Trump e gli apparati ideologici a lui legati stanno caratterizzando la fase crepuscolare del suo primo mandato presidenziale, rivendicando apertamente il “suprematismo bianco”, sostenendo le frange dell’alt-right, alimentando quel brodo di cultura “cospirazionista” rispetto al Covid 19, e non da ultimo relativizzando gli aspetti peculiari della storia Nord-americana.
Il genocidio dei nativi nord-americani e l’opera di espropriazione delle terre in cui erano vissuti, lo schiavismo come perno dello sviluppo della potenza statunitense e la guerra coloniale nei confronti del Messico (che si risolse nella sua mutilazione territoriale dopo la sconfitta), sono ancora le “vene aperte” del capitalismo a stelle-e-strisce, per le contraddizioni insanabili che hanno prodotto.
Questi aspetti furono propedeutici alla proiezione degli States in direzione del resto del Continente, che hanno sempre considerato il proprio “giardino di casa”, così come in direzione del Pacifico. Sovente, per esempio, si tende a dimenticare il dominio diretto statunitense fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale esercitava fino alle Filippine – formalmente territorio statunitense – uno dei territori che tra l’altro ha più subito le conseguenze della “guerra del Pacifico” nel Secondo Conflitto mondiale.
La messa in discussione di massa della narrativa mainstream della storia statunitense, attraverso l’ottica euro-Americana, è avvenuta storicamente grazie alla pressione delle lotte delle “minoranze etniche” che l’avevano subita: dai nativi americani agli afro-americani, dagli asiatico-americani ai Latinos, e dalle lotte di liberazione nel tricontinente.
Cina, Cuba e Vietnam – quest’ultimo soprattutto – costringono a ripensare la “percezione di sé” degli Yankees e la specificità della loro storia. È bene sottolinearlo, senza che un soggetto – (interno od esterno) ponesse la contraddizione, l’eccezionalismo WASP era l’unica versione accettabile e tramandabile dell’American Way of Life, ossia della Storia.
E questo è vero soprattutto per il movimento operaio radicale, per gli Afro-Americani e per le donne, in specie quelle delle “minoranze etniche”.
Chi ha avuto l’ardire di affrontare l’establishment Nord-americano, prima o poi nel suo percorso di liberazione si è dovuto confrontare con due aspetti rilevanti la falsificazione storica sistematica contenuta nella narrazione dominante, e con la violenza strutturale dell’establishment. Due facce della stessa medaglia e della stessa violenzs, molto prima che The Orange Man mettesse piede nella Casa Bianca.
Per ciò che riguarda la schiavitù, su cui si concentra questo intervento pubblicato su “The Atlantic” che abbiamo tradotto, bisogna ricordare che l’autodifesa armata è stata l’alfa e l’omega della sua esperienza organizzativa, la condizione non sufficiente ma necessaria per potere sperare di migliorare la propria condizione dalla schiavitù delle piantagioni ai ghetti nelle metropoli.
Se in questi anni, decenni, è stato prezioso il lavoro storico-teorico che ha permesso di mantenere quel filo rosso tra i vari tentativi di emancipazione dalla “Ferrovia Sotteranea” al Black Liberation Army, fino ad oggi è stata la riesplosione della “questione nera” a Ferguson nel 2014 e lo sviluppo di “Black Lives Matter” a dare uno sbocco ad un lavoro certosino e contro corrente di studiosi/e ed attivisti/e.
Trump e la società che ha contribuito a creare è forse l’espressione più coerente di come gli USA siano uno “esperimento sociale fallito”, incapace di integrare – a più di un secolo e mezzo dalla fine della Guerra Civile (1860-65) – la componente Afro-Americana e di fare seriamente i conti con il proprio passato.
E forse l’opzione secca che intravedeva Malcom X – “the ballot or the bullet”- assume un significato diverso quanto attuale, considerato che per primo l’inquilino della Casa Bianca “se ne fotte” della democrazia e dei suoi orpelli, ed il suo sfidante più pacato non va oltre ad essere il male minore.
Buona lettura.
*****
La scorsa settimana, alla Conferenza sulla storia americana della Casa Bianca, il Presidente Donald Trump ha denunciato il modo in cui “la sinistra ha deformato, distorto e contaminato la storia americana con inganni, falsità e bugie”, attaccando Howard Zinn, la teoria critica razziale, e il 1619 Project del New York Times (di cui sono stato contributore).
