Dopo settimane di intensi combattimenti e di bombardamenti dal cielo dei caccia della coalizione a guida statunitense, la città di Ramadi è tornata in mano all’esercito iracheno dopo che a maggio era stata occupata dalle milizie del Califfato anche grazie allo sbandamento delle truppe di Baghdad. Che ieri hanno annunciato di aver sconfitto la resistenza dei miliziani dell’Isis dopo aver preso possesso dell’edificio che un tempo era sede del governo provinciale nella città occidentale irachena.
«Tutti i combattenti di Daesh sono andati via. Non c’è più resistenza», ha detto Sabah al-Numan, un portavoce dell’unità speciale antiterrorismo dell’esercito iracheno, aggiungendo che l’intero perimetro del compound deve però essere bonificato dalle numerose mine e dalle trappole esplosive disseminate dai jihadisti in ritirata prima che le truppe possano entrarvi per rioccuparlo. Lo stesso dicasi per alcuni importanti quartieri della città.
Si tratta comunque, allo stato, della più importante vittoria contro Daesh degli ultimi mesi che sottrae all’organizzazione jihadista il controllo su una città strategica e allontana i combattimenti dalla capitale Baghdad, distante un centinaio di chilometri. Un successo decisivo per la riconquista della provincia di Anbar, la più estesa dell’Iraq, confinante con Siria, Giordania e Arabia Saudita.
Nonostante i discorsi trionfalistici del Califfo Al Baghdadi, negli ultimi mesi il territorio occupato da Daesh è diminuito di circa il 15% rispetto all’estensione massima raggiunta circa un anno fa.
Ma come in altre occasioni, anche a Ramadi i jihadisti hanno deciso di ritirare i propri combattenti dopo aver compreso di non essere in grado di difendere l’importante centro sunnita. Le perdite subite da Daesh quindi non sono state particolarmente alte – anche se mancano dati ufficiali sui decessi da entrambe le parti – e i miliziani scappati da Ramadi vanno quindi a ingrossare le difese di altre roccaforti del Califfato in Iraq e in Siria, principalmente Mosul e Raqqa, contro i quali ora si stanno concentrando gli attacchi delle milizie curde, dell’esercito iracheno, di quello siriano, delle coalizioni a guida statunitense e russa, delle milizie sciite libanesi e iraniane.
Per quanto riguarda la Siria anche qui gli scontri tra forze lealiste e jihadisti sembrano per il momento volgere a favore delle prime.
Nelle ultime ore, anche qui dopo settimane di aspri combattimenti, le Forze Democratiche Siriane – coalizione militare formata dai curdi delle Ypg e da milizie arabe e assire – ha strappato a Daesh la strategica diga di Tishreen, nel nord del Paese. La diga sull’Eufrate, strategica perchè rifornisce di energia elettrica vasti territori nella provincia di Aleppo, era stata conquistata dai jihadisti nel 2014, dopo aver cacciato i fondamentalisti concorrenti di Ahrar al Sham. Secondo il portavoce delle Forze Democratiche, il colonnello Talal Sello, “gli scontri proseguono nella zona in cui si trovano gli alloggi dei dipendenti, intorno alla diga”.
Intanto oltre 450 miliziani di diverse organizzazioni jihadiste e loro familiari, tra i quali alcuni feriti, hanno iniziato a essere sgomberati verso tre località siriane in virtù dell’accordo tra governo di Damasco e ribelli. In base all’accordo oltre 120 combattenti di sigle fondamentaliste devono lasciare Zabadani, ultima roccaforte ribelle alla frontiera siro-libanese, per recarsi – attraverso il Libano e poi la Turchia – nelle altre zone sotto il controllo dei ribelli in Siria. Parallelamente, 335 civili e combattenti delle località di Foua e Kafraya, gli unici villaggi sciiti della provincia di Idlib (nord-ovest) sotto il controllo del governo, torneranno nelle zone di origine, attraversando i due Paesi vicini.
Ma se Daesh è in netta difficoltà al fronte, i jihadisti continuano a utilizzare il terrorismo indiscriminato per perseguire i propri obiettivi. Almeno 14 persone sono rimaste uccise in due attentati a Homs – città tornata recentemente riconquistata dalle forze lealist – che hanno causato anche 17 feriti. Una vettura imbottita di esplosivo è scoppiata e subito dopo un uomo si è fatto saltare in aria nel quartiere di Zahra, fgià nel mirino lo scorso 12 dicembre di un sanguinoso attentato con 16 morti, rivendicato anche in quel caso dall’Isis.
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