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L’accerchiamento Nato e gli strumenti di risposta russi

Sei vascelli militari Nato sono entrati nei giorni scorsi nel porto di Tallin per rifornimenti, franchigia degli equipaggi e varie esercitazioni. Si tratta delle navi ammiraglie estone “Wambola” e norvegese “Roald Amundsen”, dei dragamine norvegese “Hinnoey”, inglese “Ramsey e belga “Primula” e della fregata olandese “Evertsen”.

In visita nei Paesi baltici era giunto anche il Ministro della difesa USA James Mattis, con l'annuncio che Washington avrebbe intenzione di dislocare anche in quell'area sistemi “antimissile”, ovviamente per difendersi dalla Russia. Già alla vigilia del suo arrivo si era parlato, nello specifico, del sistema missilistico “Patriot”, più moderno di quelli attualmente dislocati nella regione. Ma Mattis non vi ha fatto cenno. Per ora. Intanto, sono iniziate a Orzysz (nel voivodato di Varmia-Masuria, nord-est della Polonia), le manovre “Puma”, con l'impiego di mezzi corazzati, blindati e artiglieria; vi partecipano 2.500 soldati, tra cui quelli del battaglione Nato schierato in Polonia e composto da militari USA, britannici e rumeni.

La Nato sta rafforzando anche i gruppi operativi di radiolocalizzazione in Europa orientale: un aereo da ricognizione “Awaks”, di stanza in Germania, è stato ora trasferito a Bucarest. La versione ufficiale recita che si tratta di un trasferimento temporaneo, in occasione di una conferenza di coordinamento tra comandi regionali sulla radiolocalizzazione; secondo alcuni media rumeni, la destinazione del velivolo sarebbe la sorveglianza delle basi aeree russe in Crimea e, in generale, del bacino del mar Nero.

Per non sentirsi tagliati fuori dalla crociata “difensiva” e a suo modo geloso dei privilegi accordati ai Paesi baltici, il Ministro degli esteri ucraino, Pavel Klimkin, ha chiesto che il suo paese venga inserito nel fianco orientale della Nato; e che la questione venga affrontata al più presto, già al vertice di Bruxelles dell'Alleanza atlantica, il prossimo 25 maggio. Una variante accettabile per Kiev sarebbe quella di “alleato fondamentale USA al di fuori della Nato”, come richiesto – sul modello di Australia, Nuova Zelanda e Giappone – in un appello della Rada ucraina al Congresso americano. Ciò, consentirebbe tra l'altro di aggirare l'assenso dei paesi membri della Nato, dal momento che la decisione dipende solamente da Washington e, come affermato dai deputati ucraini, ciò avrebbe “un'enorme influenza per la cessazione dell'aggressione russa”.

Forse anche per oliare il meccanismo yankee, sembra che lo stesso Klimkin, a detta di alcuni deputati della Rada, abbia sborsato qualcosa come quattrocentomila dollari per essere ricevuto per sei minuti da Trump alla Casa Bianca, lo scorso 10 maggio. La voce è ripresa da RIA Novosti, che precisa come il Ministero degli esteri ucraino smentisca il fatto, di cui resterebbe però traccia nei documenti ufficiali del Ministero della giustizia USA.

Come che sia, sembra che nei circoli della Direzione operativa principale (GOU) dello Stato maggiore russo, si parli della realizzazione, da parte USA, di un “potente componente segreto” per un “repentino attacco globale”, che consentirebbe di distruggere la maggior parte del potenziale atomico russo e, successivamente, anche delle rimanenti testate in uso nei sistemi di difesa antimissilistica, nel caso la Russia fosse ancora in grado di rispondere al primo attacco. In altri ambienti, come scrive Vladimir Krjažev su topwar.ru, si getta acqua sul fuoco, nel senso che gli USA non sarebbero in grado di neutralizzare il colpo di risposta russo, nemmeno se, invece degli attuali 700 sistemi antimissile, gli yankee disponessero di 2-3 razzi per ogni testata nucleare russa. Data qualunque evenienza, Mosca sarebbe comunque in grado di lanciare “almeno” una quantità di testate tale da ripetere negli USA, come minimo, 300 Hiroshima: “Washington è disposta a rischiare?” si chiede Krjažev; “tanto più che un'auspicata e non irreale alleanza russo-cinese” potrebbe togliere ogni prospettiva di successo alle avventure USA.

Secondo l'americana National Interest, Russia e Cina stanno mettendo a punto sistemi elettronici e cibernetici o anche cinetici di neutralizzazione dei satelliti USA. D'altra parte, nota Pravda.ru, gli USA stessi dispongono del RIM-161 Standard Missile 3 (nel sistema Aegis) in grado di distruggere i satelliti avversari. I colpi nucleari russi di risposta all'eventuale “attacco globale improvviso” USA arriverebbero sia dai treni in continuo movimento, che portano missili con testate nucleari, sia dai sommergibili strategici atomici nelle proprie basi, sia da quelli che incrociano al largo delle coste USA.

Tra le unità subacquee che, secondo Mikhail Timošenko, su tvzvezda.ru, maggiormente possono destare serie preoccupazioni nei comandi USA, c'è il vascello plurifunzionale “Kazan” (modernizzazione della classe “Borea”), destinato alla lotta sia contro portaerei e sottomarini strategici, sia contro infrastrutture costiere e armato di siluri e missili alati. Praticamente silenzioso, è in grado di scoprire il nemico prima di essere scoperto a sua volta. Prima del “Kazan” era entrato in servizio il “Severodvinsk”, inaugurando la generazione che ha preso il posto dei vascelli di terza generazione della classe “Ščuka-B” (“Luccio”). Questi costavano circa 785 milioni di dollari: non poco per l'Urss, ma una quisquilia, rispetto ai 4,6 miliardi di dollari che costavano i “Seawolf”, prodotti dagli USA proprio per la caccia ai Lucci.

Ai sommergibili di 4° generazione della classe “Jasen”, modernizzati con il “Severodvinsk” e il “Kazan”, si uniranno presto i “Novosibirsk”, “Krasnojarsk”, “Arkhangelsk”, “Perm” e “Uljanovsk”. La silenziosità degli “Jasen”, osserva Timošenko, è dovuta in gran parte al fatto che non dispongono del corpo “leggero”, che di solito abbraccia quello “robusto”, aumentando però il rumore di risonanza durante la navigazione. Negli “Jasen”, il corpo leggero riveste quello robusto solo a prora, ove è sistemata la grande antenna sferica del sonar digitale. Sempre qui, nel primo compartimento, è anche la centrale di comando, per far posto alla quale si sono dovuti trasferire nel secondo compartimento, in diagonale rispetto al piano diametrale del vascello, i cinque tubi di lancio e i 30 siluri. Ancora nel primo comparto, c'è la camera con l'uscita di soccorso, che può ospitare l'intero equipaggio di 64 uomini. Nel terzo comparto ci sono le apparecchiature generali; nel quarto, l'alloggio dell'equipaggio; nel quinto, otto silos, in grado di ospitare 24 missili antinave “Oniks”, “Birjuza” o “Kalibr-PL”.

Nel sesto comparto, il nuovo reattore, con condotti refrigeranti che riducono il rischio di incidenti e, soprattutto, la rumorosità del sommergibile, dal momento che questo sarà in grado di navigare ad alta velocità senza l'utilizzo di pompe di circolazione, una delle principali fonti di rumore. Nel settimo comparto, la turbina e altre apparecchiature di alimentazione. Motore elettrico nell'ottavo e timoneria nel nono. L'intera nave ha un rivestimento in gomma speciale che ne riduce la rintracciabilità sui sonar; tutta la classe “Jasen” è dotata di eliche a basso rumore con sette lame a forma di sciabola. Lo scafo ha una lunghezza di 139 m e una larghezza di 13. Sembra che gli USA debbano mettersi davvero alla caccia di “Ottobre Rosso”.

 

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1 Commento


  • Lor3nz0

    La sua perfetta padronanza della lingua russa e il suo approccio imparziale e freddamente documentato alla storia militare dell’Unione Sovietica nella seconda guerra mondiale, sul fronte orientale, gli guadagnarono grande reputazione e gli permisero di ottenere dalle autorita sovietiche un’inconsueta liberta nella valutazione di documenti e fonti degli archivi riservati e della letteratura sovietica.

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