Il presidente ha enfatizzato la necessità di “un’educazione patriottica” nelle nostre scuole, sottovalutando la centralità della schiavitù, o comunque ogni tipo di oppressione, nella fondazione dell’America.
“La nostra missione è di difendere l’eredità della fondazione dell’America, la virtù degli eroi americani e la nobiltà dell’identità americana”, Trump ha detto all’evento. “Dobbiamo cancellare la fitta ragnatela di bugie nelle nostre scuole ed insegnare ai nostri ragazzi la magnifica verità sul nostro paese. Vogliamo che i nostri figli e le nostre figlie sappiano che sono cittadini della più eccezionale nazione della storia del mondo”.
“Le nostre storie tendono a discutere la schiavitù americana così imparzialmente”, scrive W. E. B. Du Bois nel suo libro del 1935, Black Reconstruction in America, “i”.
Ascoltando Trump, potremmo pensare che un esame rigoroso della schiavitù e le sue implicazioni siano una parte fondamentale delle lezioni di storia in America. Invece, recenti statistiche dimostrano che i giovani americani hanno enormi lacune nel capire la storia della schiavitù nel nostro paese.
Secondo un report del 2018 del Southern Poverty Law Center, solo l’8% degli studenti dell’ultimo anno di liceo sa che la schiavitù è stato il punto focale della Guerra Civile. Due terzi degli studenti non sapeva neanche che un emendamento costituzionale fu necessario per abolire formalmente la schiavitù.
Quel che mi ha affascinato di più del discorso di Trump è stata la scelta di centrarlo tutto sull’”indottrinamento”. È stato strano realizzare che riportare una narrazione più ampia di quel che fu la schiavitù, e dell’orrore che portò, potrebbe essere considerato indottrinamento, specialmente se le storie che si raccontano sull’America sono imbevute in una mitologia uni-dimensionale dell’eccezionalismo.
“Proviamo troppo spesso a cambiare deliberatamente i fatti della Storia che la Storia potrebbe essere una lettura interessante per gli Americani”, scrisse Du Bois in Black Reconstruction.
Du Bois scriveva in un momento in cui la narrativa della schiavitù come “accordo amichevole e benevolente fra schiavista e schiavo” finì per dominare la memoria collettiva americana di quel periodo storico. Molti americani vedevano la schiavitù come un accordo con cui i Neri erano felici di servire i loro padroni bianchi, che a loro volta li servivano con una bontà paterna e gentile.
Questa narrativa fu propagata dallo storico della Columbia University Ulrich Bonnell Phillips, che, con il suo libro del 1918 American Negro Slavery, formalizzò come gli americani bianchi vedevano tale istituzione. “In generale”, scrisse Phillips, “le piantagioni erano le migliori scuole mai inventate per l’addestramento di massa di tutta quella popolazione inerte e riluttante, la maggior parte della quale è rappresentata dai negri americani”.
All’università, Phillips studiò sotto lo storico William A. Dunning, che diede il nome alla Dunning School – non una vera e propria istituzione, ma un movimento intellettuale razzista. L’eredità della Dunning School intende fortificare nella coscienza pubblica americana l’idea secondo cui, dopo la Guerra Civile, i Neri si sono dimostrati, tramite le elezioni e il suffragio, incapaci di partecipare alla democrazia.
Come posto dallo storico Eric Foner, “Alla base della dottrina Phillips vi era l’idea che la schiavitù non fosse davvero un’istituzione inumana basata sulla tortura psicologica e fisica, e che il suo ruolo nella crescita dell’economia americana fu minima.”
Per insegnare la vera storia della schiavitù non serve distorcere, omettere o dire bugie riguardo quel che è accaduto in questo paese; serve semplicemente un’esplorazione dei documenti con fonti primarie per capire il senso di quel che è stato e di quel che ci ha lasciato.
Tutto quel che gli insegnanti devono fare, per insegnare ai ragazzi quel che fu la tratta transatlantica ,è fargli spendere tempo con le memorie di chi l’ha vissuta sulla propria pelle. “Sono stato messo sotto i ponti, e lì recevetti un saluto nelle mie narici come mai avevo provato in vita mia, tanto che, piangendo per l’asprezza della puzza, mi sentii talmente male che non riuscììii a mangiare,” scrisse l’ex schiavo Olaudah Equiano nella sua autobiografia del 1789. “La vicinanza di spazio, il calore del clima, a cui va aggiunto il numero di persone nella nave, che era così affollata che a malapena si riusciva ad avere spazio per se stessi, ci hanno quasi soffocato. Sudavamo tanto e non riuscivamo a respirare per via della puzza orribile, il che causò nausea negli schiavi, per cui tanti poi morivano.”
