Come annunciato nei giorni scorsi, ieri il parlamento di Atene ha approvato praticamente all’unanimità una risoluzione nella quale riconosce lo ‘Stato di Palestina’, alla presenza del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che durante la sua visita ha incontrato anche il presidente della Repubblica Prokopis Pavlopoulos prima di tenere un discorso ai deputati ellenici.
La risoluzione adottata afferma che la Grecia “promuoverà appropriate procedure per il riconoscimento di uno stato palestinese e per compiere ogni sforzo diplomatico per riprendere le trattative di pace nella regione”. Dopo aver incontrato il leader dell’Anp il premier ellenico Alexis Tsipras ha annunciato che nei documenti ufficiali il suo governo sostituirà la dicitura “Autorità Palestinese” finora utilizzata con il termine “Palestina”. Una mossa poco più che simbolica, per quanto importante, già adottata da altri parlamenti europei negli ultimi mesi e che ha spesso scatenato dure reazioni da parte di Israele. Anche se la risoluzione votata ieri non è vincolante il voto del parlamento di Atene ha comunque scatenato le ire del governo israeliano.
“I palestinesi e Abbas continuano a scegliere il riconoscimento unilaterale che non ha alcun significato pratico (…) Invece di smettere di finanziare e istigare il terrorismo Abbas sta agendo in un modo indiretto che non lo porterà da nessuna parte” ha tuonato la vice ministra degli esteri sionista Tzipi Hotovely.
In realtà Israele ha ben poco da recriminare nei confronti del governo ellenico formato da Syriza e Anel. Non è un caso infatti che le dure dichiarazioni dell’esponente del governo sionista prendano di mira esclusivamente l’Anp e non citino neanche il premier Tsipras. Di fatto negli ultimi mesi quello di Atene è diventato il partner più solido di Israele in tutta l’Unione Europea, scatenando le ire dei settori antimperialisti di Syriza – che poi hanno abbandonato la formazione dopo la capitolazione di luglio nei confronti della Troika – e continuando a sconcertare una vasta rete di organizzazioni della solidarietà con la causa palestinese e antimilitariste che pure continuano a fare riferimento alla ex sinistra radicale.
Già la scorsa estate il primo governo Tsipras aveva lasciato tutti di stucco firmando un consistente patto militare con Israele che rende la Grecia uno dei più stretti collaboratori di Tel Aviv al mondo. Il patto – secondo per importanza soltanto a quello siglato a suo tempo sta Stati Uniti e Israele – permette al “personale militare di ognuno dei due paesi di recarsi e risiedere nell’altro per partecipare ad esercitazioni e attività di cooperazione” e garantisce la completa immunità legale ai soldati di Tsahal sul proprio territorio.
In seguito ad ulteriori accordi, da luglio Atene ha garantito alle forze armate israeliane e all’intelligence di Tel Aviv l’utilizzo delle basi militari greche e addirittura degli aeroporti civili ellenici, gli stessi che il governo Tsipras sta svendendo ad una compagnia tedesca in obbedienza ai diktat della Troika…
I contatti tra Atene e Tel Aviv sono continuati, con l’obiettivo – dichiarato – di dar vita ad un progetto comune per la creazione di un forte sistema di difesa-offesa militare nell’Egeo e in Asia Minore. Durante l’estate scorsa alcuni elicotteristi israeliani si sono esercitati al combattimento (in previsione evidentemente di nuove aggressioni militari contro i palestinesi, i libanesi e i siriani) nei pressi del Monte Olimpo per ben 11 giorni. «Abbiamo sorvolato zone montuose che in Israele non esistono e abbiamo sperimentato voli a lunga distanza partendo da basi aeree israeliane verso la Grecia» aveva all’epoca dichiarato il luogotenente colonnello Matan, comandante di una squadra di elicotteri Apache israeliani. «Comprendiamo la grande rilevanza di un’attività congiunta con lo Stato di Israele, che contribuisce alla sicurezza di entrambi i paesi. Nel corso degli ultimi giorni, abbiamo lavorato insieme in modo speciale. Il linguaggio comune, l’amicizia profonda e le cose che abbiamo imparato insieme hanno contribuito a migliorare la collaborazione tra le rispettive forze» gli aveva fatto eco il comandante della base aerea greca di Larissa. In seguito piloti greci di elicotteri e di caccia si sono addestrati in Israele, partecipando ad esempio all’esercitazione multinazionale Blue Flag, alla quale hanno preso parte anche piloti italiani.
All’alleanza militare si affianca sempre più anche quella in campo energetico con Israele e Cipro, allo scopo di costruire una rete infrastrutturale che permetta a Tel Aviv di esportare in Europa il gas estratto al largo dell’isola divisa tra greci e turchi.
Nei giorni scorsi il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha enfaticamente assicurato che “l’economia greca si riprenderà grazie agli enormi sforzi intrapresi” evidenziando la sua estrema soddisfazione per gli sviluppi della cooperazione con Atene in diversi settori.
Nonostante la sempre più stretta alleanza, varie fonti hanno recentemente denunciato che alcuni piloti israeliani si sono addestrati nello spazio aereo greco proprio ad aggirare il sistema antiaereo S-300 venduto qualche anno fa da Mosca a Cipro che poi l’ha ceduto alla Grecia. Grecia che forse sperava di appoggiarsi ad Israele contro la Turchia (storico nemico di Atene) visto che i due paesi avevano almeno formalmente raffreddato la propria storica alleanza dopo il massacro sulla Mavi Marmara al largo delle coste di Gaza. Ma proprio recentemente Israele e Turchia hanno espresso l’intenzione di recuperare la stretta collaborazione del passato. L’irresponsabile trasformismo di Syriza ed Anel rischia di mettere la Grecia in una vera e propria tenaglia, rendendo Atene ostaggio dell’espansione ad est della Nato e della sempre più smaccata proiezione internazionale della Turchia e di Israele.
L’impressione che il riconoscimento dello ‘Stato di Palestina’ da parte del parlamento ellenico costituisca uno specchietto per le allodole non ci sembra, in questo contesto, affatto peregrina…
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