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Si torna al lavoro e ci si muore

Subito dopo l’allentamento del lockdown in molti sono tornati al lavoro e subito si sono registrati numerosi incidenti, alcuni anche mortali. I fatti hanno avuto una significativa copertura mediatica, ma a dispetto della narrazione dominante, non si tratta di un qualcosa di inaspettato, bensì di numeri perfettamente prevedibili.

Gli incidenti sul lavoro sono un dramma nazionale a cui nessun Governo ha mai voluto metter mano seriamente. In verità, sulla quasi totalità del pianeta la situazione non è differente.

Come prima cosa bisogna notare che i morti sul lavoro ci sono stati anche durante il lockdown, sicuramente di meno, ma ci sono stati.

Dopodiché bisogna capire quanti siano i morti sul lavoro che ci sono “normalmente” in Italia, visto che il Paese sta più o meno tornando verso la normalità, è opportuno sapere quanti morti aspettarsi ogni giorno.

La narrazione tossica propagandata da istituzioni e media mainstream ci parla di quasi 2 morti al giorno (circa 700 l’anno). Ciò è assolutamente falso. Quello è eventualmente solo il conto tenuto dall’INAIL, nel quale non rientrano gli addetti all’agricoltura e i dipendenti statali. Se si aggiungono queste categorie, si arriva a 1.000-1500 persone l’anno.

Tuttavia anche anche quello delle suddette tre categorie sarebbe un conto parziale, per una serie di motivi. Il più evidente è che non comprende i morti sul lavoro non dichiarati, un qualcosa di terribile che coinvolge soprattutto gli immigrati.

Bisogna poi sapere che più o meno in tutto il mondo c’è il brutto vizio di sottostimare le statistiche sugli incidenti (mortali o non), ciò è fatto al fine di poter mostrare dei costanti seppur inesistenti progressi nella sicurezza sul lavoro.

Si tratta di un piccolo escamotage burocratico: ogni anno viene dichiarato un numero parziale di incidenti e lo si confronta con l’anno precedente che è relativo ad un numero “meno parziale” di incidenti. Ciò è possibile in quanto molti incidenti sul lavoro hanno bisogno di tempo per essere dimostrati come tali (a volte bisogna fare una causa).

Nelle statistiche dell’anno precedente non vengono inclusi gli incidenti ancora da dimostrare e pertanto si ha un valore sottostimato. Se si confronta quel valore sottostimato con quelli degli anni precedenti (cioè integrati con gli incidenti che nel frattempo sono stati dimostrati), si ha una differenza negativa, sulla base della quale poter sostenere che gli incidenti siano diminuiti.

Ciò è ovviamente falso, ma politicanti e manager di norma non si fanno scrupolo a ricorrere a questo sistema per millantare progressi. Chi dovrebbe vigilare sulla sicurezza (sia le istituzioni che i responsabili nelle varie aziende private) spesso non ha alcun interesse a ridurre realmente gli incidenti, gli basta ridurli artificiosamente con questo escamotage. Un trucchetto contabile che consente ai politicanti di fare speculazione politica e ai manager di accaparrarsi premi di obbiettivo e quant’altro.

I giornali spesso narrano dei morti e infortuni sul lavoro per suscitare l’emotività popolare. Talvolta lo fanno per distrarre le masse, in casi estremi, il racconto può perseguire fini commerciali come ad esempio colpire la concorrenza o cercare fondi statali.

Quale che sia il motivo, quando i giornali prestano attenzione al mondo del lavoro, (come sta avvenendo in questo momento), riferiscono di un numero più o meno veritiero: circa 4 morti al giorno, solo in Italia.

C’è una strage silenziosa. I lavoratori continuano a morire, a rimanere invalidi, ad ammalarsi e a ferirsi. Non si deve considerare la sicurezza come un orpello o un costo, ma bensì elevarla a principio basilare per il lavoro.

Senza sicurezza non si può lavorare e dato che i padroni se ne infischiano bisogna ricorrere a misure drastiche. Queste possono essere le più svariate, certamente un inasprimento nella normativa sulla responsabilità degli amministratori (e/o della proprietà) e soprattutto l’esproprio dell’azienda. Così le cose cambierebbero.

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