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Primarie Usa. Il New Hampshire incorona Sanders, Clinton travolta dall’ondata “socialista”

Bernie Sanders ha stravinto le primarie democratiche del New Hampshire, seppellendo la rivale Hillary Clinton sotto una valanga di voti e alla fine, comunque andranno a finire le cose, bisognerà pure ringraziarlo questo “socialista del Vermont”, che almeno per una notte ci ha fatto ballare sul serio. Il risultato, si diceva, è eloquente: 60% tondo per Sanders contro il 38.4% della Clinton. E va bene che i sondaggi davano Bernie in netto vantaggio, ma bisogna ricordare pure che gli stessi sondaggi, fino a non molto tempo fa, davano Hillary come scontata vincitrice ovunque, praticamente con la nomina già in tasca. 

E invece adesso la partita è aperta: il conto dei delegati vede Sanders in leggerissimo vantaggio sulla Clinton: 34 a 32. Certo, siamo solo all’inizio (appena due stati) e manca ancora una vita al fischio finale, ma non si può non osservare il risultato ottenuto da un personaggio che, in fondo, persino in certi ambienti politici italiani potrebbe passare per un “estremista rosso”. Figuriamoci negli Stati Uniti. «È cominciata la rivoluzione politica – ha detto Sanders ai suoi, festeggiando la vittoria -, con la partecipazione di tanti cittadini che non l’avevano mai fatto prima. Il governo del paese appartiene a loro, non a un pugno di miliardari». Hillary, dal canto suo, cerca di ostentare tranquillità, d’altra parte la sconfitta in New Hampshire era già stata messa in preventivo nei giorni scorsi, anche se in fin dei conti il distacco è stato imbarazzante. «Sono abituata a cadere – ha detto lei –, per questo capisco il destino di tanti americani e come loro mi rialzerò».
Sarà, ma è un dato di fatto che da quando Sanders ha cominciato a crescere sul serio persino l’agenda politica della Clinton ha dovuto subire una netta virata verso sinistra (per quanto di sinistra posso anche solo strumentalmente apparire la propaganda di una esponente di punta della classe dirigente statunitense).
Adesso la partita si sposta verso due tappe fondamentali, dopo le quali sarà un po’ meno complicato capire la disposizione esatta del risiko democratico: Nevada e South Carolina, due stati in cui la composizione elettorale è variegata, con tanti afroamericani e ispanici che potrebbero spostare gli equilibri dalla parte di Hillary, che con i rappresentanti di questi gruppi ha stretto patti molto forti. Si vedrà, e intanto sarà Sanders che potrà giocarsela con un leggero vantaggio su di lei.
Tra i repubblicani, invece, la questione si sta facendo davvero scottante. Dopo aver deluso in Iowa, Donald Trump ha cominciato a vincere: 35.1% e avversari sepolti. Il vincitore della prima tornata, Ted Cruz, si è fermato all’11.6%, staccando di poco Marco Rubio (10.6%) e Jeb Bush (11.1%). Da sottolineare la seconda piazza del governatore dell’Ohio John Kasich, più moderato rispetto ai suoi sfidanti repubblicani, che proverà a far convergere su di sé le simpatie dell’establishment. Difficile che l’operazione riesca ad avere successo, ma se il Gop vuole presentare alla corsa per la Casa Bianca un nome davvero spendibile e non un populista di destra come Trump, i maggiorenti del partito dovranno cominciare a riflettere sulle carte che hanno in mano. Bush ormai è un naufrago, e potrebbe addirittura pensare di ritirarsi, mentre Rubio stenta a decollare. Un mezzo disastro che rende la nomination repubblicana una corsa a due tra gli estremisti Trump e Cruz.

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