’Eurogruppo in corso.
Il “prestio ponte” da sette miliardi, da restituire teoricamente entro tre mesi, deve essere concesso per consentire alla Grecia di ripagare le scadenze nel pagamento del debito verso i creditori. In pratica, si danno dei soldi per riaverli indietro subito – questione di giorni – in una partita di giro piuttosto folle. Con questo sistema si ottengono due risultati davvero contraddittori: si continua a far finta che Atene sia un debitore in grado di ripagare il dovuto, e contemporaneamente si aumenta il livello del debito stesso.
Ma dopo aver imposto a Tsipras quelle condizioni la Troika non può più esimersi dal continuare a giocare questo gioco. Le obiezioni della Gran Bretagna, che non voleva ritrovarsi a sborsare una quota che tutti sanno non tornerà mai indietro, sono state “superate”. Ma non ci viene detto come, ovvero in cambio di cosa.
La procedura oscilla tra il farsesco e il drammatico. L’Eurogruppo deve “valutare” se il parlamento greco ha approvato il dispositivo scritto dall’Eurogruppo stesso; ma devono essere consultati anche i 9 paesi dell’Unione che non utilizzano l’euro (quindi anche la Gran Bretagna), perché quei sette miliardi vengono dal fondo “salva-stati” Esm. Ma il “via libera” arriverà con una “procedura scritta” elaborata dai funzionari del Comitato economico e finanziario, senza neanche la necessità di riunire i 28 ministri finanziari del paesi dell’Unione.
Di fatto, l’opinione di un popolo espressa con un referendum non conta nulla; l’accordo tra una cinquantina di funzionari “apolidi” è invece decisivo.
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