La procura generale del Bahrein ha aperto un procedimento a carico di sette agenti di polizia accusati di torture e maltrattamenti ai danni di alcuni medici dell’ospedale di Salmaniya, tutti appartenenti alla comunità sciita, durante la loro detenzione durante la repressione delle proteste popolari contro la monarchia autocratica al potere.
Due dei poliziotti contro i quali sono state mosse le accuse più pesanti verranno giudicati dall’Alta corte criminale. In un comunicato diffuso dal governo, viene precisato che i due avrebbero avuto ricorso a “torture e minacce per ottenere le confessioni di sei medici arrestati”.
Lo scorso giugno la corte d’appello ha prosciolto nove imputati, tra medici e personale paramedico dell’ospedale di Salmaniya, il più grande della capitale del paese Manama, ma ha confermato il carcere per il chirurgo Ali al Ekri e per l’infermiere Ibrahim Al Demestani, condannati rispettivamente a cinque e tre anni per il loro sostegno alle contestazioni di piazza del marzo dello scorso anno. In carcere dimangono del resto anche i leader del movimento di protesta, Zainab Al Khawaja e Nabil Rajab.
Da 18 mesi partiti politici e organizzazioni della società civile chiedono al re Hamad bin Isa Al Khalifa – la cui famiglia è sunnita – di varare concrete riforme per una svolta democratica nel piccolo paese del Golfo. Aspirazioni e rivendicazioni portate in piazza pacificamente che hanno però incontrato la durissima reazione del governo che ha scatenato polizia ed esercito contro i manifestanti, moltissimi dei quali sono stati arrestati e alcuni uccisi, con l’aiuto della polizia e dell’esercito di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti intervenuti a sostegno del regime del paese confinante. A manifestare è in particolare la locale comunità sciita, maggioritaria ma di fatto esclusa dalla vita politica ed economica.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa