Il 22 gennaio 2018, il Partito Comunista Unificato della Siria denunciava l’aggressione nella regione di Afrin da parte di Erdogan e dei suoi alleati, il cosiddetto Esercito siriano libero. Il comunicato chiedeva anche “al nostro popolo ad Afrin di far fronte all’aggressione in modo coordinato con lo Stato siriano, nel contesto degli sforzi per mantenere l’indipendenza, la sovranità e l’unità della Siria, della sua terra e di tutto il suo popolo”.
Il Partito Comunista Unificato ha attivisti e iscritti nella regione di Afrin. Salam Abdallah, dirigente del Partito, da Damasco è in contatto diretto con loro e li incontrerà fra pochi giorni. Intanto ci ha mandato alcune note. Ecco quel che scrive.
“Erdogan vuole cambiare l’equilibrio delle forze nell’area. Aveva puntato sui gruppi terroristi a Idlib ma con l’avanzata dell’esercito siriano la situazione è cambiata. D’altra parte i curdi hanno fatto molti errori. Erdogan usa questo periodo, nel quale i russi non sono soddisfatti del comportamento delle cosiddette Syrian Democratic Forces. I nostri militanti nell’area sono in grande maggioranza di etnia curda e chiedono che l’esercito siriano possa entrare nell’area per proteggere la popolazione, dal momento che le milizie curde non sono in grado di farlo. I curdi non possono fare uno Stato stabile che stia in piedi da solo. Abbiamo molte critiche nei confronti delle milizie curde perché sono scioviniste e noi respingiamo lo sciovinismo, facendo appello all’unità fra tutti i siriani, arabi, curdi, turkmeni…Non possiamo biasimare i curdi che sotto certi punti di vista in passato hanno avuto vari problemi, il che ha aiutato il movimento sciovinista ad andare avanti nella società curda”.
“Allo stato attuale, occorre muoversi con saggezza. Alcuni nostri attivisti ad Afrin volevano alzare la bandiera siriana, ma abbiamo detto che non è il momento. Ma continuiamo a muoverci per l’unità”.
Aggiornamento da Salam Abdallah, dirigente del Partito comunista siriano unificato, 12 febbraio 2017
“Ho ricevuto un altro messaggio da uno dei compagni ad Afrin. Ha ribadito che la maggioranza della popolazione di Afrin vorrebbe che le forze governative entrassero nell’area per proteggerla contro gli attacchi della Turchia e dei suoi alleati sul terreno. Il compagno sostiene che anche le amministrazioni locali vorrebbero questo. Ma l’amministrazione militare curda è contro l’ingresso dell’esercito siriano.
La maggioranza della popolazione non è d’accordo con le cosiddette “Forze democratiche siriane” ma non può certo reagire.
Ecco perché l’esercito siriano non entra nell’area.
Il compagno è di Ginderes e spiega che la situazione è molto difficile in quell’area. C’è una escalation degli attacchi turchi, si bombarda sempre più pesantemente… la popolazione è in pericolo. Nell’attacco contro Africa, la Turchia ha come alleati sul campo il cosiddetto Esercito siriano libero e il Turkistan Islamic Party.
Ecco la situazione ora. La popolazione è con il governo e vorrebbe la presenza dell’esercito siriano e così le amministrazioni locali. Ma la leadership militare è contro. La leadership militare è nelle mani di curdi turchi e iraniani che sono contro la presenza dell’esercito siriano e contro il governo siriano”.
- Sibialiria
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enrico
Punto di vista credibile. Accettare la presenza dell’esercito siriano per i curdi significa nei fatti disarmare o essere inquadrati nelle forze armate nazionali.
E’ evidente che i curdi spingono per una soluzione indipendentista, perché delle forze armate autonome nella gerarchia di comando significano questo.
Nei fatti è impossibile in quell’area, se non con uno schema simile a quanto successo col Kosovo o con Israele.
E’ una scelta gravida di conseguenze tragiche per i curdi stessi, l’esercito turco ad Afrin, e forse non solo, li farà a pezzi. L’unica soluzione che potrebbe fermare i turchi o non fornire a loro ulteriori alibi è la rinuncia ad essere forza militare organizzata, possibile solo con la scelta di essere una autonomia, tra le altre, all’interno del processo costituente siriano e non un organismo indipendente.
Bisogna vedere se Israele e gli Usa permetteranno loro di fare questo cambio di impostazione.
Ho dei dubbi sulla loro reale autonomia politica e sulla loro leadership, che mi pare essere completamente asservita.