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La ‘Nato sunnita’ dichiara Hezbollah “organizzazione terroristica”

Spiazzati dall’intervento russo in Siria e dal recupero di una gran quantità di territorio da parte delle truppe governative e delle milizie sciite e curde, le petromonarchie – sponsor dell’insorgenza jihadista in Siria, Iraq e altri paesi – tentano ora di drammatizzare ulteriormente lo scontro settario nella regione.

Gli Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) hanno ufficialmente dichiarato l’organizzazione sciita libanese Hezbollah un gruppo “terroristico”. I sei membri del Consiglio, che per comodità abbiamo soprannominato spesso ‘Nato sunnita’ o ‘Polo sunnita’ – cioè Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar –  hanno motivato la loro assurda decisione a causa delle presunte “azioni ostili della milizia che recluta giovani (del Golfo) per atti terroristici”, ha detto il Segretario generale del Ccg, Abdullatif al-Zayani.

Il ministro degli Esteri del Bahrein, Hamad al-Amir, ha detto però ad Al Arabiya – che ha dato la notizia – che i membri del Ccg non hanno ancora deciso le “misure corrette” da prendere per inserire ufficialmente Hezbollah nella lista nera delle organizzazioni terroristiche. Il Bahrein ha incluso Hezbollah nella lista nera già lo scorso aprile, diventando così il primo Stato arabo a prendere questa iniziativa dopo avere accusato il gruppo libanese di appoggiare e addestrare gruppi sciiti radicali che si oppongono al regime di Manama. La decisione degli altri Paesi del Golfo deve essere letto soprattutto come una rappresaglia nei confronti di Hezbollah dato il suo coinvolgimento in Siria a fianco del governo contro le milizie di Daesh, di al Nusra e di altri gruppi fondamentalisti. Una vendetta che segue l’iniziativa di alcuni giorni fa del regime saudita che, contravvenendo a quanto promesso, ha cancellato l’acquisto di circa 4 miliardi di euro di armi ed equipaggiamenti da inviare all’esercito e alla polizia libanesi, facendo entrare subito in fibrillazione la già instabile maggioranza di governo che riunisce sia il fronte sunnita (il ’14 marzo’ guidato da Saad Hariri, che tra l’altro ha anche la cittadinanza di Riad) sia quello sciita (l’8 marzo’ guidato proprio da Hezbollah). Sull’onda del voltafaccia saudita il premier libanese Tammam Salam ha accusato Hezbollah di voler provocare la spaccatura del paese e gli ha intimato di ‘ricucire le relazioni con l’Arabia Saudita’.

 In ballo, oltre alla guerra in Siria, c’è anche il ruolo che l’Iran e i suoi alleati possono avere nella protesta e nella mobilitazione delle popolazioni sciite che vivono in vari paesi a maggioranza sunnita, e nella stessa Arabia Saudita. Paese che nelle ultime settimane ha ordinato l’esecuzione della pena capitale o la condanna a lunghe pene detentive per decine di iman, esponenti politici e leader locali appartenenti alla minoranza sciita – tra i quali il popolarissimo imam Nimr al Nimr – accusati di essere dei provocatori al soldo di Teheran o addirittura dei terroristi.

La dichiarazione delle monarchie sunnite del Golfo giunge dopo il discorso pronunciato ieri sera da Hassan Nasrallah, nella quale il leader di Hezbollah ha accusato l’Arabia Saudita di avere una responsabilità diretta negli attentati terroristici realizzati in Libano da gruppi della galassia jihadista. Il leader sciita ha respinto il quadro delineato dai paesi del Golfo che starebbero attuando una campagna anti-libanese per “mettere a tacere Hezbollah” e impedire le sue critiche contro Riad.
La mossa del regime wahabita rappresenta un nuovo grattacapo per l’amministrazione statunitense, impegnata in un difficile gioco di alleanze a geometria variabile in Medio Oriente ed in una difficile trattativa tanto con l’Iran quanto con la Russia. Secondo il quotidiano libanese progressista as Safir un alto funzionario del Pentagono ha promesso ad una delegazione di parlamentari di Beirut che l’amministrazione Obama cercherà di premere su Riad per convincerla a non bloccare gli aiuti militari al Libano.

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