Migliaia di agenti di polizia e della guardia di frontiera israeliana sono affluiti a Gerusalemme per la “Giornata della collera” proclamata per oggi, venerdì di preghiera per i musulmani, dal movimento islamico Hamas e da altre organizzazioni palestinesi per protestare contro Israele, le violazioni della Spianata di Al Aqsa e l’occupazione militare, nel nome dell’Intifada di Gerusalemme (chiamata Intifada dei coltelli dagli israeliani) divampata all’inizio di ottobre. A riferirlo è l’agenzia Nena News.
La Città Vecchia di Gerusalemme è blindata e presidiata da centinaia di uomini dei reparti antisommossa della polizia. Ai palestinesi musulmani con meno di 40 anni è vietato andare a pregare sulla Spianata delle Moschee. Restano operativi tutti i blocchi stradali messi in atto negli ultimi due giorni dalle forze di sicurezza intorno ai quartieri e sobborghi di Gerusalemme Est, la zona palestinese della città sotto occupazione israeliana dal 1967. Misure che, assieme alla demolizione delle case e alla confisca delle proprietà alle famiglie dei responsabili di accoltellamenti e attentati, sono descritte da alcuni centri per i diritti umani come “punizioni collettive” contro l’intera popolazione palestinese.Negli scontri, accoltellamenti e violenze sono stati uccisi nei giorni scorsi sette israeliani e oltre 30 palestinesi.
Dalla Palestina arriva intanto un appello per un’ondata internazionale di azione in solidarietà con la lotta palestinese, con un invito “ad agire e intensificare le campagne per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS)” per mandare “un messaggio chiaro e forte ai Palestinesi che non sono soli”. Dal 16 al 18 ottobre sono state organizzate proteste in tutto il mondo, in particolare per chiedere l’embargo militare e altre sanzioni ad Israele. Manifestazioni sono previste in questi giorni a Roma, Cagliari, Milano, Napoli, Parma, Torino, Trieste, Varese.
Qui di seguito il comunicato del Comitato nazionale palestinese per il BDS
Qualora continui da parte di Israele l’attuale fase di intensificata repressione e la resistenza popolare palestinese si evolva in una intifada a pieno titolo o no, una cosa è già evidente, una nuova generazione di palestinesi sta marciando sulle orme di generazioni precedenti e si mobilita in massa contro il brutale regime israeliano di occupazione, contro il colonialismo e contro il decennale sistema di apartheid.
I governi del mondo, soprattutto in Occidente, definiscono “ciclo di violenze” il conflitto, dove entrambe le parti sono colpevoli, e ignorano così la causa principale consistente in un conflitto coloniale, complici nel permettere a Israele di mantenerlo e di violare impunemente il diritto internazionale. Quasi tutti i palestinesi oggi chiedono un boicottaggio completo di Israele e il suo isolamento a livello internazionale, in tutti i campi, come è successo per il Sud Africa dell’Apartheid.
In questa ultima fase, Israele ha soffiato sul fuoco della resistenza popolare palestinese intensificando i suoi attacchi contro il complesso della moschea al-Aqsa, il Nobile Santuario, situato nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme occupata da Israele. Gruppi di fanatici coloni ebrei fondamentalisti appoggiati dal governo hanno costantemente profanato il complesso, spesso insultando verbalmente e in modo vile e razzista chi andava a pregare chiedendo apertamente la distruzione della moschea. Ciò ha scatenato la rabbia e diffuse proteste a Gerusalemme tra i palestinesi e ovunque nella Palestina storica.
In genere, la risposta dell’esercito israeliano è stata quella di proteggere i coloni criminali e di punire le vittime palestinesi, e di impedire l’accesso al proprio luogo sacro a quasi tutti i palestinesi.
