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Usa, la voce della rabbia si è trasfigurata

Osservatori politici nel mondo riportano i sentimenti contrastanti di fascino ed orrore, mentre i leaders della destra dura celebrano la vittoria su Hillary Clinton del candidato outsider repubblicano.

Bethan McKernan – Beirut, per “The Independent”

09 Novembre 2016 (traduzione e cura di Francesco Spataro)

Mentre un’America attonita rifletteva sulle profonde divisioni che si rilevavano nel proprio paese, mentre il candidato repubblicano Donald Trump conquistava la Casa Bianca, il resto del mondo aveva iniziato ad agitarsi reagendo ad un momento della storia politica degli USA senza precedenti.

Gli stati d’animo dei partecipanti ad un party pubblico, tenutosi ieri sera a Città del Messico, dove si celebrava una probabile sconfitta di Trump (in questa città il candidato repubblicano è molto impopolare, grazie ai suoi commenti sugli immigrati ed ai suoi piani di costruzione di un muro lungo il confine statunitense) si sono rovinati, via via che i risultati elettorali si sono fatti più definiti.

Le prime pagine dei principali quotidiani del mattino, che parlavano di Hillary Clinton come di una vincitrice, sono state derise, diremmo umiliate, in ogni parte del globo, dagli Stati Uniti all’Europa passando per la vastissima Asia.

Allo stesso momento i mercati finanziari globali andavano in caduta libera; l’indice FTSE 100 del Regno Unito sembrava che sarebbe crollato più del 4% e si prevede che Wall Street subirà la sua peggior caduta all’apertura dei mercati finanziari. Il valore dei titoli in Australia, Asia ed India è precipitato, mentre il denaro defluiva nel sicuro bene-rifugio per eccellenza: l’oro.

Nella sfera politica, il Ministro della Difesa tedesco, Ursula van der Leyen ha affermato che il risultato è uno “shock enorme”, mentre un membro del comitato per gli affari esteri del Reichstag, avvertiva che “geopoliticamente siamo in una situazione di estrema incertezza.”

“Stiamo realizzando solo ora, per la prima volta, che non abbiamo idea di cosa potrebbe fare questo Presidente degli Stati Uniti, se la voce della rabbia, del malcontento, entrasse in questo ufficio; questa voce è oggi rappresentata da lui, dall’uomo più potente del pianeta” ha dichiarato alla radio tedesca Norbert Roettgen (ministro dell'Ambiente, della Conservazione della Natura e della Sicurezza Nucleare nel governo Merkel II.)

Mentre il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg, ed i governi di mezzo mondo iniziavano a spedire neutri messaggi che accoglievano a braccia aperte le “ relazioni ininterrotte” con gli USA, l’ala di estrema destra, e i leaders nazionalisti, si affrettavano ad esprimere la loro gioia, con il risultato di sottrarre la vittoria a colei che i sondaggi davano per scontata vincitrice: Hillary Clinton.

Ogni organo di stampa o sito web nel mondo, ha avuto un approccio differente alla notizia della vittoria di Donald Trump, dall’ Australia a New York, città natale del presidente entrante.

Il leader del Front National(FN), formazione dell’estrema destra francese, Marine Le Pen si è congratulata con il presidente eletto e con il “popolo americano libero.”

Pauline Hanson, leader del gruppo populista e di estrema destra australiano “One Nation Party” (Partito della Nazione), ha inviato un messaggio su Tweeter, con il quale inoltrava i migliori auguri a Mr. Trump dopo che il decisivo stato della Florida (considerato uno stato “swinging”, oscillante, dove la vittoria non era assicurata a nessuno dei due candidati) si era espresso in suo favore, quando erano ormai le prime ora del mattino negli States. “Signor Presidente” ha scritto “ la mia porta per lei sarà sempre aperta. Congratulazioni”.

Geert Van Wilders, politico olandese di estrema destra, gli ha rivolto le sue congratulazioni addirittura in anticipo sui risultati. Ha dichiarato. “Il popolo si è ripreso il proprio paese; così faremo noi.”

Nigel Farage, del partito antieuropeista “Ukip” — che parlava ai comizi per la campagna di Trump – ha descritto il risultato, insieme all’uscita della Gran Bretagna dalla UE, come parte “delle due grandi rivoluzioni politiche del 2016.”

In Russia, dove molti funzionari del Cremlino e vari media avevano indotto a pensare all’ eventualità di brogli elettorali o anche a teorie cospiratorie che avrebbero assicurato la vittoria ad Hillary Clinton, molti politici questa mattina erano esultanti, compreso il Presidente Vladimir Putin, il quale ha spedito un messaggio di congratulazioni a Donald Trump in cui egli spera che si possa instaurare “un dialogo costruttivo” fra i due paesi.

“Sono sicuro che le sanzioni (comminate alla Russia) verranno cancellate completamente” ha dichiarato ai media di stato Gennady Zyuganov, leader del secondo partito della Russia, il Partito Comunista, ipotizzando che il Presidente Trump riconoscerà l’annessione russa della Crimea del 2014.

Sul versante medio-orientale, la reazione è stata molto più pacata, quasi attutita; molti politici ed opinionisti avevano già previsto un risultato alquanto insoddisfacente: per il mondo Arabo non avrebbe avuto grande importanza chi avrebbe preso il posto del Presidente Barack Obama a gennaio del prossimo anno.

Il giornalista anti-americano Abdel – Bari Atwan, specializzato in mondo Arabo, ( e che non aveva riposto grandi speranze in entrambi i candidati ) ha detto di Mr. Trump che “non si aspetta grande cortesia o gentilezza,” da un uomo a suo dire “così pieno di arroganza e astio, nonché bugiardo.”

Lo stato di Israele, che segue le elezioni statunitensi più da vicino di altri, grazie anche a un gran numero di residenti con doppia cittadinanza, probabilmente avrebbe trovato in ciascun candidato un partner affidabile; Donald Trump, ha comunque dichiarato, che continuerà ad adottare largamente l’attuale politica statunitense nel conflitto arabo – israeliano.

Numerosi membri dell’ ala destra della Knesset, nonché del partito Israeliano di Governo, il Likud, hanno gradito il risultato. “Sembra proprio che il popolo americano sia stanco dell’ipocrisia e del “politically correct”, della correttezza nella politica, ed abbia preferito, chi parla in modo diretto, onesto”, ha dichiarato il politico Yakuda Glick.

L’analista Palestinese Hani Habib, ha affermato, prima dell’apertura dei seggi, che per ciò che riguarda gli interessi Palestinesi, “ una scommessa qualunque, su qualsivoglia candidato, sarebbe stata una scommessa persa.”

Anche tanti Siriani, ormai disillusi e frustrati da quasi sei anni di guerra, si sono dimostrati apatici e demotivati, sebbene un attivista di Aleppo est ha scherzato sul fatto che, mentre la presidenza di George W. Bush si è portata dietro, facendolo associare al Medio Oriente, il nome di “al Qaeda”, e quella di Barack Obama quello dell’ “ISIS”, Mr. Trump, probabilmente, farà associare il suo nome a quello degli “alieni”.

I media di stato cinesi, nel frattempo, si sono espressi dichiarando che le elezioni statunitensi hanno rivelato che la democrazia americana, è in uno stato di crisi, di “ribellione” contro la politica del paese e le sue elites finanziarie.

Più vicini al cortile di casa, i Cubani, sono stati costernati, nel constatare la scelta dell’elettorato Americano, dal momento che Trump aveva promesso di annullare il processo di normalizzazione delle relazioni con l’isola a guida comunista, a cui aveva dato impulso Barack Obama, dopo decenni di isolamento politico ed economico.

Una residente dell’Havana, Lina Osorio, ha dichiarato: “Dobbiamo rispettare qualsiasi decisione Trump prenderà, ma non lo riconosceremo mai come Presidente; abbiamo bisogno di relazioni tra i due paesi… abbiamo più faccende in ballo noi, in questa tornata elettorale, che molti Americani.”

Secondo altri risultati elettorali del mattino, il Partito Repubblicano ha mantenuto il controllo della Camera (House of Representatives) e quello del Senato, a dispetto dei modesti risultati dei Democratici, mettendo gli USA sul confine di un cambiamento legislativo tendente a destra; tutto questo, soprattutto, per garantire che l’ attuale abbandono in cui versa la Corte Suprema (unico tribunale riconosciuto dalla Costituzione Americana), si trasformi presto in un organo molto più tradizionalista, e conservatore.

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