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Volkswagen nel delirio. Gli azionisti fanno causa all’azienda

Il dado sembra tratto: Volkswagen deve morire.

Riferisce oggi il giornale inglese Sunday Telegraph che alcuni dei principali azionisti del gruppo Volkswagen-Porsche stanno organizzando una causa di risarcimento danni contro l’azienda di Wolfsburg. La notizia presenta due aspetti molto diversi , a seconda che si prenda in considerazione solo il fatto di cronaca oppure anche le relazioni globali, nello specifico del settore auto ma forse non solo.

Partiamo dai fatti. L’avvocato Quin Emanuel, uno specialista in class action da miliardi di dollari, ha dichiarato di essere stato ingaggiato dal gruppo Bentham (un fondo che finanzia i costi legali di cause che si preanunciano di lunga durata ma di grande profitto, in cambio ovviamente di una sostanziosa percentuale dei risarcimenti) per avviare una causa promossa dagli azionisti Volkswagen “non di riferimento” (la famiglia Porsche controlla il 52%, il land della Bassa Sassonia un altro 20%) che hanno perso fin qui 25 miliardi di euro per il crollo del titolo in borsa.

Se vi si aggiungono i costi delle sanzioni in arrivo da parte di numerosi stati (Vw è responsabile di vera e propria truffa commerciale che danneggia sia gli acquirenti di 11 milioni di auto, ma anche tutte le popolazioni dei territori in cui quelle auto circolano da anni), oltre a quelli relativo al richiamo di tutte quelle auto (per 2,8 milioni si tratterà di interventi meccanici, non solo di aggiornamento del software), e senza ancora calcolare il drastico calo delle vendite per i prossimi anni, per quello che era fino a qualche giorno fa il secondo gruppo automobilistico del mondo dietro Toyota si profila un futuro più che nero.

Tra gli azionisti che pretendono vendetaa – e i soldi restituiti – ci sono i fondi sovrani di Qatar e Norvegia, tanto per dire i principali. Fondi nutriti dalla rendita petrolifera e che non apprezzano particolarmente le perdite. Ma molti altri, meno potenti, stanno mettendosi in fila per avere soddisfazione.

La cosa interessante, oltre il fatto puro e semplice, è la logica dell’azione. Dei fondi finanziari multinazionali si mettono alla testa di una class action contro la società di cui sono azionisti. Supponiamo che abbiano già provveduto a liquidare le prorie posizioni, vendendo i titoli in loro possesso, perché una decisione del genere non potrà che far crollare ancora il titolo Vw, danneggiando così tutti coloro hanno in portafoglio azioni Vw.

La cosa da precisare è che la causa viene promossa contro l’azienda, non contro i manager che hanno escogitato e/o autorizzato la truffa. Per quanto ricchi, infatti, questi ultimi non hanno risorse all’atezza delle richieste di risarcimento (miliardi di dollari). Mentre Vw sì.

Ma proprio questa zione aggrava l’esposizione finanziaria di Vw, aumentando le probabilità che possa – se non addirittura fallire – esser ridimensionata in misura sostanziale. Di certo, sul mercato automobilistico non si strapperanno i capelli gli altri produttori, visto che nel settore – come ricordava tempo fa Sergio Marchionne – c’è una capacità produttiva pari a oltre 100 milioni di auto l’anno, ma un mercato solvibile per appena 60 milioni. E, quando c’è sovrapproduzione, che qualcuno sparisca è un bene per tutti gli altri…

Naturalmente Vw non aspetta di essere finita dagli sciacalli e prepara le difese. A pagare il conto, per primi, saranno ovviamente i lavoratori. A cominciare da quelli con contratto a tempo determinato, i precari legalizzati dalle quattro riforme Hartz (che era non a caso un dirigente della Volkswagen improvvisatosi legislatore nel governo Schroeder, dopo le dimissioni di Oskar Lafontaine). Ne farà fuori immediatamente 6.000, perché “se l’attività diminuisce temporaneamente, ridurre le ore lavorative potrebbe essere un’opzione ragionevole”.

Uno choc per il sindacato dei metallurgici (che pure ha un rappresentante nel cda del gruppo!) e per tutta la Germania. AL punto che Angela Merkel, insieme al vice-premier e leader socialdemocratico Sigmar Gabriel, starebbe premendo perché a questi primi 6.000 “esuberi” sia almeno garantito l’accesso al Kurzabeit (una sorta di cassa integrazione, quando bisogna ridurre l’orario di lavoro).

Il problema è che il Kurzabeit non è previsto per i lavoratori precari (vi sembra di aver già sentito questa storia, vero?), quindi bisognerebbe far ricorso a deroghe o iniziative legislative apposite.

Alla fine, ne siamo certi, il governo tedesco dovrà varare misure molto contorte per avviare una “aiuto di stato” mascherato a un gruppo multinazionale che è anche un pilastro sua dello stato che dell’Unione Europea. Aiuti di stato. Proprio quello che è assolutamente vietato dai trattati. La frana si è mossa, e non sarà solo Vw a pagare il conto…

 

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