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La Croazia di nuovo a destra, spettro ingovernabilità

I risultati definitivi delle elezioni politiche anticipate tenutesi ieri in Croazia confermano una chiara vittoria dell'eurodeputato di destra nonché diplomatico di carriera Andrej Plenkovic il cui partito, l’Hdz, ha ottenuto una maggioranza relativa nel parlamento di Zagabria.

Secondo i dati relativi allo spoglio di tutti i seggi, diffusi stamattina dalla Commissione elettorale centrale (Dip), l'Unione democratica croata (Hdz) guidata da Plenkovic ha ottenuto il 36% e 61 deputati, dei 151 che compongono il Sabor, il parlamento monocamerale di Zagabria. Invece i socialdemocratici dell'ex primo ministro Zoran Milanovic (che ha guidato il paese dal 2011 al 2015), insieme ad altri tre partner minori della coalizione di centrosinistra, ottengono complessivamente il 33% ma solo 54 seggi, ben 5 in meno rispetto alle precedenti elezioni del novembre scorso. I liberali populisti di ‘Most’ (Il ponte) si aggiudicano 13 seggi e probabilmente saranno loro a determinare chi governerà. Anche se il nuovo movimento politico si dichiara teoricamente disponibile a formare coalizioni sia con il centrodestra che con il centrosinistra, i liberisti di Most sono da sempre più vicini ai nazionalisti di destra dell’Hdz – insieme hanno governato negli ultimi sei mesi prima dello scioglimento anticipato del parlamento – e di tendenza nazionalista e conservatrice nonostante il tentativo di accreditarsi come forza ‘nuova’ ed estranea al tradizionale sistema politico del paese.

Ma anche una coalizione Hdz-Most più qualche indipendente sarebbe lontana dalla maggioranza assoluta e un eventuale governo di minoranza avrebbe vita breve, ricacciando la Croazia nell’incubo dell’ingovernabilità anche se alla destra andasse il sostegno dei rappresentanti della minoranza serba, che ha tre seggi garantiti in parlamento, mentre stavolta la destra estrema non è riuscita a superare la soglia di sbarramento e ad entrare al Sabor.

A meno di una coalizione tra i due maggiori partiti, sul modello tedesco, che però rappresenterebbe una novità assoluta nel paese balcanico. Ma la ‘grande coalizione’ potrebbe essere l’unica soluzione per dare in tempi brevi un governo a Zagabria che possa, dopo l’impasse seguita alle precedenti elezioni, imporre nel paese i diktat dell’Unione Europea, a partire da un pacchetto lacrime e sangue di privatizzazioni e liberalizzazioni.

Le elezioni anticipate hanno fatto registrare ieri una scarsa affluenza alle urne, tra le più basse nella storia della Croazia: alle urne è andato solo il 52% dei 3,8 milioni di aventi diritto.

La campagna elettorale è stata caratterizzata da una parziale inversione dei ruoli rispetto alla tradizione politica croata post-indipendenza. Mentre Plenkovic ha abbassato i toni tentando di distinguersi dal tipico discorso aggressivo e ultranazionalista del partito all’interno del quale esistono frange apertamente neofasciste e nostalgiche, il socialdemocratico Milanovic ha tentato di rincorrere gli umori sciovinisti di parte della popolazione scagliandosi contro la Serbia proprio in un momento in cui i rapporti tra i due paesi sono tornati ad essere infuocati. Venerdì scorso una ventina di persone incappucciate ha aggredito violentemente sei giovani pallanuotisti serbi del Partizan Belgrado causando loro diverse ferite e fratture. Mentre Belgrado protestava con veemenza, nella capitale serba il commissario europeo per l'allargamento della Ue, l'austriaco Johannes Hahn, si è schierato con il premier liberale ed europeista Aleksandar Vucic elogiando il comportamento responsabile della Serbia a fronte "delle ripetute dichiarazioni provocatorie provenienti da Zagabria". Da tempo la Croazia è accusata da Belgrado di boicottare i negoziati per l’adesione della Serbia all’Unione Europea e l’aggressione di stampo neofascista a danno dei sei giovani atleti del Partizan ha rinfocolato le polemiche proprio alla vigilia del voto.

Come se non bastasse, pochi giorni fa un agente della Vsoa, l’intelligence militare di Zagabria, è stato arrestato dagli agenti dei servizi serbi e condannato a dieci anni di reclusione (poi ridotti a tre, probabilmente in seguito alla sua disponibilità a collaborare): l’accusa è di aver passato per anni, anche all’Nsa statunitense, numerosi segreti vitali per la sicurezza nazionale di Belgrado.

Questo mentre la presidente croata Kolinda Grabar-Kitarovic, esponente di destra e per anni dirigente della Nato, dichiara che “l’antifascismo è un nostro valore costitutivo” ma poi esprime ammirazione per un cantante nazirock croato che nei suoi pezzi loda “gli eroi e i martiri patrioti Ustascia”, cioè la milizia fascista agli ordini del dittatore Ante Pavelic, che durante la Seconda Guerra Mondiale collaborò attivamente con la Germania nazista e l’Italia mussoliniana nella persecuzione delle opposizioni e nello sterminio dei serbi, degli ebrei e delle altre minoranze. Senza contare che recentemente il governo croato ha organizzato negli edifici istituzionali dell’Unione Europea a Bruxelles una mostra celebrativa del cardinale Stepinac, capo della chiesa cattolica croata sempre durante il secondo conflitto mondiale e promotore della attiva collaborazione del clero nei pogrom contro gli antifascisti, i serbi, i rom e gli ebrei che causarono diverse centinaia di migliaia di morti.
Dopo decenni di sostegno indiscriminato della cosiddetta comunità internazionale nei confronti della Croazia e di persecuzione sistematica della Serbia, sembra proprio che da qualche tempo sia Zagabria a preoccupare l’Unione Europea e la stampa internazionale.

 

Marco Santopadre

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