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Tokyo. Il nazionalista Abe si prende il Senato, ora punta alla Costituzione

Forte della vittoria appena riportata dalla sua coalizione nel voto per il rinnovo del Senato il premier nazionalista giapponese, Shinzo Abe, ha subito annunciato l’intenzione di avviare colloqui con gli altri partiti politici per modificare ulteriormente la costituzione “pacifista” del Paese.

Il Partito Liberaldemocratico di Abe (centrodestra nazionalista) e l’alleato centrista Komeito hanno ottenuto insieme 70 dei 121 seggi in palio al Senato (56 l’LDP e 14 il Komeito), rispetto ai 59 detenuti in precedenza, superando ampiamente la maggioranza assoluta. Un risultato ottimo e oltre le aspettative per Abe che si era prefissato come obiettivo soddisfacente la conquista di ‘soli’ 61 seggi. In tutto la coalizione di governo può contare ora al Senato su 77 seggi, cui si aggiungono 4 ‘indipendenti’ vicini a posizioni nazionaliste.

L’altra metà del 242 seggi del Senato sarà rinnovato tra tre anni ma intanto il governo controlla saldamente i due terzi del Senato, oltre che i due terzi della Camera bassa, il che vuol dire che Abe potrà indire un referendum per imporre le prime modifiche alla legge fondamentale intoccata da settant’anni. “Spero che il dibattito su questa questione si intensificherà” ha detto il un conferenza stampa Abe, il cui partito Liberaldemocratico da sempre sostiene la riforma della carta fondamentale giapponese, dettata nel 1947 dagli Stati uniti dopo la sconfitta di Tokyo alla fine della Seconda guerra mondiale e l’occupazione del paese.

Per i nazionalisti giapponesi di destra la Costituzione in vigore rappresenta una umiliazione insopportabile, ma la maggioranza dei cittadini del paese tiene ancora al mantenimento all’articolo 9, quello che ripudia “per sempre” la guerra e che per molti decenni ha impedito a Tokyo di ricostituire il proprio esercito. Secondo gli esperti il premier potrebbe non prendere di mira direttamente l’articolo 9, accontentandosi in un primo tempo di emendamenti più soft per non allarmare l’opinione pubblica interna.

Recentemente il governo di Shinzo Abe ha comunque già di fatto aggirato gli articoli ‘pacifisti’ della Costituzione giapponese non solo rafforzando e riarmando le forze armate, ma prevedendo che possano partecipare anche a missioni fuori dal territorio nazionale. Ciò che ora manca è un adeguamento della Carta Costituzionale alle nuove norme già imposte dalla coalizione di centro-destra impegnata in un duello economico-militare soprattutto con la Cina. In particolare il governo di Tokyo ha investito soprattutto nella rapida creazione di una possente marina da guerra, già impegnata negli ultimi anni in crescenti e pericolose scaramucce con quella di Pechino per il possesso di alcuni arcipelaghi contesi dalle due potenze.

Nonostante gli scarsi risultati ottenuti in politica economica – la cosiddetta Abenomics ha avuto effetti assai contenuti sull’occupazione e sui consumi – il premier giapponese continua a collezionare una vittoria elettorale dopo l’altra, rafforzando il controllo delle istituzioni e indebolendo le opposizioni di centro-sinistra e sinistra, parte delle quali molto critiche nei confronti della corsa agli armamenti e della escalation nazionalista in cui Abe ha coinvolto il Giappone.

Per le opposizioni le elezioni sono andate molto male. In particolare per il Partito Democratico, che ha perso 11 seggi passando dai 60 che deteneva a 49. Una sconfitta netta nonostante la recente fusione con il piccolo Partito dell’Innovazione e l’alleanza elettorale con il Partito Comunista (che ottiene 6 seggi, raddoppiando il precedente risultato) e altre due formazioni minori di centrosinistra.

Per evitare che lo scontento popolare diffuso per gli scarsi effetti della sua politica economica (Pil stagnante e deflazione) potessero ripercuotersi sui consensi al suo Partito Liberaldemocratico, Abe ha rinviato per la seconda volta il previsto aumento dell’Iva ed ha promesso in caso di vittoria nuovi incentivi fiscali alle imprese. E alla fine l’ha spuntata, diventando il primo premier giapponese a poter contare sul controllo totale della Camera e del Senato.
Anche se a votare sono andati solamente il 54.7% degli aventi diritto, due punti in più rispetto al 52.6 registrato alle elezioni per il Senato di tre anni fa ma comunque un netto segnale di disaffezione di quasi metà dell’elettorato.

La Borsa giapponese ha accolto con entusiasmo la vittoria oltre le aspettative di Abe, ma ovviamente il risultato elettorale non farà altro che acuire la tensione nell’area. Pechino non potrà non reagire alle mosse di Tokyo con analoghe decisioni in campo militare ed economico, e la competizione tra le due potenze non potrà che crescere.

Marco Santopadre

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