E’ nuovamente esplosa la tensione tra Armenia e Azerbajdžan nella regione contesa del Nagorno-Karabakh, l’enclave a maggioranza armena che, a fine anni ’80, aveva dichiarato l’uscita dall’allora Repubblica sovietica dell’Azerbajdžan e a causa del quale, tra Erevan e Baku, sussiste una sorta di “conflitto congelato”, dopo la sottoscrizione del cessate il fuoco nel 1994.
Secondo il canale Zvezda, da questa notte sarebbero in corso aspri combattimenti su larga scala. Interfax riporta una nota ufficiale di Stepanakert (capitale del Nagorno), secondo cui, a causa dei bombardamenti portati la notte scorsa dalle forse azere, ci sarebbero morti e feriti (anche bambini) anche tra la popolazione civile.
Stepanakert riferisce di un elicottero azero abbattuto dalle forze armene, anche se la notizia è al momento smentita da Baku; la quale, naturalmente, rigetta sull’Armenia ogni responsabilità, accusandola di aver dato il via ai colpi di mortaio e di mitragliere pesanti e di aver violato il cessate il fuoco, nelle ultime 24 ore, almeno 130 volte.
Di contro, il portavoce del Ministero della difesa armeno, Artsrun Ovannisjan, afferma che ciò è avvenuto in risposta alle “attive azioni di attacco” intraprese la notte scorsa da parte azera, con l’uso di carri armati, artiglierie e aviazione e l’esercito armeno avrebbe intrapreso un contrattacco in risultato del quale “la parte azera ha subito numerose perdite, sia in uomini che in mezzi, con un elicottero abbattuto”.
L’ultima volta che qui si erano registrati scontri di una certa gravità, era stato nel luglio 2014 e poi, nel novembre successivo, un elicottero Mi-24 delle forze del Nagorno-Karabakh, durante le esercitazioni “Unità 2014”, era stato abbattuto dalle forze di Baku che, a detta loro, era sconfinato in territorio azero: tre militari erano morti.
Staremo a vedere come la cosiddetta “comunità internazionale” reagirà alle nuove imprese di un esecutore fedele, quale Baku, dell’ordine mondiale disegnato a Washington per il Caucaso ex-sovietico.
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