Tra ieri e questa notte le autorità del Tadžikistan hanno arrestato praticamente l’intera direzione del Partito della rinascita islamica (PRIT). Ieri, all’aeroporto della capitale Dušanbe, era stato bloccato nell’aereo su cui aveva già preso posto, diretto ad Alma-Ata (la ex capitale del Kazakhstan) il primo vice presidente del partito, Saidumar Khusajni. Un altro dei vice presidenti, Makhmadali Khait, è stato arrestato nel corso della notte, insieme al membro del Consiglio politico Vokhidkhon Kosiddinov, al teologo Zubjdullo Rozik e diversi altri. Il leader del partito, Mukhiddin Kabiri, al momento all’estero, ha dichiarato “spero che la comunità internazionale e la società tadžika non rimarranno osservatori indifferenti e chiamino il potere alla liberazione dei membri del partito”.
Il governo di Dušanbe, dopo che a metà agosto ne aveva chiuso l’unica tipografia, a fine mese, aveva di fatto vietato il Partito islamico, il più forte tra quelli all’opposizione, basandosi sull’articolo della legge riguardante i partiti politici, che ne proibisce l’esistenza in assenza delle cellule territoriali nelle maggiori città. Secondo il Ministero della giustizia, erano stati redatti 76 protocolli – pare, da parte delle cellule stesse del partito – che formalizzavano la liquidazione delle organizzazioni di base in 58 città. Il Partito islamico era anche accusato di propaganda religiosa, vietata dalla legge “Sulla libertà di coscienza e di associazione religiosa”. Il PRIT aveva reagito dichiarando che si trattava di “un autoinganno; il PRIT non scomparirà. Coi documenti giuridici si possono chiudere le persone e gli uffici, ma non le menti e l’ideologia”, ammonendo che migliaia di simpatizzanti del partito sarebbero entrati in clandestinità, radicalizzandosi.
Fonti del Ministero degli interni parlano di almeno 500 cittadini tadžiki che starebbero già combattendo in Siria e in Irak dalla parte dell’Isis. Secondo Interfax, il PRIT è (lo era finora) l’unico partito a carattere religioso legalmente ammesso nello spazio postsovietico e contava, ufficialmente, su oltre 40mila membri.
Ieri era stato ucciso in combattimento Abdukhalim Nazarzoda, l’ex vice Ministro della difesa che agli inizi del mese aveva guidato l’attacco al Comando della polizia a Dušanbe e che poi si era ritirato, con un centinaio di uomini, nelle gole di Ramit. Nazarzoda, che ricopriva la carica governativa dal gennaio 2014, era membro del Partito della rinascita islamica, ex combattente dell’Opposizione unita tadžika che, dopo la firma dell’accordo di pace del 1997 era stata inserita con una quota del 30% nelle forze armate della Repubblica ex sovietica.
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