Decostruendo il discorso con cui il presidente Usa ha minacciato di disdire l’accordo internazionale sullo sviluppo nucleare iraniano, sembra effettivamente di trovarsi di fronte alla fiaba del lupo e l’agnello di Fedro. Ossia un lupo alla ricerca di un pretesto qualsiasi per poter divorare l’agnello. La stessa sensazione devono averla ricavata anche il resto dei governi, inclusi i partner degli Stati Uniti.
Come leggere diversamente le parole dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, la quale ha dichiarato che “l’Ue tutelerà l’accordo sul nucleare raggiunto con l’Iran il 14 luglio del 2015”? “Nessun presidente, nessun paese al mondo può mettere fine a questo accordo – ha sottolineato la Mogherini pochi minuti dopo l’annuncio di Trump, aggiungendo che: “Per ora l’accordo funziona, è stato attuato e continuerà ad essere attuato. Lo posso confermare e mi aspetto che tutte le parti rispettino questo accordo”. Una fotografia della situazione certificata anche dalla Commissione Onu incaricata di verificare il rispetto dell’accordo da parte dell’Iran.
Anche i governi di Londra, Parigi e Berlino (membri del gruppo 5+1), da parte loro, hanno fatto sapere che restano “vincolate” all’accordo. “Restiamo vincolati al JCPOA (la sigla dell’accordo del luglio 2015, ndr) e alla sua piena applicazione da tutte le parti”, è scritto addirittura in un comunicato congiunto della premier britannica May, della cancelliera tedesca Merkel e del presidente francese Macron. “Preoccupazione” è stata espressa dal presidente del Consiglio italiano Gentiloni (tagliato fuori in questa occasione dal comunicato congiunto degli altri leader europei) per il quale “preservare l’accordo, unanimemente fatto proprio dal Consiglio di Sicurezza nella Risoluzione 2231, corrisponde a interessi di sicurezza nazionali condivisi”. Del resto è cosa nota che subito dopo l’accordo del 2015 siano ripartiti alla grande i contratti commerciali tra i paesi europei e l’Iran, ponendo fine alle sanzioni che li avevano congelati per anni, ma tenendone fuori gli Stati Uniti ancora vincolati alla posizione oltranzista israeliana.
Prevedibile anche la reazione negativa di Mosca che ha denunciato la strategia annunciata da Trump nei confronti dell’Iran, definendola una “retorica aggressiva e minacciosa”, sottolineando che l’accordo con Teheran sul nucleare resta valido.
Ben diverse le prevedibili reazioni positive di Israele. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, unico nel mondo insieme all’Arabia Saudita, si è infatti congratulato con Trump per la sua “coraggiosa decisione”,
Si sono fatte sentire anche le reazioni dell’Iran, affidate direttamente al presidente iraniano Hassan Rohani, il quale ha usato invece toni molto decisi nei confronti del presidente Usa. “Trump non è bravo in geografia e neanche in geopolitica – ha detto Rohani – l’accordo è stato ratificato dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, è un documento delle Nazioni Unite. Come è possibile che un presidente cancelli unilateralmente l’accordo? Trump pensa di poterlo fare, ma questo non è un accordo bilaterale e lui non può fare quello che vuole”.
Trump sembra essersi infilato in un bel casino e lo ha fatto con le sue stesse mani. Il presidente americano ha deciso infatti di non uscire dall’intesa firmata del 2015, ma ha annunciato di essere pronto a cancellarla e di esprimere la sua decisione “di non certificare” il rispetto da parte dell’Iran dell’accordo sul nucleare firmato nel 2015 da Barack Obama, dalle autorità di Teheran e dagli altri membri del cosiddetto 5+1, ovvero Usa, Regno Unito, Francia, Russia, Cina e Germania. Una scelta, quella di Trump, che darà al Congresso la responsabilità di decidere se imporre nuovamente le sanzioni revocate, cosa che potrebbe mettere fine all’intesa.
Una intesa sulla quale continua a pesare il convitato di pietra rappresentato dall’arsenale nucleare israeliano, l’unico realmente esistente in Medio Oriente, ma mai sottoposto a controlli, verifiche, ispezioni perché Israele in questi decenni si è limitata a… negare la sua esistenza e a non sottoscrivere il Trattato di Non Proliferazione nucleare. E nessuno è mai andato o chiesto a Tel Aviv di dare spiegazioni. Un doppio standard inaccettabile per chiunque e sul quale l’Iran si è dimostrato fino ad oggi anche troppo accomodante.
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