Rimane alta l'attenzione agli avvenimenti dei giorni scorsi in Crimea. Alle 14.30 (le 13.30 in Italia) di ieri la Tassa comunicava che Petro Porošenko aveva dato ordine di “portare al livello di massima allerta tutti i reparti dislocati nell'area del confine con la Crimea e lungo la linea di separazione nel Donbass”. Alle 16, ancora la Tass comunicava che Porošenko aveva dato indicazioni al Ministero degli esteri ucraino di avviare colloqui telefonici con Putin, Merkel, Hollande, oltre che col presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk e col vice presidente USA Joe Biden. Il Ministro degli esteri Pavel Klimkin era stato incaricato di chiedere alla missione Osce in Ucraina di aumentare il numero di osservatori alla frontiera tra Ucraina e Crimea.
Secondo il presidente della Commissione esteri della Duma russa, Aleksej Puškov, Kiev “vorrebbe trasformare il “formato normanno”, in uno schermo per coprire la propria linea di azioni militari e atti di sabotaggio. Ma a noi tale “formato” non serve”.
Molti siti russi sottolineano il silenzio occidentale sulla vicenda. Il politologo Andrej Manojlo scrive su news-front.info che il Dipartimento di stato ha preso le distanze dall'Ucraina e ha deciso di non commentare gli atti terroristici in Crimea: “gli USA reagiscono a qualsiasi azione da parte ucraina solamente quando questa tocca direttamente gli interessi americani”; altrimenti le azioni di Kiev non vengono criticate pubblicamente da Washington". Il fatto è, afferma Manojlo “che agli USA non è mai interessato il futuro dello Stato e tantomeno del popolo ucraino. Gli americani sono interessati al controllo solo sulle funzioni statali ucraine necessarie alla politica di contrapposizione con la Russia. Washington ha altro cui pensare”. Ma anche governi e media europei hanno dedicato scarsissima attenzione al fatto: anche l'Europa, dopo il Brexit, ha altro cui pensare. Inoltre, nota ancora Manojlo, la UE si riserva di fare pressioni su Kiev al prossimo incontro del “quartetto normanno”, per quanto sia molto dubbio che si tenga. Il presidente della Commissione esteri del Senato russo, Konstantin Kosačev, chiede che Berlino e Parigi, affinché il “formato normanno” possa continuare a funzionare, esigano da Kiev di rinunciare ad azioni violente.
L'unico esponente occidentale che sinora si è espresso categoricamente sui fatti è l'ambasciatore (ancora per poco) USA a Kiev Geoffrey Pyatt, che ha detto trattarsi di una provocazione del FSB russo: “E' la sua opinione personale e il Dipartimento di stato non si assocerà a tale punto di vista”, conclude Manojlo. Opposto, il punto di vista del presidente della Crimea Sergej Aksenov, secondo il quale dietro i tentativi terroristici nella penisola ci sarebbe proprio il Dipartimento di stato USA: “agli esponenti ucraini non sarebbe bastato lo spirito per simili azioni”, ha dichiarato Aksenov.
E oggi il vice presidente USA Joe Biden afferma che la prossima amministrazione statunitense, nei confronti della Russia, “dovrà unire, a un urgente contenimento, una ragionevole tendenza alla collaborazione tattica e alla stabilità strategica”. Al tempo stesso, Biden sostiene che le azioni di Mosca in Crimea e in Ucraina orientale “violino il principio fondamentale stabilito alla fine della Seconda guerra mondiale: quello della sovranità e della inviolabilità delle frontiere”. Biden, dopo aver ricordato che l'amministrazione Obama ha portato a 3,4 miliardi di dollari le spese per la Nato in Europa e il dispiegamento di truppe in Polonia e paesi Baltici, ha affermato che la prossima amministrazione “dovrà raddoppiare gli sforzi per il rafforzamento della Nato e la partnership con la UE”.
