Lo scorso 3 marzo la polizia turca ha ucciso durante un blitz in un edificio del quartiere di Bayrampasa a Istanbul due donne che in mattinata avevano aperto il fuoco contro un bus di agenti davanti a una stazione di polizia. Le due militanti erano entrambre attiviste del Dhkp-c (Partito-Fronte di liberazione del popolo rivoluzionario), responsabile di altri recenti attacchi contro obiettivi del governo e delle forze armate turche, oltre che della sede diplomatica statunitense a Istanbul, assaltata il 10 agosto dello scorso anno.
Le due ragazze, Cigdem Yaksi e Berna Yilmaz, sono state uccise al termine di un blitz delle teste di cuoio in un vicino edificio, dove si erano barricate dopo l’attacco fallito condotto dalle militanti del gruppo armato contro la sede della polizia, nel corso del quale due agenti sono rimasti leggermente feriti. In un video dell’attacco si vedono le due giovani che dalla strada aprono il fuoco contro la caserma dopo essere scese da un taxi, usando granate e pistole, prima di fuggire in un edificio vicino dove probabilmente sono state giustiziate sul posto dalle teste di cuoio come accaduto in eventi simili in passato.
Berna Yilmaz aveva trascorso 20 mesi in prigione per aver mostrato un cartello durante una manifestazione del 2011 a cui partecipò l’allora premier Erdogan, poi diventato presidente della Repubblica. Sul cartello c’era scritto “Vogliamo un’educazione libera e l’avremo”.
Ma la repressione del regime islamista turco non prende di mira solo i curdi o l’estrema sinistra. Un tribunale di Istanbul ha deciso di porre sotto amministrazione controllata il gruppo editoriale che controlla il quotidiano Zaman, il più diffuso in Turchia, per i suoi legami con il magnate e imam Fethullah Gulen, ex padrino del presidente Recep Tayyip Erdogan e da qualche anno diventato nemico giurato del leader dell’Akp.
La richiesta, accolta dal giudice, era stata presentata dall’ufficio del procuratore capo di Istanbul. Adesso gli amministratori giudiziari dovrebbero prendere il controllo del gruppo, nominando una nuova direzione editoriale, come avvenuto in passato in casi simili. La decisione sta ovviamente suscitando allarmi e proteste per la libertà di stampa in Turchia.
Secondo gli ultimi dati diffusi, Zaman è il quotidiano più diffuso nel Paese, con circa 650mila copie quotidiane, la maggior parte distribuite in abbonamento tra i seguaci del movimento di Gulen. Di fatto una base sociale simile a quella che sostiene Erdogan, liberista in economia ma meno estremista sulle questioni religiosi.
Un provvedimento analogo era stato deciso alla vigilia delle elezioni anticipate del primo novembre e sempre per i legami con Gulen nei confronti del gruppo editoriale Ipek, che controllava i canali tv Bugun Tv e Kanalturk e i quotidiani Bugun e Millet, chiusi definitivamente nei giorni scorsi. Sotto l’amministrazione controllata i media del gruppo Ipek avevano rovesciato la propria linea editoriale, passando dall’opposizione a una filo-governativa.
Così come in casi simili, questa notte la redazione di Zaman è stata assaltata da centinaia di agenti di polizia in assetto antisommossa che hanno disperso i giornalisti, gli attivisti e i cittadini che si erano radunati davanti alla sede del quotidiano con cannoni ad acqua e gas lacrimogeni.
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