Un insegnante non ha bisogno di dire bugie sul fatto che la Confederazione fosse fondata su principi di tortura intergenerazionale e lavoro coatto quando i Confederati dicevano nelle loro dichiarazioni di secessione:
“I popoli degli stati schiavisti sono legati assieme dalla stessa necessità e determinazione di preservare la schiavitù africana”, diceva quella della Louisiana.
“La nostra posizione è accuratamente identificata con l’istituzione della schiavitù – il più grande interesse materiale al mondo”, dichiarava quella del Mississippi.
“L’elezione del sig. Lincoln non può che essere considerata una solenne dichiarazione, dalla maggioranza del popolo del Nord, di ostilità al Sud, le sue proprietà e istituzioni”, affermava quella dell’Alabama, “consegnando i propri cittadini ad assassini, e le sue mogli e figlie alla violazione e alla contaminazione, per gratificare la brama di Africani mezzo civilizzati.”
“La servitù della razza africana, come esiste in questi stati”, dice quella del Texas, “è mutualmente benefica per essere legati e liberi, ed è autorizzata abbondantemente e giustificata dall’esperienza dell’umanità e dalla rivelata volontà del Creatore Onnipotente.”
Non erano solo i rappresentanti eletti a pensare questo. Lo storico James Oliver Horton ha trovato tantissime testimonianze di soldati confederati che dicevano le stesse cose. Come nota, un prigioniero sudista urlò a soldati unionisti che stavano di vedetta, “Voi Yanks volete che le nostre figlie si sposino con dei niggers”.
Un contadino bianco indigente disse di non poter e voler smettere di combattere, perché il governo di Lincoln “vuole obbligarci a vivere come la razza di colore”. Un artigliere confederato della Louisiana disse che il suo esercito doveva combattere disperatamente perché non avrebbe mai voluto “vedere il giorno in cui un Negro è messo in pari con una persona bianca”.
Un educatore non deve inventare storie su quel che pensavano i nostri Padri Fondatori delle persone nere, visto che l’hanno detto loro stessi.
“Paragonandoli sulle loro facoltà di memoria, ragione e immaginazione, mi pare che in fatto di memoria siano uguali ai bianchi; in ragione molto inferiori, se penso che non ne potremmo trovare uno che sia capace di seguire e comprendere le investigazioni di Euclide; ed in immaginazione, sono noiosi, privi di gusto e anomali”, scrisse Thomas Jefferson in Notes on the State of Virginia “affermo quindi con sospetto, che i neri, sia che fossero originariamente una razza distinta, o che si siano resi diversi dal tempo e dalle circostanze, sono inferiori ai bianchi nella dotazione del corpo e della mente.”
Nessun insegnante deve mentire su come agli schiavisti era permesso abusare dei propri lavoratori schiavizzati quando il codice degli schiavi della Virginia rende chiaro che ad una persona bianca è permesso dalla legge di uccidere una persona nera schiavizzata:
“LADDOVE l’unica legge in funzione per la punizione dei servi recalcitranti che resistono ai loro signori, signore o sorveglianti non possa essere inflitta sui negri, né possa essere soppressa se non tramite mezzi violenti l’ostinazione di molti di loro, Sia decretato e dichiarato da questa grande assemblea, che se uno schiavo resiste al proprio signore (o ad un ordine del suo signore in modo da correggerlo) e per l’estremità della sua correzione possa esso morire, la sua morte non debba rappresentare un crimine, ma il suo signore (o un’altra persona incaricata dal signore di punirlo) sia scagionato dalla molestia, siccome una tale malizia preterintenzionale (che da sola la renderebbe un crimine) potrebbe indurre qualsiasi persona a distruggere la sua proprietà.”
Non è necessario drammatizzare o esagerare lo sbilanciamento di potere tra schiavista e schiavo – e la violenza con cui questo sbilanciamento si è manifestato tra schiave donne e uomini bianchi – quando innumerevoli esempi dei racconti di schiavi ricordano storie dell’abuso sessuale che le donne nere subivano dai loro padroni bianchi. Prendete questa testimonianza del 1937 dell’ex schiavo W. L. Bost, inclusa nella Federal Writers Project della WPA:
Tantissime donne nere fanno figli con uomini bianchi. Sanno che è meglio seguire quello che viene detto loro. Non c’erano questi casi prima che gli uomini arrivassero qui dal South Carolina [al North Carolina], si stanziassero e portassero schiavi. Poi prendono quegli stessi figli che hanno fatto con il sangue e poi li fanno schiavi. Se la Signora lo scopre scatena la rivoluzione. Ma difficilmente lo scopre. Gli uomini non lo dicono e le donne negre sono sempre impaurite. Quindi continuano a sperare che le cose non saranno le stesse per sempre.
