Il Regno Unito di queste vacanze natalizie fa ricordare il “Canto di Natale”, il famoso romanzo di Dickens. La storia ci descrive una Londra vittoriana brulicante masse di poveri miserabili e affamati che nell’epoca pre-Beveridge per sopravvivere dipendevano interamente dalla chiesa e dalla misericordia di buoni capitalisti e filantropi: un mondo a cui sembra il Regno Unito stia tornando.
Nelle scorse settimane è stato riportato dalla BBC che in alcune scuole inglesi e scozzesi le mense scolastiche sono rimaste aperte durante le feste natalizie grazie a un’iniziativa di insegnanti e genitori che hanno raccolto cibo donato dai supermercati, e in altri casi grazie a fondi comunali. Sta crescendo infatti in diverse parti del paese una campagna per supportare le famiglie che dipendono per garantire l’alimentazione dei propri figli dai pasti gratuiti forniti dalle mense scolastiche, e che di conseguenza durante le festività si trovano in difficoltà. Il problema ha assunto dimensioni tali per cui gli stessi insegnanti avevano segnalato che i bambini faticano a riprendere gli studi dopo le festività, probabilmente per la scarsa alimentazione ricevuta a casa. Hanno così dato vita a quest’iniziativa di solidarietà in quanto incapaci di svolgere il loro lavoro trovandosi di fronte bambini in uno stato di salute non adeguato all’apprendimento.
Nello stesso periodo il Guardian ha riportato dell’apertura di una “banca del cibo” a Liverpool rivolta ai giovani e ai bambini. Questa banca di cibo e’ aperta a tutti coloro che ne hanno bisogno, e non solo a chi possiede i voucher rilasciati, con molta parsimonia, dai servizi sociali, come viene invece richiesto nelle “normali” banche del cibo (voucher introdotti per evitare lo “sperpero” e l'”abuso” di questo benefit da parte dei cittadini).
Il fenomeno della dipendenza per migliaia di famiglie dalle banche del cibo è una conseguenza coerente dei cambiamenti e tagli al welfare e ai servizi sociali. Sono sempre esistiti i cosiddetti “soup kitchens”, servizi offerti da organizzazioni caritatevoli, ma si assiste oggi a un salto di qualità: l’uso da parte dello Stato di tali servizi come sostitutivi rispetto a ciò che viene via via tagliato. Questo sistema funziona e si alimenta tramite l’esternalizzazione e il finanziamento ai privati per l’erogazione del servizio e il rilascio, controllato dai servizi sociali, di voucher ai bisognosi per effetuarne l’accesso. In questo modo lo Stato si libera di una responsabilità, risparmiando soldi e sopratutto controllando capillarmente i beneficiari. Il ragionamento con cui viene giustificato questo procedimento presso l’opinione pubblica, idea diffusa a piene mani dai media, sarebbe che i beneficiari di aiuti da parte dello stato sociale sono stati corrotti da questa dipendenza, e non sarebbero quindi persone in grado di gestire nè i propri averi nè gli aiuti ricevuti.
Questo tipo di affermazioni servono come leitmotiv della ideologia che sostiene l’austerity in un paese che ha avuto uno dei sistemi di welfare più estesi al mondo benchè sia, insieme agli Stati Uniti, la culla del neoliberalismo. Uno Stato sociale da smantellare e vendere ai privati: si tenga presente che il mercato dei contratti per servizi pubblici nel Regno Unito è il secondo al mondo, più grande di quello USA, e più grande di tutto il settore nel resto d’Europa. E questo meccanismo ideologico passa anche attraverso la demonizzazione delle fasce popolari storicamente hanno dipeso dallo stato sociale (vedi ad esempio il documentario pubblicato da Channel 4 “Benefits Street”), rappresentati come esempi viventi della corruzione generata dagli aiuti, demonizzati come esseri immorali.
Tuttavia quest’ideologia avrà un pò di lavoro da fare per coprire ciò che sta accadendo, se perfino i media mainstream sono costretti ad ammettere che non si tratta più solo di tossicodipendenti, alcolizzati e vagabondi affamati ma di numerosi bambini affamati. I cambiamenti in atto nei benefit non riguardano soltanto la modalità dell’erogazione, ma piuttosto una riduzione drastica in quello che viene fornito, anche ai più vunerabili e alle famiglie. In questo senso diventerà complicato per i falchi dell’austerità convincere l’opinione pubblica dell’esistenza di una schiera di parassiti pigri che vivono a spese dello Stato, se alle interviste pubbliche per esempio un genitore scozzese commenta così: “Vivi solo per sopravivere, e non veramente per vivere una vita di valore. Devi soltanto resistere mentre passano i giorni e ogni volta ringraziare Dio che c’e’ un giorno di meno.”
Attualmente circa un bambino su quattro nel Regno Unito vive sotto la soglia della povertà relativa, e numerose ricerche hanno confermato che questa statistica rappresenta un’aumento significativo riscontrato dopo l’entrata in vigore del programma di “welfare reform”. Le cause della povertà secondo il Child Poverty Action Group sono genitori disoccupati, genitori sotto-occupati o malpagati (infatti c’e’ stato un aumento enorme di quello che viene chiamato “in work poverty”), l’aumento del costo della vita, e importanti diminuzioni o interruzioni dell’erogazione di benefit. Alla radice di tutti questi fattori c’è una decisione politica. Effetti come la fame sono un segno chiaro della devastazione che sta producendo l’austerity, e del annullamento di un secolo di conquiste di diritti che ci riporta a un mondo dickensiano.
Una consigliere del comune di Liverpool spiega i motivi per cui il comune ha deciso di dare il suo sopporto a questo progetto:
“La fame sta diventando un killer silenzioso. Questo può sembrare esagerato ma è così. I bambini di oggi morirano più presto e secondo me fra un pò di anni potremo dire osservando le persone “questo qui è un figlio dell’austerity”, perchè saranno persone che sono state private dei nutrienti necessari durante la crescita, l’impatto sullo svillupo fisico, sociale, e emozionale di queste persone sarà grave.”
In altre parole l’austerity affama e uccide.
Riferimenti:
http://www.makelunch.org.uk/
http://www.bbc.co.uk/news/
http://www.bbc.co.uk/news/
http://www.bbc.co.uk/news/uk-
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