Queste minacce sono prese sul serio dai palestinesi che soffrono quotidianamente le conseguenze della politica ufficiale di Israele di “giudaizzazione” della città, una politica di graduale colonizzazione della terra e di sostituzione della popolazione indigena palestinese cristiana e musulmana con coloni ebrei illegali. Questa politica, che determina la pulizia etnica costituendo un crimine di guerra secondo il diritto internazionale, si attua attraverso incessanti confische di terre, l’espansione del muro coloniale, le demolizioni di case, la presa di case palestinesi da parte di coloni, le esecuzioni extragiudiziali, gli arresti e le espulsioni, il tutto sostenuto dal sistema israeliano di “giustizia”, un complice sempre affidabile che avalla i crimini.
Del resto, non è un caso isolato l’ultimo attacco israeliano contro la moschea di al-Aqsa a Gerusalemme Est occupata. Sin dal 1948 centinaia di chiese storiche e moschee sono state distrutte dalle milizie sioniste e, successivamente, dallo Stato di Israele. L’estate scorsa, durante il massacro a Gaza, Israele ha raso al suolo con le bombe 73 moschee. Molte chiese e moschee palestinesi sono state vandalizzate o altrimenti dissacrate solo quest’anno da estremisti ebrei nei cosiddetti attacchi firmati “prezzo da pagare”, tra cui la Chiesa della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci, che si affaccia sul lago di Tiberiade, la quale è stata incendiata lo scorso giugno.
Questi attacchi razzisti e criminali contro i palestinesi e la loro libertà di religione sono una manifestazione del massiccio spostamento in Israele verso l’estrema destra e la prevalenza senza precedenti nella società israeliana di un palese razzismo colonialista profondamente radicato contro i nativi palestinesi.
L’accesso a Gerusalemme assediata da mura, torri di guardia e filo spinato viene negato a quasi tutti i palestinesi della Cisgiordania e di Gaza, che sono soggetti quotidianamente ad aggressioni e umiliazioni.
Durante un tipico cosiddetto “periodo di calma”, Israele rafforza il suo assedio medievale su Gaza, effettua incursioni nelle città palestinesi, confisca terre palestinesi, anche nel Naqab (Negev), distrugge proprietà palestinesi e costruisce colonie illegali riservate ai soli ebrei. Nei continui tentativi di consolidare il suo sistema di apartheid e di dominio coloniale, Israele nega ai palestinesi l’insieme dei loro diritti nel più banale dei modi, dal diritto di un bambino all’istruzione all’accesso di una madre alle cure sanitarie, dalla capacità di un agricoltore o una agricoltrice di raggiungere la propria terra addirittura al diritto di una famiglia di vivere insieme sotto un singolo tetto. E tutto ciò viene fatto con la benedizione dei tribunali.
Grazie all’apatia o alla complicità diretta dei governi del mondo e delle Nazioni Unite, e di conseguenza all’impunità di Israele nel perpetuare questo sistema di ingiustizia contro tutti i palestinesi nella Palestina storica così come quelli in esilio, il movimento per il Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni (BDS) ha fatto passi da gigante nel ridefinire lo status di Israele sulla scena mondiale come quello di uno Stato paria.
Il movimento BDS ha aumentato l’isolamento di Israele e ha iniziato a imporre costi al suo regime di colonialismo di insediamento, di apartheid e di occupazione mediante il boicottaggio di istituzioni che sono complici nelle violazioni israeliane del diritto internazionale, mediante il disinvestimento di aziende che sostengono l’oppressione israeliana e mediante un appello per le sanzioni contro Israele.
La Banca Mondiale ha rivelato che le importazioni palestinesi da Israele sono in calo in modo significativo. Uomini d’affari israeliani stanno segnalando che gli investitori europei non sono più disposti a investire in Israele, mentre uno studio delle Nazioni Unite conferma che gli investimenti esteri diretti in Israele sono scesi del 46% nel 2014 rispetto al 2013. Uno studio della Rand prevede che il BDS possa costare a Israele tra l’1% e il 2% del suo PIL ogni anno per i prossimi dieci anni, e, più recentemente, l’agenzia di rating Moody ha riferito che il BDS è una potenziale minaccia per l’economia israeliana.
