L’Italia ospita da oggi a Trieste il vertice tra i paesi europei e quelli balcanici aderenti al cosiddetto “Processo di Berlino”. L’allargamento dell’Unione Europea ai paesi dei Balcani, è l’obiettivo strategico e intrinseco del processo di Berlino, ovviamente lanciato dalla Germania nel 2014. Il progetto coinvolge sette Stati membri dell’Unione europea (Ue) – Germania, Austria, Francia, Italia, Slovenia, Croazia e Gran Bretagna -, insieme ai sei ancora non aderenti alla gabbia della Ue: Serbia, Kosovo, Albania, Bosnia Erzegovina, Montenegro e l’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (Fyrom).
Il processo intende “agevolare” l’iter istituzionale di adesione guidato dalla Commissione Europea ma ispirato chiaramente dalla Germania che da sempre nutre ambizioni sui Balcani. Difficile dimenticare che fu proprio la Germania, con il riconoscimento unilaterale delle secessioni di Croazia e Slovenia nel 1991, a innescare la disintegrazione e la guerra civile in Jusoglavia di cui – un po’ come la stessa unificazione europea – è stata l’unica beneficiaria.
Ma la marcia di annessione dei paesi Balcanici nella Ue – e nell’area di egemonia tedesca soprattutto – deve fare i conti con diversi problemi.
Dopo quasi 20 anni di enfasi sulla “europeizzazione” (attraversati però dall’aggressione alla Serbia nel 1999 e da sette anni di guerre civili nella ex Jugoslavia) i Balcani occidentali stanno però divergendo dall’Ue sia in ambito politico che socioeconomico. Su questo il vertice di Trieste deve fare i conti con un bivio. “Se il risultato sarà ambiguo, indicherà che ci sono pochi sviluppi positivi da aspettarsi in futuro” scrive la newsletter Affari Internazionali, “L’indebolimento della credibilità delle prospettive di adesione per i Balcani richiede misure urgenti d’intervento. Il rischio che l’Ue perda influenza nella regione è persistente, come recentemente denunciato dall’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune Federica Mogherini”.
Nel frattempo altri fattori sul campo sono intervenuti a complicare le ambizioni europee e tedesche sui Balcani.
Ad esempio lo scorso settembre, la ‘Republika Srpska’ – entità costituente all’interno della Bosnia Erzegovina, provvista di un proprio governo, parlamento e sistema giudiziario -, aveva chiamato i propri cittadini alle urne per un referendum sulla possibilità di proclamare il 9 gennaio festa della Repubblica. Nonostante la Corte Costituzionale bosniaca avesse dichiarato illegale il voto, il referendum è stato portato avanti con la partecipazione del 56% degli aventi diritto al voto e oltre il 90% di consensi.
In Serbia, lo scorso aprile è stato eletto Aleksandar Vucic, già primo ministro. Vucic è un sostenitore dell’entrata nella Ue ma la sua nomina è stata seguita da numerose manifestazioni e proteste, nella quali il governo è stato accusato di brogli elettorali. La vittoria di Vucic è stata accolta con grande benevolenza a Bruxelles, proprio perché l’ex premier è ritenuto un leader filoeuropeo.
Anche la Fyrom/Macedonia è stata recentemente teatro di scontri politici. All’indomani delle elezioni (più volte rinviate) che lo scorso dicembre avevano visto trionfare il leader dell’alleanza socialdemocratica Zoran Zaev, il presidente Gjorge Ivanov si è rifiutato di concedere un mandato per la costituzione di un nuovo governo al neo-eletto, perché questi voleva formare una coalizione con partiti della minoranza albanese. L’elezione dell’albanese Talat Xhaferi (leader dell’Unione democratica per l’integrazione) a presidente del Parlamento di Skopje è stata così seguita da una rappresaglia in aula da parte di manifestanti, senza alcun intervento apparente dalla polizia. La crisi si è risolta grazie a pressioni congiunte sia europee che statunitensi.
La regione balcanica deve poi fare i conti con un difficile quadro economico. Il Pil dei paesi balcanici ancora molto inferiore alla media europea, con tassi di disoccupazione attorno al 21%.
La creazione di un mercato unico regionale, proposta che vorrebbe essere formalizzata proprio al summit in corso a Trieste, vorrebbe agganciarli ai parametri dell’Ue, principale partner commerciale dei paesi balcanici. Ma nelle relazioni con questi paesi pesano anche le relazioni, spesso più vantaggiose di quelle evocate da Bruxelles, con la Russia e la Turchia.
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