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Iran-Arabia Saudita, guerra sul pellegrinaggio

Il nuovo terreno di scontro tra sauditi ed iraniani è il pellegrinaggio alla Mecca. Cominciato sabato 10 settembre, l’Hajj (Pellegrinaggio in arabo, ndr) non ha visto la partecipazione degli iraniani (circa 70 mila persone in base alle quote che ogni paese musulmano possiede per far partecipare i propri fedeli). Le autorità di Teheran, infatti, hanno deciso di boicottare il pellegrinaggio, uno dei cinque pilastri dell’Islam, nei luoghi santi di Mecca e Medina per protestare contro la scellerata gestione della sicurezza da parte delle autorità saudite.

Il riferimento è legato alla strage di Mina, avvenuta durante l’hajj dell’anno scorso, nella quale morirono oltre 2400 fedeli, secondo i dati della stampa estera, e 800 musulmani, secondo le autorità saudite. Tra le vittime, provenienti da 39 differenti paesi, furono circa 500 gli iraniani. Polemizzando con la dinastia dei Saud, titolare della gestione dei luoghi santi, l’Ayatollah Khamenei ha accusato le autorità saudite circa la responsabilità della morte di “migliaia di fedeli” e sul fatto che “tutti i musulmani devono riflettere in merito ad un cambiamento sulla gestione dei luoghi santi, delle due moschee di Mecca e Medina e dei pellegrini con un coinvolgimento di tutti i paesi di fede islamica”.

Secondo le autorità iraniane è “ assolutamente inammissibile la carenza di misure di sicurezza per un luogo nel quale giungono annualmente oltre 1 milione e mezzo di fedeli” come sono inaccettabili “il mancato riconoscimento delle vittime di Mina, subito seppellite dalle autorità saudite, o la mancanza di cooperazione in termini di sicurezza, in particolare per i musulmani di fede sciita” richiesta dagli iraniani.

La risposta saudita non si è fatta attendere. Attraverso l’agenzia stampa reale ed il giornale Makka, i sauditi hanno dichiarato che “le autorità iraniane mirano a politicizzare l’hajj”. Meno diplomatiche e morbide le affermazioni del gran muftì della Mecca che ha etichettato i fedeli sciiti come “falsi appartenenti all’Islam” affermando che “gli iraniani non sono veri musulmani”.

Una simile protesta non avveniva dal ‘79 e mette in evidenza quanto siano ormai difficili e tesi i rapporti tra le due potenze regionali. In effetti sono sempre più numerosi gli episodi e gli scenari di confronto tra i due paesi per ottenere un’egemonia in tutto il medio-oriente. La condanna a morte, nel gennaio 2016, per 47 detenuti di fede sciita, tra cui l’imam Nimr Al Nimr, e le conseguenti proteste da parte iraniana, sfociate con l’assalto all’ambasciata saudita a Teheran, sono due esempi eclatanti. Lo stesso si può dire per lo scontro armato indiretto tra sauditi ed iraniani in paesi come la Siria, l’Irak e lo Yemen. Altra contrapposizione evidente è quella relativa all’eliminazione delle sanzioni nei confronti dello stato sciita con un successivo   miglioramento delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti oppure il conseguente riavvicinamento e consolidamento di relazioni ed alleanze tra la petromonarchia saudita e lo stato israeliano.

Ryiad, oltre alle cocenti sconfitte nell’arena yemenita o in quella siriana (attraverso i gruppi ribelli affiliati e finanziati dai Saud), deve affrontare in questi giorni un’ulteriore problema. La conferenza sul sunnismo, che raccoglie i massimi esponenti religiosi del mondo islamico, ha classificato il wahhabismo (corrente religiosa di stato diffusa dal regno saudita) come una corrente che non appartiene all’Islam Sunnita. La conferenza, che quest’anno si è tenuta a Grozny in Cecenia, ha radunato otre duecento religiosi delle principali scuole teologiche sunnite: Al Ahzar (Egitto) e Zaytouna (Tunisia) prime fra tutti. Nel suo discorso il Gran Mufti d’Egitto, Cheikh Chawki Allam, ha dichiarato che “il sunnismo (sunna in arabo vuol dire tradizione, ndr) non riconosce il wahhabismo-salafita perché porta un messaggio sbagliato relativo al vero Islam”. Il documento conclusivo, infatti, riporta tutte le problematiche legate alla nascita e diffusione dei gruppi jihadisti-salafiti (Daesh e Al Qaeda per primi) cercando di allontanare l’Islam religioso dalla deriva jihadista.

Nello specifico prende le distanza su differenti punti sostanziali: dalla visione salafita dell’applicazione della legge religiosa (Sharia, ndr) da applicare alla lettera come ai tempi del Profeta, dall’interpretazione più letterale del testo sacro del Corano e, soprattutto, dalla pratica del “terrore” che colpisce indiscriminatamente “chiunque”. Un messaggio di allarme diretto soprattutto alla monarchia saudita che, grazie ai suoi petro-dollari, si è fatta portatrice del wahhabismo globale e che ha utilizzato questa corrente di pensiero per rinforzare la sua influenza nel mondo.

 

Stefano Mauro 

 

fonte: http://nena-news.it/iran-arabia-saudita-guerra-per-il-pellegrinaggio/

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