Emidio ‘Mimi’ Soltysik ha 41 anni ed è un socialista negli Stati Uniti. Musicista professionista, corpaccione tatuato, spesso vestito con le magliette e le felpe dei suoi gruppi musicali preferiti. Attivista a Los Angeles, il suo obiettivo per quest’anno è di correre per la presidenza degli Stati Uniti in un ticket con Angela Walker, sotto le insegne del Socialist Party of the Usa, il partito dei lavoratori nato da una scissione dai Social Democrats nel 1973. Nel 2014 Soltysik si candidò a rappresentante del 62°distretto della California, raccogliendo il 2.5% dei voti.
Essere socialista negli Stati Uniti non deve essere facile. Dopo la crisi finanziaria degli anni passati, pensi che negli Usa si sia sviluppata una coscienza di classe?
«Questa domanda mi fa pensare a una frase di Steinbeck: “Il socialismo non ha mai preso piede in America perché i poveri non si vedono come dei proletari sfruttati, ma come dei miliardari in difficoltà temporanea”. Credo che ci sia consapevolezza dell’incredibile disuguaglianza degli Stati Uniti. Ma penso che molti ancora pensino che non sia necessario porre questioni di classe, sembra quasi che la classe lavoratrice abbia bisogno di lavorare più duramente per colmare le differenze con i più ricchi. Credo che se tu parlassi di ‘coscienza di classe’, molti da queste parti ti risponderebbero: “Cosa?”. Non dico che suonerebbe dispregiativo, ma che non è una parte del discorso che viene affrontato dai nostri media e nelle nostre scuole. La gente è molto stanca e quando ha un momento libero, penso che preferisca usarlo per distrarsi. Questo non significa che una coscienza di classe non funzionerebbe o non potrebbe svilupparsi, anzi, io credo che ci siano possibilità e che ciò avverrà. Mi sembra che molti si stiano ribellando per combattere contro un sistema opprimente, e questo sta incoraggiando altri a fare lo stesso».
Cosa ne pensi del movimento Occupy?
«E’ meraviglioso. Una discussione su cosa è andato bene e cosa no potrebbe occupare parecchi giorni. Ma, in definitiva, penso che la gente abbia imparato molto da quell’esperienza».
I media mainstream dicono che il “candidato socialista” alle presidenziali sia Bernie Sanders. Quali sono le differenze tra te e lui?
«Penso che dovremmo partire parlando della nostra esplicita idea sulla proprietà dei mezzi di produzione, che deve essere dei lavoratori. Lui promuove un sistema di stampo socialdemocratico, non diverso da quello che c’è in Scandinavia. Ma noi non sosteniamo una riforma del capitalismo, noi vogliamo una rivoluzione. Il capitalismo è intrinsecamente razzista, sessista e imperialista. Riformarlo vorrebbe dire addolcire questi termini: no, grazie. Non conosco alcuna ragionevole definizione di un socialismo che preveda il mantenimento della discriminazione come parte del proprio programma».
Parliamo allora del Socialist Party: chi siete e cosa volete fare?
«Io sono Mimi Soltysik di Los Angeles, California. Sono un ottimo ballerino e i miei capelli sono abitualmente spettinati. Sono stato copresidente del partito dal 2013 al 2015 e sono attualmente un militante del partito della mia città, dove faccio il segretario. Ho incontrato persone straordinarie qui, gente alla quale rimarrò attaccato per il resto della mia vita. Sono stato un bambino che ha avuto un sacco di guai che poi è diventato un teenager con un sacco di guai. Dai 17 ai 32 anni sono stato un musicista professionista, e ho continuato a ficcarmi nei guai. Alla fine ho capito di aver dimenticato come si imparano le cose e di essermi disconnesso dall’umanità. Quando ho preso un momento per mettere in ordine i pensieri, ho cominciato a cercare di capire quella che è la mia comunità. Da qui il mio impegno politico».
Come sta andando la campagna elettorale?
«E’ un’esperienza fantastica. Abbiamo cominciato sviluppando una strategia, qualcosa che fosse diversa rispetto a come di solito si fanno le campagne presidenziali negli Stati Uniti. Partecipare alle elezioni è una parte di questo quadro, ma non è la cosa più importante: noi lavoriamo per mettere in contatto la gente che la pensa come noi, quelli che si interessano ai nostri temi. Cerchiamo di aiutare a costruire e a organizzare delle relazioni. Penso che i cittadini si siano abituati ai proclami dei candidati su quello che faranno una volta eletti. Ma noi pensiamo che la gente non abbia bisogno di capi, la gente può gestirsi da sola».
Cosa pensi della politica estera di Barack Obama?
«Penso sia stata pessima, come quella del suo predecessore: un criminale di guerra, un assassino, un imperialista. Chiunque va alla Casa Bianca, presto o tardi, diventa un criminale di guerra: questo sistema deve essere cambiato».
Come sono gli Stati Uniti di domani, secondo il Socialist Party?
«Bella domanda. Capisco che molti possano sentirsi un po’ nichilisti pensando al futuro. Per esempio, i cambiamenti climatici sono abbastanza preoccupanti. Non posso parlare per tutti i militanti del Socialist Party, ma penso che sia giusto affermare che noi vogliamo contribuire a un processo rivoluzionario».
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