Il 7 luglio Vladimir Putin ha apposto la firma presidenziale alla nuova legge antiterrorismo, approvata dalla VI Duma lo scorso 24 giugno, sul filo di lana, nell’ultimo giorno di attività prima della sosta estiva e, in pratica, dell’elezione della nuova Duma, a settembre. Il “pacchetto Jarova” (dal nome della deputata Irina Jarova, che lo ha presentato insieme al senatore Viktor Ozerov), sembra inasprire di molto la precedente normativa e anche l’ufficiale RBTH scrive che “Medialogia, il sistema di monitoraggio automatico dei media, ha subito classificato il “pacchetto Jarova” al primo posto nella top 10 dei provvedimenti legislativi più dirompenti” adottati dalla Duma negli ultimi cinque anni.
La novità più evidente è data dalla comparsa nel Codice penale della nuova figura di “omessa denuncia di reato”, che prevede pene detentive per mancata denuncia di informazioni su attività terroristiche, insurrezione armata e reati analoghi. Il nuovo articolo sul terrorismo internazionale prevede fino all’ergastolo per chi compia o minacci atti terroristici fuori dei confini russi, con vittime russe. Si allarga la rosa di reati per i quali la soglia di responsabilità penale parte dai 14 anni di età; la legittimazione via web di gruppi terroristici comporta una pena detentiva di 7 anni. Nella sfera delle telecomunicazioni, gli operatori sono tenuti a conservare i dati di telefonate e corrispondenza per sei mesi e a memorizzare i metadati per tre anni, mentre i gestori di servizi internet con dati criptati sono obbligati a fornire le chiavi di codifica in caso di richiesta del FSB (Servizio Federale di Sicurezza). Sul piano strettamente tariffario, per la telefonia si valutano aumenti del 200 o 300%; il gruppo mail.ru stima una spesa sui 2 miliardi $, con costi annuali di gestione da 80 a 100 milioni $.
In superficie, il rumore più grosso è stato quello degli operatori di telefonia, allarmati per il brusco balzo di costi che l’operazione comporterebbe. Dal Cremlino ci si è per ora limitati a placare tali timori, ipotizzando prossime modifiche al “pacchetto Jarova”, all’apertura della nuova, VII Duma.
Quali possono essere le conseguenze sociali della “Introduzione di modifiche alla legge federale “Sulla lotta al terrorismo” e alcuni atti legislativi della Federazione Russa per l’introduzione di ulteriori misure di contrasto al terrorismo e garanzia della sicurezza pubblica”? Secondo Rot Front, il “pacchetto Jarova” rovinerà definitivamente i russi; aumenteranno tasse, controlli e pene: nel paese gli ospedali sopravvivono a malapena, ma si buttano miliardi in internet e in inutili archivi dati. Le spese sanitarie per il 2016 sono state di 480 miliardi di rubli, scrive Rot Front; per l’istruzione, poco più di 500 miliardi. Poi, però, per il “pacchetto Jarova” i soldi si sono trovati; ad esempio, 500 miliardi per attrezzare al pacchetto le strutture delle Poste Russe. Secondo Jarova, le spese principali ricadranno sulle spalle delle grosse compagnie. Ma, obietta Rot Front, operatori come Megafon, MTS, Vympelkom valutano le spese di adeguamento in 61 miliardi di $, con tutto che i tre, insieme a Tele2, nel 2015 hanno guadagnato 18 miliardi $; Mail.ru dovrà spendere 2 miliardi $, ma ha guadagnato solo 592 milioni. Per coprire tale differenza non rimane che aumentare le tariffe, ma intanto, gli operatori hanno chiesto al Governo l’introduzione di nuove tasse che vadano a coprire le loro spese. Aumentano così le tariffe sui servizi comunali e con esse “il controllo sociale: dappertutto videocamere, sorveglianza su internet e sulle telefonate. Fino a poco tempo fa in TV non si parlava che di democrazia. Ma la democrazia in Russia è finita, senza cominciare, quando fu cannoneggiato il Palazzo dei Soviet e fu adottata la Costituzione “di sangue”, quella eltsiniana. Oggi, a parlare di democrazia, sono solo i liberali scamosciati, che sognano di costruire il proprio “buon” capitalismo” – scrive Rot Front, che ricorda anche, tra le nuove misure, si inasprisce la pena per “estremismo”, o per “incitamento all’odio o all’ostilità”; pene da 5 a 10 anni di reclusione per “predisposizione a disordini di massa”.
Tutto ciò avviene, secondo Svetlana Maksimova, perché “il governo è consapevole della tragedia che si avvicina, con il brusco peggioramento delle condizioni di vita di vasti strati di popolazione, soprattutto con istruzione e sanità ridotte a merce: scuole e ospedali vengono “ottimizzati” e al loro posto sorgono centri commerciali, con prodotti che i cittadini non sono più in grado di comprare”. Dunque “dietro la lotta contro la minaccia terroristica, si cela quella contro i nemici del sistema. Si riducono i diritti dei cittadini, ma si decuplicano quelli dei grandi proprietari. Già oggi, di tutti i diritti rimane solo uno: il diritto alla proprietà privata”.