Tuttavia, molto ancora deve essere fatto per rendere Israele responsabile e per abbattere la sua ancora forte impunità. I governi complici devono essere denunciati. Le aziende che permettono e che traggono profitti dalle violazioni dei diritti umani di Israele devono pagare un prezzo in termini della loro reputazione e dei ricavi. La macchina militare di Israele, compreso il suo segmento di ricerca, deve subire un embargo militare internazionale globale, e tutti i leader, ufficiali e soldati israeliani, coinvolti in incarichi di responsabilità riguardo ai crimini attuali e passati, devono essere perseguiti presso la Corte penale internazionale, così come nei tribunali nazionali che rispettano la giurisdizione internazionale.
Israele non solo opprime i palestinesi; sta anche esportando nel mondo il suo spietato modello di sicurezza e di repressione. Israele è profondamente coinvolto nell’addestramento e nell’armamento degli squadroni della morte in America Latina, spesso come il delegato degli Stati Uniti, è coinvolto nella vendita di armi e di consulenze militari alle dittature in Asia e in Africa, spesso ad entrambi le parti implicate in una guerra civile, nella militarizzazione delle forze di polizia a Ferguson, a Los Angeles , a Londra e nelle città di tutto il mondo. Israele oggi è un protagonista chiave nella repressione interna contro i movimenti di tutto il mondo che lottano contro le discriminazioni razziali, per la giustizia sociale ed economica e per la difesa dell’ambiente.
Il Comitato Nazionale Palestinese per il BDS (BNC), la leadership palestinese del movimento globale del BDS, invita le persone di coscienza di tutto il mondo a sostenere i palestinesi nella loro lotta per la libertà in questo momento cruciale attraverso l’intensificazione delle attività BDS contro il regime israeliano di oppressione. In particolare, e riguardo alla rivolta di massa in corso per le strade della Palestina, invitiamo i sostenitori della lotta palestinese a:
Sensibilizzare il pubblico sui diritti dei palestinesi con riferimento al diritto internazionale e al sostegno al BDS attraverso i social media e la stampa;
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Esercitare pressione sui parlamenti per imporre un embargo militare contro Israele;
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Organizzare campagne contro le imprese militari israeliane come la Elbit Systems;
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Sostenere le campagne di boicottaggio e di disinvestimento contro le aziende complici, come la G4S e l’HP, che sono tra quelle più palesemente complici dell’infrastrutture di oppressione di Israele;
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Far approvare risoluzioni BDS efficaci e strategiche, non solo simboliche, da parte di sindacati, associazioni accademiche, governi studenteschi e movimenti sociali che possono condurre a risultati concreti ed aumentare il boicottaggio culturale di Israele;
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Prendere in considerazione azioni legali contro criminali israeliani (soldati, coloni, ufficiali e decisori) e contro i dirigenti delle società che sono implicate nei crimini e nelle violazioni del diritto internazionale di Israele.
Come la generazione dei loro genitori, le migliaia di giovani palestinesi a Gerusalemme, Gaza, Ramallah, Hebron, Betlemme, Giaffa, Nazareth e altrove che sono scesi in strada con grandi proteste contro l’occupazione e l’apartheid israeliana, stanno, in primo luogo, scrollandosi di dosso la disperazione e stanno liberando le loro menti dal mito di un destino di oppressione. Stanno inoltre alimentando l’aspirazione di tutto il popolo palestinese all’autodeterminazione a vivere in libertà, in dignità ottenendo una pace giusta.
È giunto il momento di isolare il regime israeliano di militarizzazione, di repressione e di razzismo come un pericolo non solo per i palestinesi e la regione araba, ma per l’umanità nel suo insieme.
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