A due anni dalla firma del “Minsk-2”, concordato il 12 febbraio 2015 dal cosiddetto “Quartetto normanno” – Hollande, Merkel, Putin e Porošenko – e sottoscritto da Kiev e Repubbliche popolari, le grida della Nato all'indirizzo della Russia, accusata di “destabilizzare la situazione nel Donbass”, assumono il fragore dello sferragliare di un intero convoglio ferroviario, carico di carri armati e mezzi blindati USA, filmato ieri mentre era in viaggio dalla Slovacchia verso l'Ucraina.
Due anni senza guerra né pace, durante i quali Kiev continua a parlare di conflitto provocato dalla “aggressione russa”, mentre DNR, LNR e garanti dell'accordo (Russia, Francia e Germania) parlano di guerra civile. Rostislav Iščenko ricorda su rusvesna.su come altri accordi siglati a Minsk – quello relativo al conflitto in Transnistria e quello sul Nagorno-Karabakh – nonostante periodiche piccole scaramucce, stiano reggendo da oltre venti anni, mentre quello attuale vede i costanti attacchi terroristici ucraini contro le città del Donbass. Chi e perché non ne vuole l'attuazione?
Mentre Mosca, Parigi e Berlino parlano della necessità di colloqui diretti tra Kiev e L-DNR, scrive Iščenko, l'Ucraina insiste per il controllo delle frontiere tra Repubbliche popolari e Russia, per aver mano libera di risolvere la questione per via militare. In effetti, continua Iščenko, il “Minsk-2” fu praticamente imposto a Kiev, che non lo ha mai rispettato e continuerà a non rispettarlo, finché non salterà il coperchio del conflitto interno tra i raggruppamenti nazi-oligarchici; ma, soprattutto, finché durerà l'influenza degli interessi USA e UE, sia all'interno dell'Ucraina, sia sulla sua posizione strategica.
Dimitrij Klenskij, su Regnum.ru, ricorda come molti in Russia abbiano cominciato a dirsi insoddisfatti della tattica “attesista” del Cremlino, mentre i russi del Donbass continuano a morire sotto le bombe ucraine. Benzina sul fuoco sono anche le notizie, diffuse da alcuni media ucraini, circa la vendita a Kiev, da parte di qualche azienda russa e con l'intermediazione bielorussa, dei motori per il trasporto truppe blindato “BTR-80” che opera nel Donbass. Ora, dopo la decisione di un tribunale moscovita che ha dichiarato “colpo di stato” la presa del potere della banda Porošenko & Co., in Russia si comincia a chiedere l'istituzione di un tribunale speciale sui crimini ucraini nel Donbass. Klenskij parla apertamente della necessità di fissare una data certa e ultima perché Kiev cessi ogni azione militare, dopo di che, in caso di violazione, si dovrebbe iniziare a colpire con i missili le posizioni ucraine, senza bisogno di mobilitare le truppe, come qualcuno chiede. In alternativa, si dovrebbe ricorrere ad azioni distruttive contro le linee avanzate naziste, da parte di gruppi di sabotatori delle milizie, del tipo delle azioni terroristiche cui sta sempre più spesso ricorrendo Kiev.
In ogni caso, quale che sia la via più corta per condurre Kiev “alla ragione”, difficilmente può evitare la strada delle capitali e delle istituzioni che continuano a imporre all'Ucraina quelle scelte per la cui attuazione l'unico strumento è dato dai metodi nazisti delle formazioni “volontarie” che terrorizzano la popolazione nel Donbass e tengono nella schiavitù “civile” la gente nel resto dell'Ucraina.
Quei battaglioni e reggimenti neonazisti che, mentre istruiscono a dovere i giovani ucraini, sono responsabili di una situazione per cui gli abitanti delle città del Donbass più prossime alla linea del fronte sono ormai da due anni costretti a vivere nei sotterranei, come ad esempio gli abitanti di Spartak, nella DNR, martellata dai carri armati ucraini posizionati ad Avdeevka e dai razzi lanciati da Opytnoe. Quei battaglioni e nuovi reggimenti (“Azov” già da tempo ha fatto il salto quantitativo) necessari a tener soggiogata una popolazione ucraina ridotta alla fame per le misure imposte a Kiev dai creditori occidentali. Se nel Donbass si affamano gli anziani, negando direttamente loro l'assegno pensionistico, nel resto dell'Ucraina lo stesso risultato è ottenuto con le “riforme europeiste”. Testimoni diretti, scrive Andrej Knjazev su news-front.info, parlano di morti di freddo, ogni giorno, in quest'ultimo inverno, ad esempio a Kharkov e nella regione di Kharkov. Si tratta per lo più di anziani soli, con pensioni insufficienti appena a pagare le tariffe comunali, dettate dal FMI. Chi si assicura il riscaldamento, non ha poi soldi sufficienti a un'alimentazione completa, che debilita l'organismo e condanna a morte per inedia. Secondo le locali organizzazioni di volontariato, sarebbero già un centinaio i casi registrati in quest'ultimo inverno, particolarmente freddo, classificati però ufficialmente da Kiev come decessi per vecchiaia, malattie circolatorie o traumi domestici.
Sono quegli stessi battaglioni e reggimenti neonazisti che assicurano, al tempo stesso, la continuità degli affari mafiosi delle famiglie e dei clan oligarchici che controllavano l'Ucraina prima di majdan e che continuano a controllarla. Tra questi, novorosinform.org, ricorda i principali: la famiglia Porošenko (il presidente, suo padre e suo figlio), quella del deputato Viktor Baloghi (sua moglie, vari fratelli, cugini e figli); la deputata Natalja Korolevskaja (e il marito, anche lui deputato); Sergej Levočkin (marito e moglie deputati); Vladimir Litvin (lui deputato; vari fratelli e suo figlio alti gradi militari); l'elettrotecnico procuratore generale Jurij Lutsenko (la moglie deputata) e così via. Si potrebbe continuare coi Matvienko, Dobkin, Bogoslovskij, con gli Juščenko (l'ex presidente ucraino prima di Janukovič), i Tjagnibok del movimento squadrista “Svoboda”, con la famiglia dell'ex presidente Leonid Kučma, imparentata a sua volta col clan dei Frančuk e col potente oligarca Viktor Pinčuk. Senza parlare dei magnati più in vista di Forbes, come Akhmetov, Kolomojskij e altri. Tutte queste famiglie, insieme a patrimoni spropositati, controllano direttamente, o tramite amici e clan vicini, i maggiori posti di responsabilità negli apparati a livello statale, di governatorato o semplicemente cittadino.
Questo è il quadro che, secondo la Nato, la Russia mira a “destabilizzare” in Ucraina, dopo quasi tre anni di guerra contro il popolo del Donbass e di dominio delle bande squadristiche sul resto della popolazione del paese.
Su questo vedi anche: Il Donbass sotto le bombe, a due anni dagli accordi di Minsk
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