Secondo Sovetskaja Rossija, soffriranno del “pacchetto Jarova” non solo i cittadini, ma addirittura la sicurezza nazionale e le imprese nazionali: per organizzare le necessarie infrastrutture previste dalle nuove norme, serviranno almeno 7 trilioni di rubli, oltre la metà delle entrate di bilancio 2015. Inoltre, tutte le informazioni, anche segreti di Stato, saranno concentrate in un unico luogo, con il pericolo di fughe di dati. Ma il nucleo principale è dato dal “controllo totale sulla popolazione: le autorità potranno controllare il sito su cui stiamo navigando, quale articolo leggiamo e potranno collegarsi a videocamera e microfono del nostro notebook. Sovetskaja Rossija cita Edward Snowden, rifugiato in Russia, che aveva chiesto a Putin di non firmare il “pacchetto” e che, una volta approvato, ha dichiarato che esso “non solo viola i diritti umani, ma contraddice anche il buon senso”: oltre alle conseguenze politiche e costituzionali, rappresenta una tassa di 33 miliardi $ su internet, “senza con ciò innalzare il livello di sicurezza” del paese. Le persone scomode, conclude Sovetskaja Rossija, verranno trascinate in tribunale, mentre gli amati oligarchi continueranno a essere insigniti di premi “Per il contributo dato allo sviluppo del Paese”.
Quegli stessi oligarchi a favore dei quali, i Ministri-monetaristi spellano vivi i poveri, scrive Vasilij Vankov su Svobodnaja Pressa. A giugno l’inflazione è stata al 7,5% e il paniere minimo mensile di prodotti alimentari pari a 3.816 rubli: si tratta della media nazionale, che vede punte di 9.264 rubli in Čukotka, 6.387 in Kamčatka, scendendo a 4.631 a Mosca, pari a una media del +2,1% sul mese precedente e +6,7% da inizio anno. “Privatizzazione dei profitti e nazionalizzazione delle perdite”, con demotivazione sia dei lavoratori, che delle piccole imprese, di fronte a 200-300 magnati finanziari che si impinguano alle loro spalle”, dichiarano alcuni piccoli proprietari. La popolazione passa a prodotti alimentari sempre meno cari ed elimina quasi completamente quelli “accessori”. Secondo l’ordinario di economia politica dell’Istituto “Plekhanov”, Ruslan Dzarasov “la causa fondamentale dell’aumento dei prezzi risiede nel corso neoliberista dei Ministeri economici, con la caduta precipitosa del rublo e il conseguente balzo dei prodotti stranieri, tenendo conto che la Russia importa il 95% di attrezzature industriali. Lo stesso settore agricolo, che ha ricevuto benefici dal blocco dei prodotti stranieri, in risposta alle sanzioni occidentali, deve comunque importare buona parte delle sementi. Ma, a parte i vari tipi di accise e imposte, il presupposto fondamentale dell’inflazione, dice ancora Dzarasov, è dato dal fatto che la produzione dei mezzi di produzione è stata praticamente liquidata, a favore dei settori estrattivi, dell’export delle risorse energetiche e dei rami a basso grado di lavorazione della materia grezza. In una situazione di crisi economica mondiale, quando i prezzi delle materie prime scendono, ciò produce instabilità finanziaria e crea i presupposti per la svalutazione del rublo. E la politica economica neoliberista – proprio oggi Il premier Dmitrij Medvedev ha firmato il decreto per la privatizzazione del 10,9% di azioni di “Alrosa” (Almazi Rossijj e Sakha), il più grande produttore mondiale di diamanti – non solo non è in grado di contrastare tale deterioramento strutturale dell’economia, ma, al contrario, lo accentua. A ciò, a parere di Dzarasov, si aggiunge il fatto che la gamma di prodotti su cui è calcolato l’indice dei prezzi al consumo comprende anche i prodotti di lusso, il cui prezzo cresce molto più lentamente rispetto ai beni di consumo quotidiano: nel calcolo dell’inflazione vengono inseriti tutti i prezzi, in modo da abbassarlo. Lo scorso anno, il tasso ufficiale di inflazione è stato del 13%, ma “l’inflazione sociale”, cioè l’aumento dei prezzi per i beni di largo consumo è arrivata al 40%.
E’ fuori di dubbio che la Russia stia dando un contributo determinante alla lotta al terrorismo e debba anche fare i conti con vaste aree interne, in cui trovano facile terreno le spinte islamiste. É però discutibile che ciò debba portare a una spirale di controllo di massa, non solo contro la cosiddetta “opposizione liberale” che sta preparando la “Russia dopo Putin”, ma anche contro ogni antagonismo sociale delle masse che, di quei “liberali”, continuano da 25 anni a essere le vittime.
Fabrizio Poggi
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