Dall’inizio dello sciopero, i prigionieri palestinesi hanno dovuto affrontare una repressione che si fa sempre più dura, con continui trasferimenti di prigione in prigione nei famigerati “bosta”, confisca degli effetti personali, confisca del sale, incursioni notturne con pestaggi e perquisizioni corporali, diniego di visite dei parenti e dei legali. Il leader di Fatah Marwan Barghouthi, il Segretario generale del FPLP Ahmad Sa ‘ dat, Nael Barghouthi, il prigioniero detenuto da più tempo, Karim Younis e decine di altri, sono stati posti in isolamento, nel tentativo di rompere lo sciopero. E, gli avvocati hanno potuto visitare solo 39 degli scioperanti nonostante la Corte suprema israeliana abbia disposto che i prigionieri in sciopero hanno diritto alle visite dei legali.
Dopo oltre 30 giorni di sciopero, la salute sta rapidamente deteriorandosi. Quanto ai cosiddetti ospedali da campo essi sono solo una falsa copertura, non vi è alcuna assistenza medica reale, l’assistenza è solo promessa in cambio della interruzione dello sciopero.
Karim Younes, uno dei prigionieri che da più anni sta in prigione, e uno dei leader dello sciopero, è stato trasferito dall’ isolamento nella prigione di Ramla all’isolamento nella prigione di Jalameh, per aver scritto una lettera in cui dichiarava la ferma resistenza dei prigionieri a continuare fino alla vittoria, anche a costo della vita.
Marwan Barghouthi, secondo quanto riferito, ha dichiarato che se le richieste degli scioperanti continueranno ad essere ignorato e l’amministrazione carceraria continuerà a rifiutare di negoziare con la leadership degli scioperanti, egli inizierà anche lo sciopero dell’ acqua.
Tra gli scioperanti vi è anche Sidqi al-Mat proveniente dalle alture del Golan occupate, che dopo aver speso 27 anni della sua vita nelle prigioni israeliane è stato di nuovo incarcerato e recentemente di condannato a 14 anni per aver pubblicato foto del coinvolgimento israeliano con i combattenti siriani da al-Qaeda (A-Nousra) e altre organizzazioni sulla sua pagina Facebook.
Nel frattempo, oggi, mentre continua la disobbedienza civile – come richiesto da Barghuti nell’incontro con il suo avvocato di domenica 14 maggio -, famiglie dei prigionieri e attivisti hanno portato alla chiusura della sede delle Nazioni Unite a Ramallah in segno di protesta, per il suo deplorevole silenzio, e richiesto un intervento dell’ONU, affinché si avvii, tra l’altro, un’indagine internazionale sui crimini dell’occupazione contro i prigionieri in sciopero della fame allo scopo di romperne la protesta attraverso l’uso sistematico della tortura e la minaccia dell’alimentazione forzata.
Infine, mentre si assiste all’escalation delle proteste, con marce, blocchi stradali e disobbedienza civile, la polizia dell’Autorità palestinese, si è aggiunta alla repressione israeliana, attaccando e disperdendo le dimostrazioni a favore dei detenuti in più occasioni, e continua il coordinamento per la sicurezza con le forze occupanti.
Sia i prigionieri che i loro sostenitori insistono inoltre che la leadership dei prigionieri in sciopero della fame è l’unica riconosciuta per negoziare con le forze israeliane.
Sempre oggi mercoledì 17 maggio, a Gerusalemme, le famiglie dei detenuti in sciopero della fame unitamente ad organizzazioni giovanili della Palestina hanno emesso un comunicato urgente sul ruolo del Comitato della Croce Rossa Internazionale (CICR).
Mentre i prigionieri palestinesi nelle carceri di occupazione “Israeliana” stanno combattendo e e chiedono il riconoscimento dei loro diritti come prigionieri politici ed esseri umani, il Comitato internazionale della Croce rossa (CICR) rifiuta di affrontare le sue responsabilità verso i nostri prigionieri.
ICRC ha sempre vantato di avere un ruolo neutrale rispetto alle condizioni dei prigionieri, tuttavia resta in silenzio mentre oltre 1500 prigionieri sono arrivati al 31° giorno di sciopero della fame vivendo solo con acqua dopo che le amministrazioni penitenziarie hanno confiscato loro anche il sale. Non è la prima volta che ICRC rimane in silenzio di fronte ai prigionieri in sciopero della fame nel mentre l’amministrazione penitenziaria israeliana li punisce. Il silenzio della Croce Rossa Internazionale e il suo rifiuto di incontrarsi con i prigionieri all’interno delle loro sezioni e delle loro celle può essere interpretato soltanto come collaborazione e connivenza con l’occupazione israeliana.
Non solo, tale omissione contribuisce all’aggravamento della crisi e mette a rischio la vita dei prigionieri.
Fadwa Al-Barghouthi, moglie del prigioniero Marwan Al-Barghouthi – in sciopero della fame da più di 30 giorni – ha detto che la croce rossa ha rifiutato di informarla sulle sue condizioni di salute, e si è limitata a trasmettere solo i saluti del marito.
Ahmed Saadat in un incontro con Addameer ha dichiarato che i prigionieri non hanno voluto incontrare la Croce Rossa in visita al carcere di “Askalan” essendosi essa rifiutata di incontrare i prigionieri nelle loro celle.
Rifiutiamo e condanniamo le azioni dell’ICRC e richiamiamolo alle sue responsabilità nei confronti della vita dei prigionieri e di qualsiasi cosa possa loro succedere.
#RedCrossConniving #DignityStrike
Cosa puoi fare:
• Protestiamo di fronte alla sede del ICRC e ONU a Roma e nelle altre città (ove esistano)
• Chiama gli ffici
• Scrivi una lettera di protesta a ICRC in Palestina
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