Si inasprisce il conflitto tra Stato Spagnolo e Catalogna ora che Madrid ha scelto la via dello scontro diretto e della provocazione. L’ennesimo step del braccio di ferro risale a ieri, quando la Corte Costituzionale spagnola ha deciso di annullare la legge regionale, votata nel giugno del 2010 dalla maggioranza dei componenti del Parlament catalano, che di fatto proibisce lo svolgimento delle corride nel territorio della comunità autonoma. Lo storico voto dell’assemblea catalana era avvenuto al termine di una lunga serie di mobilitazioni e sulla base di una legge di iniziativa popolare e la legge era entrata in vigore il 1° Gennaio del 2012.
Per otto giudici della Consulta – gli altri tre hanno votato contro – che hanno accolto così il ricorso presentato da due senatori del Partito Popolare, la regolamentazione della corrida, dichiarata “bene culturale nazionale” dal governo di destra di Mariano Rajoy, sarebbe di competenza esclusiva dello Stato e quindi le comunità autonome non avrebbero alcun diritto a proibirla. La Consulta afferma di riconoscere alle regioni la facoltà di regolamentare gli “spettacoli taurini” e di proteggere gli animali (come però non è dato sapere…) ma non di abolire la “fiesta nacional”, violando così l’articolo 149 della Costituzione spagnola, che attribuisce alle istituzioni statali la regolazione delle attività e del patrimonio culturale.
Ovviamente la decisione della Corte Costituzionale di Madrid ha scatenato un’ondata di reazioni e di polemiche da parte di tutto il composito e variegato fronte indipendentista e di sinistra catalano. La sindaca di Barcellona Ada Colau, espressione della coalizione di centrosinistra BEC che comprende anche Podemos, ha affermato perentoria: «la Corte costituzionale dica quello che vuole, faremo rispettare le normative che vietano il maltrattamento degli animali».
Da parte sua il ‘conseller’ (Ministro) al Territorio e alla Sostenibilità della Generalitat, il governo regionale catalano, Josep Rull, ha affermato che “le corride non torneranno a svolgersi in Catalogna nonostante ciò che afferma il Tribunale Costituzionale” e che Barcellona ricorrerà a tutti gli strumenti a propria disposizione per bloccare la decisione della Consulta.
La sinistra indipendentista della Cup ha denunciato l’inaccettabile decisione della Consulta come l’ennesima dimostrazione che il diritto a decidere dei catalani viene violato in continuazione da Madrid, e che quindi la strada da percorrere non possa essere che quella della ‘disobbedienza’ e della insubordinazione agli organismi politici e alle istituzioni statali.
Proprio ieri, sul fronte dello scontro istituzionale e politico tra Madrid e Barcellona, migliaia di manifestanti hanno protestato davanti alla sede dell’assemblea regionale catalana contro la decisione del Tribunale Costituzionale di accusare la presidente del Parlament, Carme Forcadell, dei reati di ‘disobbedienza’ e ‘prevaricazione’
La manifestazione era stata lanciata poche ore prima dall’associazionismo sovranista – ANC, Òmnium Cultural e AMI – dopo la diffusione della notizia che la magistratura spagnola aveva aperto un’inchiesta sull’esponente indipendentista accusata di aver permesso e non annullato una votazione del parlamento catalano che, lo scorso 27 luglio, aveva approvato una road map di avvicinamento all’indipendenza. In piazza a Barcellona ieri pomeriggio anche militanti e dirigenti della Cup, di Junts pel Sì (coalizione nazionalista formata da Convergenza e da Esquerra Republicana) e anche di Catalunya si que es pot, che comprende la sezione catalana di Podemos e varie forze locali di sinistra e centrosinistra. Per il prossimo 13 novembre è stata già indetta una nuova manifestazione in difesa delle istituzioni catalane, della democrazia e del diritto all’autodeterminazione.
Un altro fronte di contrapposizione lo ha aperto nei giorni scorsi sempre il Parlamento catalano che, su iniziativa delle forze indipendentiste, sovraniste e di Catalunya si que es pot, ha deciso di avviare l’iter di approvazione di una legge che dichiarerà nulle le sentenze di condanna pronunciate dai tribunali durante la dittatura franchista. Il via libera alla preparazione della normativa è stato votato all'unanimità dal 'Parlament' di Barcellona. L'iniziativa è la prima di questo genere in Spagna, dove la legge di amnistia generale adottata nel corso della transizione fra franchismo e democrazia dopo la morte del dittatore nel 1974 – una transizione pilotata dagli apparati stessi del franchismo desiderosi di integrarsi nell’allora Comunità Economica Europea e nella Nato – ha evitato accuratamente di colpire i responsabili dei crimini commessi durante il regime e di risarcire le vittime. Il paese è ancora pieno di centinaia di fosse comuni con i resti di migliaia di vittime del franchismo, molte ancora non individuate, le condanne contro gli oppositori pronunciate dai tribunali militari rimangono legalmente valide e non sono state previste compensazioni per le famiglie delle vittime della dittatura. "Non vengano a parlarci di amnistie o di transizione: non esiste prescrizione per i crimini contro la umanità" ha detto la relatrice indipendentista della legge, Monstse Palau. La legge di amnistia generale adottata dal palamento di Madrid dopo la morte di Francisco Franco ha impedito finora qualsiasi processo contro i responsabili dei crimini della dittatura. Il disegno di legge della Catalogna prevede di "dichiarare nulli e senza alcun effetto giuridico tutti i consigli di guerra sommari, e le loro sentenze, istruiti in Catalogna dal regime franchista" fra aprile 1938 e dicembre 1975 e di incaricare il governo catalano di consegnare alle famiglie delle vittime certificati di annullamento individuali. Circa 20.800 sentenze di condanna sono state pronunciate solo in Catalogna dai tribunali militari franchisti fra il 1938 e il 1975. Fra le numerose vittime anche il presidente catalano Luis Companys, fucilato dai franchisti il 15 ottobre 1940”.
E’ in questo clima che, nonostante le minacce di destituzione da parte del governo e della Corte Costituzionale di Madrid, il presidente del governo catalano, Carles Puigdemont, ha annunciato un referendum sull'indipendenza della Catalogna nel settembre del 2017. Con questa mossa il leader catalano, incalzato dalla sinistra indipendentista e dalle associazioni sovraniste trasversali, ha rilanciato quanto già stabilito dagli accordi seguiti alla vittoria del fronte sovranista alle scorse elezioni regionali che portarono alla formazione di un governo favorevole al distacco da Madrid.
"Nel giugno 2017 la Catalogna sarà pronta per la disconnessione dallo stato spagnolo", ha detto Puigdemont davanti al parlamento di Barcellona alla vigilia della riconferma della fiducia. Il President ha precisato che a fine luglio convocherà il referendum, che si svolgerà "nella seconda metà di settembre". Se sarà possibile trovare un accordo con Madrid, ha detto, tanto meglio. Altrimenti, ha avvertito, Barcellona andrà avanti comunque con una formula unilaterale.
Marco Santopadre
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