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Marocco, rivolta contro i rifiuti in arrivo dall’Italia

In Marocco non accenna ad attenuarsi la polemica innescata dall’arrivo nel paese dalla Campania (ma su questo è giallo) di parecchie migliaia di tonnellate di rifiuti che dovrebbero essere bruciati nei cementifici del paese nordafricano. Nonostante le rassicurazioni del governo di Rabat, le associazioni ambientaliste, i comitati spontanei di abitanti delle zone dove dovrebbe essere trattata l’immondizia trasferita dal sito di Taverna del Re e ora anche numerosi esponenti politici continuano a far pressione affinché il governo blocchi il contestato progetto.

Da settimane ormai fioccano petizioni, interrogazioni parlamentari, inchieste giornalistiche e denunce più o meno circostanziate da parte di una vasta rete di soggetti che si è organizzata in una coalizione stabile – sono quasi duecento entità riunite nella ‘Coalition marocchine pour la joustice climatique’ – contro quello che viene definito un utilizzo neocoloniale del territorio marocchino sulle spalle degli interessi e della salute delle popolazioni locali, oltre che dell’ambiente e dell’agricoltura. Ieri addirittura la ministra dell’Ambiente di Rabat, Hakima Elhaite, si è in qualche modo espressa, nel corso di una conferenza stampa, contro l’arrivo di una nave carica di ben 2500 tonnellate di spazzatura proveniente da non si sa dove ma già partita e, sembra, pure arrivata. Un intervento scomposto che ha contribuito alla confusione quello dell’esponente del governo marocchino.

A quanto denunciano i promotori della protesta, l’immondizia che la Campania non riesce a trattare e smaltire – non certo per colpa dei comitati che si sono opposti alle discariche e agli inceneritori, ma degli amministratori e dei governi incapaci e interessati esclusivamente a spartirsi la torta dei finanziamenti – dovrebbe essere ora bruciata dagli impianti che producono cemento nelle regioni di al Jadida, Casablanca e Settat. I responsabili locali degli impianti tentano di tranquillizzare i cittadini allarmati affermando di avere a disposizione tutte le autorizzazioni ambientali e che si tratterebbe comunque di rifiuti normali, non particolarmente inquinanti (peccato che i processi di combustione di certi tipi di plastica producano anche diossina ed altri elementi notevolmente tossici…).

Secondo la stampa locale una parte dei rifiuti destinati ai cementifici è già arrivato, scaricato sulle coste marocchine tra al Jadida e Safi, ma la ministra dell’ambiente smentisce in parte i funzionari delle imprese di cui sopra: “i rifiuti non sono ancora stati inceneriti, è tutto fermo a Bouskoura in attesa dei risultati delle analisi”. Segno che non è così pacifico che si tratti di immondizia regolamentare. Lei stessa giorni fa aveva assicurato che i rifiuti erano già arrivati presso gli stabilimenti che avrebbero dovuto smaltirli e che le analisi effettuate prima in Italia e poi in Marocco avevano permesso di dare l’ok all’operazione. Che però secondo le nuove dichiarazioni non sarebbe invece iniziata. Nel corso della conferenza stampa di ieri Hakima Elhaite – esponente del Partito Popolare di centrodestra – ha detto cose molto contraddittorie e la sua credibilità certo non ne ha guadagnato, a pochi mesi dalle elezioni del 7 ottobre e dalla conferenza per la Cop 22, la conferenza sul clima – e l’inquinamento – prevista per novembre a Marrakech.

L’estensione trasversale della protesta ha convinto e obbligato il partito di maggioranza islamico, “Giustizia e Sviluppo”, a votare a favore della costituzione di una apposita commissione d’inchiesta parlamentare, sperando naturalmente nella sperimentata e tradizionale inconcludenza ed inefficacia di simili strumenti.

D’altronde la vicenda al centro delle proteste non sarebbe che la punta di un iceberg che finora è passato relativamente inosservato, a livello di massa e mediatico, nel paese nordafricano. E’ la stessa ministra dell’Ambiente a dare qualche numero nel tentativo di rispondere agli ambientalisti che denunciano un traffico crescente di rifiuti pericolosi: “In Marocco arrivano ogni anno 450 mila tonnellate di questi rifiuti. Sono rifiuti di tipo Rdf, refuse derive fuel, e sappiamo che non si tratta di spazzatura qualsiasi. Abbiamo affidato le analisi a una società francese. I documenti di accompagnamento che sono italiani attestano la non pericolosità. Ma il laboratorio francese ora ci dirà se il carico è in linea con i parametri Ue, se è nocivo per la salute dei cittadini” promette di nuovo smentendo sé stessa e il suo governo Hakima Elhaite. Secondo la quale i rifiuti al centro della protesta arriverebbero da Pescara, non da Napoli, e sarebbero corredati della dichiarazione anti-mafia dell’azienda, la Deco, che è pure accreditata dall’Unione Europea. Ma allora perché questi documenti il governo marocchino non li rende pubblici?

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1 Commento


  • Salvatore

    Avevano propagandato che finalmente le ecoballe di rifiuti da taverna del re in campania finalmente venivano smaltite!!!! Chevi politici regionali della Campania mantenevano le promesso!!! Se questa è la soluzione!!! Inquinare altrove!!!! Complimenti.spero che la magistratura approfondisca questa vicenda

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