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Curdi: il regime turco sempre più feroce

Neanche l’ultimo brutale episodio ha scatenato la condanna, o quantomeno la curiosità, dei media mainstream sulla repressione turca in corso contro i curdi. Eppure il materiale per suscitare l’attenzione quantomeno voyeuristica di certi giornali c’era.
Nei giorni scorsi le forze speciali dell’esercito e della Polizia di Ankara hanno circondate e assaltato alcuni quartieri della città curda di Sirnak, coadiuvati da dozzine di mezzi blindati e dai mortai, che non hanno esitato, come già in varie occasioni precedenti, a sparare sulle case e sui passanti. Numerose le vittime. Tra queste anche il militante curdo Haci Lokman Birlik, cognato della deputata dell’Hdp Leyla Birlik. Il 24enne è stato ucciso da alcuni membri della polizia che poi lo hanno legato ad una camionetta blindata con uno spago e lo hanno trascinato per le strade della città con l’evidente intento di terrorizzare gli abitanti, mostrando il volto più feroce di un regime sempre più aggressivo. Una dottoressa, Menal Gecer, che aveva cercato di occuparsi del corpo del giovane una volta portato all’ospedale di Sirnak, è stata addirittura arrestata.
L’immagine dell’atroce gesto ha fatto il giro del mondo sui siti legati al movimento di liberazione curdo e su alcuni media indipendenti, oltre che sui social network, ma trovarne traccia sui media a grande diffusione è impresa difficile. 
“Non è possibile approvare immagini di un membro di un’organizzazione terroristica che è stato neutralizzato mentre attaccava la polizia con un lancia razzi a Sirnak. Sono state date le dovute istruzioni legali e amministrative a proposito di questo incidente” si è limitato a scrivere il premier Ahmet Davutoglu sul suo account Facebook in quella che alcune agenzie di stampa ritengono una condanna della brutalità delle forze di sicurezza. Per non essere frainteso il leader del partito islamista turco ha aggiunto: “Questo comportamento, estremamente sbagliato, non può essere accettato, prima di tutto dalle nostre forze di sicurezza che ogni giorno combattono contro il terrorismo secondo le regole dello stato, della giustizia rischiando le proprie vite e dimostrando estrema cura per non aver mai ferito un civile mentre lo facevano e che compiono il proprio dovere giorno e notte per la sicurezza degli abitanti della regione”, ha aggiunto Davutoglu dopo aver provato a negare l’evidenza dei fatti affermando che l’immagine era il risultato di un fotomontaggio diffuso dai ‘terroristi’.

Ieri il ministero degli Interni turco aveva annunciato di aver lanciato un’indagine – possiamo immaginare quanto efficace – a proposito di un caso di “possibili violazioni” dei diritti umani dopo che l’immagine era stata postata su Twitter da Selahattin Demirtas, il copresidente del Partito Democratico dei popoli (Hdp). Nessun commento sul video diffuso alcune ore dopo l’episodio dall’Hdp, nel quale è possibile ascoltare la voce di un ufficiale che all’indirizzo del corpo ormai senza vita urla: “Fanculo tua madre e tua moglie, figlio di una cagna”.
Nel frattempo l’aviazione turca ha di nuovo martellato, nella notte tra sabato e domenica, le postazioni del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) nell’est della Turchia e nel nord dell’Iraq. I caccia turchi F-16, affermano i comandi militari di Ankara, avrebbero bombardato diciassette posizioni della guerriglia curda distruggendo alcune basi e infliggendo gravi perdite alla ribellione.
Le autorità turche hanno anche imposto il coprifuoco nella principale città del Sud-Est del Paese, Silvan, dopo che nei giorni scorsi due militari erano stati uccisi dalla guerriglia. Per tentare di bloccare l’assalto centinaia di membri della resistenza hanno scavato trincee ed eretto barricate e ne sono seguiti duri scontri con gli occupanti. Ankara ha annunciato che 17 appartenenti al Partito dei Lavoratori del Kurdistan sono stati uccisi nella zona dopo l’imposizione della legge marziale nella regione. Sotto assedio è finita anche la città di Mardin, dove il governatore ha dichiarato il coprifuoco ordinando che ogni accesso sia bloccato da soldati e mezzi militari.

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