Dopo molte ore e molte votazioni, il Consiglio Politico della Cup – la coalizione della sinistra anticapitalista e indipendentista catalana – ha deciso di rigettare la proposta di investitura dell’ex governatore Artur Mas. Il ‘no’, se tutto il gruppo parlamentare della formazione forte di dieci eletti manterrà fede alla posizione espressa dagli organi dirigenti della Cup, porterà allo scioglimento del Parlament il prossimo 10 di gennaio e all’indizione di nuove elezioni per il rinnovo di una assemblea regionale catalana che a settembre aveva visto prevalere i due schieramenti indipendentisti, quello radicale – le Candidature di Unità Popolare, appunto – e quello moderato formato dai liberalnazionalisti di Convergenza Democratica e dai socialdemocratici indipendentisti di Esquerra Republicana, uniti nella lista Junts pel Si. Lo schieramento di centro-sinistra indipendentista ha da subito puntato i piedi sulla rielezione del President uscente, scelta che la Cup si era detta fin dalla campagna elettorale indisponibile ad adottare viste le responsabilità personali e politiche di Artur Mas nelle pesanti misure di austerità e nei provvedimenti autoritari varati dal governo regionale nella precedente amministrazione. Nonostante la disponibilità da parte della sinistra anticapitalista catalana – cresciuta da 3 a 10 seggi nel Parlament – a sostenere un governo indipendentista guidato da un esponente dello schieramento moderato meno compromesso con le privatizzazioni, i tagli sociali e la corruzione, Junts pel Si ha insistito sul nome di Mas, evidentemente timoroso che la non riconferma possa portare al tramonto della sua stella o addirittura a una sua uscita di scena per via giudiziaria, viste le numerose inchieste aperte dalla magistratura nei suoi confronti e nei confronti di alcuni suoi stretti collaboratori.
Per sostenere la rielezione di Mas, nonostante il pessimo risultato di Convergenza Democratica alle recenti elezioni legislative spagnole, non si sono mobilitati solo i media locali e i partiti della coalizione Junts pel Si, ma anche alcuni settori dell’associazionismo trasversale indipendentista che negli ultimi anni ha coordinato enormi mobilitazioni popolari favorevoli al distacco di Barcellona da Madrid.
La Cup è stata accusata di arrecare danno alla causa indipendentista e di condurre a elezioni che potrebbero portare ad un calo del sostegno ai due schieramenti che si battono per la proclamazione di una Repubblica Catalana (tendenza indicata dai sondaggi più recenti).
Pochi giorni fa le pressioni, i ricatti e l’eccezionalità del contesto politico hanno convinto metà dei militanti e degli attivisti della Cup, riuniti in un palazzetto dello sport di Sabadell in una storica assemblea durata dodici ore, a dire ‘sì’ al sostegno ad Artur Mas pur di non perdere l’occasione di eleggere un governo indipendentista. Ma la votazione è finita in quell’occasione 1515 contro 1515 (!), rimandando così la decisione definitiva alla riunione degli organi dirigenti della Cup e dei rappresentanti della Crida Constituent (le altre organizzazioni della sinistra antagonista locale presentatisi alle elezioni a settembre insieme agli indipendentisti) che si è tenuta oggi e che dopo un intenso dibattito e varie votazioni ha sancito il definitivo rifiuto. Alla riunione hanno partecipato anche i dieci parlamentari regionali e i quindici membri della segreteria nazionale del movimento che però non hanno diritto di voto in seno agli organi dirigenti dell’organizzazione ma solo diritto di parola. A prevalere, seppure di misura, è stata la linea espressa da alcune delle organizzazioni aderenti alla coalizione – in particolare il partito Endavant ed altri collettivi – che considerano la rottura nazionale un aspetto inscindibile della rottura dei rapporti sociali esistenti, e che concepiscono la lotta per l’indipendenza come un’occasione per imporre cambiamenti radicali anche di ordine economico e di relazioni internazionali (l’indipendenza come strumento, e non come fine). Nonostante la disponibilità di alcune assemblee locali a sostenere Mas espressa nel corso delle riunioni convocate a livello territoriale per dare la possibilità ai militanti di discutere ed esprimersi, quella di Barcellona – la più consistente – ha invece opposto un netto ‘no’ (80% contro un 20% di si) al tradimento della strategia della coalizione indipendentista.
Come detto lo scenario più probabile, ora, è lo scioglimento del Parlament e la convocazione di nuove elezioni entro marzo, mentre anche a Madrid le forze politiche statali faticano a trovare un accordo per la formazione del nuovo governo dello Stato Spagnolo. A meno che Junts pel Si di fronte al rifiuto da parte della Cup di sostenere Mas non decida di fare una controproposta agli indipendentisti di sinistra, mossa che però finora ha rifiutato di compiere forse sperando che pressioni e ricatti portassero la Cup a negare quanto promesso in campagna elettorale.
Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni, a partire dal comportamento dei parlamentari della coalizione indipendentista e anticapitalista (in teoria ne basterebbero solo due per permettere l’investitura di Artur Mas). Però ci sembra il caso di sottolineare la grande lezione di coerenza che la Cup sta dando in queste ore a molte forze della sinistra radicale europea che in varie occasioni hanno gettato alle ortiche principi, valori e obiettivi strategici in nome di una tattica quotidiana che spesso ha preso il sopravvento, portando esperienze politiche importanti a trasformarsi in stampelle di governi e di sistemi che le hanno infine risucchiate, annichilite e mutate geneticamente.
Che la Cup in conseguenza del suo gesto possa perdere una parte dei suoi consensi e quindi vedersi ridurre la rappresentanza istituzionale alle prossime elezioni catalane può essere considerato da questo punto di vista un “danno collaterale” più che accettabile se permetterà alla coalizione di rafforzare nel frattempo il suo radicamento sociale e la sua credibilità grazie ad una coerenza e ad una disciplina confermate per via democratica.
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