Il fronte Al Nusra si separa dal suo principale sponsor globale: Al Qaeda. Per la prima volta dalla sua nascita in Siria nel 2012, il suo fondatore, Abu Muhammed al Jolani, ha mostrato il suo volto e, attraverso un video inviato all’emittente Al Jazeera, ha comunicato che “il Fronte Al Nusra si scioglierà e confluirà nel Fronte di Conquista del Levante (Jabhat Fatah al Sham)”. Questa nuova formazione raggrupperà, inoltre, tutte le milizie che vengono considerate “moderate” dai paesi occidentali: Ahrar Al Sham, Jaysh Al Islam e il gruppo “Noureddine Al Zenki” (tutte formazioni finanziate dall’Arabia Saudita).
La notizia della separazione da Al Qaeda è arrivata dopo un precedente video del suo leader, Ayman Al Zawahiri, che ha dato il suo assenso dichiarando “siamo uniti ai nostri fratelli da un legame più forte di una semplice adesione alla nostra organizzazione, si può rinunciare al nostro rapporto di affiliazione se questo servirà a riunire tutte le forze salafite per combattere gli “infedeli” in Siria”. In poche parole il legame ideologico rimane saldo e gli obiettivi restano gli stessi. Il Fronte Al Nusra, però, in questa maniera cerca di “rinnovarsi” e “tutelarsi” per uscire dalla lista nera delle organizzazioni jihadiste “criminali” per rientrare in quelle “moderate”. La stessa tecnica del cambio di nome, del resto, è già stata utilizzata da altri gruppi salafiti per restare agganciati ai finanziamenti dei paesi del golfo, monarchia saudita e Qatar per primi. Un movimento “moderato” come “Noureddine Al Zenki “ ha pochi giorni fa postato un video in cui un ragazzino di 14 anni veniva decapitato perché appartenente ad un gruppo pro-regime. Un altro movimento “moderato” come Ahrar Al Sham, in questi ultimi giorni, utilizza gli abitanti dei quartieri orientali di Aleppo come scudi umani, vietando e impedendo loro di poter scappare dalla battaglia attraverso i corridoi umanitari concordati con il regime siriano e sotto tutela russa.
Il cambiamento di nome e la fuoriuscita da Al Qaeda vengono visti dai media arabi come un tentativo di “rilegittimazione” in maniera da far stemperare le continue frizioni tra la coalizione a guida USA e quella con a capo la Russia. I jet di Mosca hanno ripreso i bombardamenti in Siria anche a causa dell’ambiguità americana e francese nel tutelare gruppi come il Fronte Al Nusra, riconosciuti come formazioni di “resistenza al regime”. Significative le parole del ministro degli Affari Esteri francese, Laurent Fabius che, in un’intervista di qualche anno fa, aveva dichiarato: “il fronte Al Nusra sta facendo un buon lavoro”, senza ricordare i massacri sui civili, le fosse comuni o l’utilizzo di attentati dinamitardi e auto-bomba. Dal loro punto di vista le autorità russe, per voce di Igor Morozov (portavoce per gli affari esteri), hanno ribadito che “il fatto che il Fronte Al Nusra abbia cambiato nome non significa nulla per le forze russe che continueranno a combatterlo in tutto il territorio siriano visto che quella è un’organizzazione terroristica legata ad Al Qaeda”. Dello stesso tono le dichiarazioni da parte iraniana che considerano la notizia come “un semplice gioco di parole che non cambia la natura terrorista del gruppo” oppure un tentativo per uscire dalla “lista nera delle Nazioni Unite”. Ufficialmente anche gli USA hanno dichiarato il loro disappunto. John Kirby, responsabile del Dipartimento di Stato, ha commentato così la notizia del cambio di nome: “Al Nusra è un’organizzazione terrorista legata ad Al Qaeda. I suoi obiettivi, nonostante il cambio di nome, sono sempre gli stessi e noi li giudichiamo terroristi per quello che fanno o hanno fatto in passato”.
Secondo il quotidiano libanese Assafir, invece, la dichiarazione di separazione di Al Nusra dal network di Al Qaeda è preoccupante perché è un pericoloso tentativo di riunificare tutta quella galassia “salafita” in territorio siriano. Il nuovo Fronte jihadista si pone, infatti, come maggiormente “nazionalista” in confronto a quello del fratello-nemico Daesh, la cui maggioranza delle milizie proviene da altri paesi. Altro elemento riportato dal giornale libanese è il cambio di strategia: legittimazione sul piano internazionale ed interno da parte del suo leader Al Jolani (mostratosi in video) e, soprattutto, eliminazione delle minacce nei confronti dell’occidente e degli Stati Uniti. Nel suo discorso, infatti, al Jolani non ha rinnovato le sue minacce contro i popoli europei, come fece nel 2014 dopo i primi raid della coalizione internazionale.
La strategia del nuovo “Fronte di Conquista del Levante” rimane comunque molto simile a quella di Al Qaeda: avere un basso profilo nel terrorismo globale contro l’occidente e supportare i diversi gruppi jihadisti affiliati nei loro paesi. In quest’ottica una riunificazione dei gruppi radicali mira, infatti, a combattere e contrastare il nemico più vicino: il regime di Bashar Al Assad. Questo disegno è molto simile alla politica portata avanti da Al Zawahiri, in maniera totalmente opposta a quella del suo predecessore Bin Laden, e favorita dai paesi del golfo. Non è casuale che in questi ultimi mesi siano stati inviati in territorio siriano alcuni tra i più alti quadri qaedisti, come Seif al Adl Al Masri (considerato come il ministro della difesa di Al Qaeda) o Abu Muhammad Al Masri ( ex braccio destro di Bin Laden) proprio per pianificare una nuova strategia di lotta. La nuova tattica punta, infatti, ad avere un carattere più nazionale e meno minaccioso nei confronti del mondo occidentale in maniera da esporre maggiormente il fratello-nemico Daesh ad attacchi congiunti da parte di statunitensi e russi.
La Siria, come titola il giornale libanese, sembra ormai diventata il fulcro del pensiero salafita globale che continua a infiammare ed alimentare lo jihadismo internazionale (Daesh e Al Qaeda) e a devastare un paese in conflitto da oltre cinque anni.
Stefano Mauro
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