O questo passo dal libro del 1861 di Harriet Jacobs, Incidents in the Life of a Slave Girl:
Il mio signore mi incontrava ad ogni turno, ricordandomi che io appartenevo a lui e giurando che mi avrebbe costretta a sottomettermi a lui. Se uscivo per prendere una boccata d’aria dopo una giornata di fatica instancabile, i suoi passi mi seguivano ostinatamente. Se mi inginocchiavo presso la tomba di mia madre, la sua ombra oscura cadeva su di me perfino lì. Il leggero cuore che la natura mi diede divenne pesante con tristi presagi.
Per capire l’impatto e il costo umano della separazione familiare, basta leggere semplicemente le inserzioni messe sui giornali dalle persone schiavizzate nei decenni seguenti la Guerra Civile e l’abolizione formale della schiavitù. Ad esempio questa a Philadelphia, presa da Eliza Holmes nel 1895:
INFORMAZIONE RICHIESTA SU mio marito e mio figlio. Ci siamo separati a Richmond, Virginia, nel 1860. Il nome di mio figlio era Jas. Monroe Holmes; il nome di mio marito era Frank Holmes. Mio figlio è stato venduto a Richmond, Virginia. Non so dove l’abbiano portato. Mio marito non fu venduto; l’ho lasciato a Richmond, Virginia, quando io e i miei cinque figli, Henry, Gabriel, Charles, Dortha e Jacob, fummo venduti ad un mercante che viveva in Texas. Ora sono vecchia e non penso di avere ancora molto, quindi mi piacerebbe rivederli prima che io muoia. Qualsiasi informazione riguardo loro sarà piacevolmente accolta da Eliza Holmes, Flatonia, Fayette Co., Texas
L’intensità dell’opposizione che Trump e molti altri mostrano riguardo al porre al centro la schiavitù, o anche semplicemente ri-orientare la storia del nostro paese cosicché la schiavitù non sia più esterna alla fondazione del progetto americano, proviene dal loro ragionamento su quel che si gioca in questo dibattito.
Così tanto della legittimità dell’infrastruttura politica, economica e sociale americana è predicata su un mito antistorico – quello che accetta tutto quel che rende l’America eccezionale, senza andare a sbattere contro il fatto che le risorse che hanno creato vite eccezionali per alcuni cittadini furono create dall’oppressione intergenerazionale di milioni di altri.
Lo studio della schiavitù dimostra chiaramente queste contraddizione e queste messinscene. Trump e coloro i quali si allineano al suo messaggio sanno che una volta che le persone hanno capito quest’imbroglio sulla schiavitù in ogni sfaccettatura della storia degli Stati Uniti, la legittimità dei suoi sistemi si svela, e con essa la legittimità di chi occupa spazi di potere.
Se gli studenti non imparano la storia della schiavitù, potrebbero quindi pensare che l’Electoral College sia un’istituzione benigna dedicata ad istituire la giustizia democratica per gli Americani in tutto il paese. Potrebbero crescere pensando che il gigantesco divario di ricchezza tra le persone nere e i bianchi siano fondate sul fatto che un gruppo lavora più sodo dell’altro. Potrebbero pensare che il nostro sistema carcerario è oggi così perché i Neri sono inerentemente più violenti.
“Nessuno può leggere la prima autobiografia di Frederick Douglass ed avere troppe illusioni riguardo la schiavitù”, scrisse Du Bois in Black Reconstruction, “E se la verità è il nostro fine, non esistono fantasticherie o ricordi personali dei suoi beneficiari che possano nascondere al mondo il fatto che la schiavitù fu un crudele, sporco, costoso e ingiustificabile anacronismo, che ha quasi rovinato il più grande esperimento di democrazia al mondo.”
Questo è quello che Trump ha paura che gli studenti scoprano.
Ma la verità è che il nostro paese non peggiora se i giovani fanno i conti pienamente con i lasciti della schiavitù. Queste riflessioni li preparano meglio a dare un senso su come si è evoluto il nostro paese e sul costruire sistemi ed istituzioni basati sulla giustizia invece dell’oppressione. Nulla è più patriottico di questo.
* Traduzione di Tiziano di Giuseppe
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa