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Bangla Desh, il safari della strumentalizzazione

Nove cittadini italiani uccisi dall’altra parte del mondo, l’ombra distante dell’Isis o di altre organizzazioni integraliste, l’azzeramento – nell’informazione mainstream – di ogni analisi che vada oltre la manifestazione plateale del dolore (ovviamente drammaticamente vera nei familiari e negli amici, insopportabilmente di maniera nelle facce o nelle parole di circostanza delle “autorità”).

Sappiamo che gli assalitori erano ragazzi di buona famiglia, formati all’università, in un paese impazzito di miseria. Dunque non vale, in questo caso, la lettura che la lega violenza con motivazioni religiose a condizioni sociali disastrate. Vale piuttosto un ragionamento che individua in una classe dirigente in formazione il soggetto che cerca di “emanciparsi” da una condizione di subalternità rispetto al capitale straniero. Una sorta di “i nostri lavoratori li sfruttiamo noi”, non un’ansia di liberazione o di palingenesi sociale, che non distingue affatto tra un imprenditore, un interprete o un cuoco.

Una competizione, dunque, in cui sono “quelli che stanno sotto” ad essere ignorati da entrambi i contendenti, che li considerano allo stesso modo solo carne da lavoro.

Circa un anno fa, proprio a Dacca sono morti più di 1000 bambini nel crollo di una fabbrica fatiscente di sette piani. Erano piccoli operai del tessile, che per 2 euro al giorno lavoravano per gli imprenditori stranieri, anche italiani, autentici sfruttatori di bambini.

Vogliamo qui proporvi il fotoreportage di Claudio Montesano Casillas, pubblicato alcuni mesi fa sul quotidiano online Lettera 43, che illustra i livelli di sfruttamento imposti in Bangla Desh dagli “imprenditori”. Locali o multinazionali, ovviamente,  non può interessare di meno.

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9 Commenti


  • gogol

    Concordo con l’articolo, ma il paese si chiama Bangladesh, tuttattaccato


  • Maurizio

    Nel 2016 a me pare chiaro che la storia non si possa leggere sempre e solo come lotta di classe. La domanda è cosa spinge un ventenne che ha studiato ed è ricco a provare piacere nello sgozzare ragazzi e ragazze, alcuni di 20 anni. Cosa porta l’uomo ad essere peggio di un animale, che almeno uccide per mangiare? Se non si risponde a questo, il terrorismo non si sconfigge.


  • ERNESTO

    Stavolta non c’è dubbio alcuno: a compiere il massacro di Dhakka è stato l’IS. Quello vero. Quello che pubblica la rivista DABIQ, patinata, hollywoodiana, tutta in inglese: che infatti ha pubblicato le foto dei morti ammazzati, di cui nove italiani e 7 giapponesi – il che vuol dire che lo IS era lì coi suoi inviati. Non c’è dubbio che è stato lo IS: lo assevera Rita Katz, unica fonte che l’ANSA adotta come certa, diramando addirittura le foto con il logo del SITE, la ditta Katz. Il capo dell’IS in Bangladesh è uno nato nell’Ontario, Canada.

    http://www.maurizioblondet.it/bangladesh-perche-la-firma-rita-katz/


  • Andrea

    Maurizio, nell’articolo si abbozza una risposta piu che sensata, spunto per ulteriori analisi


  • Antonio Sguanci

    La “Natura Umana” ti sembra insufficiente,come risposta?
    O deve contenere il programmino risolutivo,per essere una risposta?
    La sopraffazione produce diseguaglianze e le diseguaglianze producono conflitto.
    Non lo vuoi chiamare “Classe”? Suggerisci un nome che ti suoni meno “obsoleto”….


  • Federica

    Il paese si chiama Bangadesh e non mi risultano i 1000 morti in una fabbrica l’anno scorso. Può citarne luogo/data e fonte?
    Attendo un riscontro perchè credo che prima di scrivere un giornalista debba documentarsi bene.
    Grazie.


    • Redazione Contropiano

      Commettiamo errori, come tutti gli esseri umani. Il paese si chiama Bangladesh tutto attaccato (quindi nemmeno Bangadesh) e la data del crollo del Rana Plaza o Savar Building, che ha ucciso 1.130 operai, operaie, bambini (2.500 i feriti) è il 24 aprile 2013. Capita di andare a memoria, lavorando molto e spesso di corsa, e sicuramente è un errore da segnalare. Ma non sfruttiamo bambini, non li paghiamo sotto il livello di sopravvivenza, non li chiudiamo a chiave in laboratori fatiscenti che crollano di frequente. DOvendo soppesare errore ed orrore, preferiamo stare dalla parte dell’errore…


  • Francisco

    Il primo pensiero è andato lì ovviamente, alla solida catena di sfruttamento di manodopera a costo quasi zero.
    Un secondo pensiero va una posizione da prendere colle molle, il sistema ci metterà un niente a tacciare di fiancheggiatore chi metterà in evidenza un effetto che probabilmente neanche gli attentatori avevano in testa, una sorta di vendetta verso gli sfruttatori e una automatica tendenza a proteggere gli sfruttati, una lotta di classe in salsa islamica.
    Se l’ISIS la mette su questo piano, e presumo prima o poi lo faccia con l’alibi del “dagli all’infedele”, ci saranno tempi molto bui.


  • Francisco

    Hai ragione Federica, era aprile 2013, questo naturalmente sposta tutto il discorso vero?

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