Secondo la Nato, d'altronde, ogni “pretesa” di Mosca nei confronti di Kiev è priva di fondamento e le accuse russe per gli avvenimenti in Crimea non sono dimostrate. Tant'è che Kiev ha colto la palla al balzo e ha fornito, a distanza di tre giorni, la propria versione dei fatti: uno scontro a fuoco tra militari russi e guardie di frontiera russe del FSB!
E dopo le polemiche da parte ucraina per la decisione di Mosca di richiamare l'ambasciatore Mikhail Zurabov, per sostituirlo con Mikhail Babič (Kiev non ha sinora espresso il proprio “agreement” al nuovo nome), a Mosca si starebbe esaminando addirittura l'eventualità di rompere i rapporti diplomatici con Kiev. Secondo rusvesna.su, potrebbe essere questa, per ora, la più immediata conseguenza delle parole di Vladimir Putin, secondo cui “la Russia non lascerà senza risposta l'uccisione di propri militari”. A ogni buon conto, esercitazioni militari russe sono iniziate ieri nella regione militare meridionale, compreso il bacino del mar Nero.
Nella capitale russa, i commenti politici spaziano dal semplice “E' tempo di rafforzare i controlli alle frontiere”, a “la parte ucraina non abbandona i tentativi di destabilizzare la situazione in Crimea”; oppure “i sabotatori non erano semplici “autodidatti”, bensì persone dirette da strutture statali: si tratta perciò di terrorismo di stato”. Viktor Ozerov, presidente della Commissione difesa del Senato, da un lato ritiene improbabile un coinvolgimento diretto delle forze armate ucraine, ma, “d'altra parte, all'ultimo vertice Nato Porošenko aveva discusso della deoccupazione della Crimea. Penso che ciò, per alcuni elementi radicali, sia stato il segnale per passare dalle parole ai fatti”. Solo alcuni pongono l'accento sulla fratellanza dei popoli russo e ucraino e si augurano che gli ucraini arrivino presto a un cambio di regime. Leonid Kalašnikov, vice presidente della Commissione esteri della Duma, ha dichiarato che “Da tempo l'Ucraina ci tratta da nemici, mentre noi la vezzeggiamo, come si farebbe con una sorella con cui si è un po' litigato. Quanto accade in Crimea, esce dagli schemi. Credo sia tempo di preparare azioni precise del Presidente, del Ministero degli Esteri e del governo". Il vice speaker della Duma, Sergej Železnjak non fa complimenti: “E' l'ultimo avvertimento al regime di Kiev. Se non lo hanno sentito, allora sono dei suicidi. Il castigo per i nostri ragazzi uccisi è inevitabile. Con l'attacco in Crimea in coincidenza dei giochi di Rio, si è ripetuto l'attacco di Saakašvili a Tskhinvali durante le Olimpiadi di Pechino del 2008”. Il capo delegazione della DNR ai colloqui di Minsk, Denis Pušilin ha detto che “gli USA tentano di provocare la Russia con le mani di Kiev”.
Solo Pravda.ru sembra sdrammatizzare un po' la faccenda: Immaginate una situazione analoga a quella con Erdoğan: di colpo Porošenko dichiara che “majdan è stata organizzata dagli USA, la CIA finanzia i banderisti, il genocidio nel Donbass è stato preparato da Turčinov e dai generali rivoltosi di loro iniziativa, gli attentati in Crimea sono opera dei terroristi tatari-crimeani di Lenur Isljamov”, dopo di che telefona a Putin e vola all'incontrarlo a Piter.
Nei giorni scorsi, su Facebook, qualcuno faceva notare che è tempo che anche i media russi si adeguino e, sulla scia di Vladimir Putin, la smettano di far precedere ai nomi delle Repubbliche popolari del Donbass le etichette di “autoproclamatesi” oppure di “cosiddette”. Forse è presto perché Mosca riconosca ufficialmente DNR e LNR, ma sembra che Kiev faccia di tutto perché questo avvenga.
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