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Afrin: Una guerra di occupazione sostenuta internazionalmente nel 21° secolo

Lo Stato turco il 20 gennaio ha ufficialmente dichiarato l’inizio della guerra contro Afrin. Come motivazione è stato dichiarato che la sicurezza dei confini della Turchia sarebbe minacciata da parte delle YGP/YPJ. Ha rafforzato questa accusa con 700 presunti attacchi che avrebbero avuto luogo da Afrin verso la Turchia. La BBC ha approfondito questa asserzione e ha analizzato i casi citati, con il risultato che 674 presunti attacchi non esistono affatto, che si contano solo 26 eventi, dei quali a loro volta solo 15 provenivano da Afrin e dei quali gli autori non possono essere determinati con chiarezza.1

In ogni caso non si è veramente creduto nel pretesto della Turchia. Ma rispetto a quale sia l’obiettivo che la Turchia persegue veramente, c’erano opinioni diverse.

Se ora guardiamo agli ultimi due mesi, possiamo dire chiaramente di che tipo di guerra si tratti: lo Stato turco conduce contro Afrin una guerra di occupazione.

Questa guerra di occupazione è stata condotta sotto la guida dell’esercito turco insieme a ribelli islamisti (jihadisti) mascherati con l’etichetta „Esercito Siriano Libero“ (ESL). Su più fronti si è attaccato con l’impiego contemporaneo di aerei da combattimento, cannoni, mortai e tutti gli attacchi pensabili e con i bombardamenti si è aperta pezzo per pezzo la strada per le truppe di terra – fino a quando, alla fine nel 58° giorno di guerra, quindi il 18 marzo, sono riuscite a penetrare nel centro città di Afrin. L’amministrazione autonoma di Afrin ha evacuato la popolazione per via dei bombardamenti mirati in corso contro quartieri residenziali civili, ospedali, ecc. per impedire massacri ancora più grandi.

Nell’esempio di Afrin abbiamo visto di nuovo perché la Turchia da anni, nonostante critiche da tutto il mondo, ha alimentato, organizzato e sostenuto questi gruppi islamisti. Questi gruppi servono solo da manovalanza della Turchia che fa il lavoro sporco (assassinare, saccheggiare, stuprare, torturare). Sono la nuova contro-guerriglia della Turchia, sia all’interno del Paese (responsabili per i molti attentati contro oppositori come a Suruç, Ankara e Diyarbakır, o anche di massacri nonché della distruzione di Cizîrê e Sûr nel 2016) che anche all’estero.

E questa guerra non è arrivata inattesa. Da anni, e in modo rafforzato da mesi, questo attacco è stato annunciato. Chi ascolta le esternazioni del Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e di altri rappresentanti dello Stato prima e dopo l’attacco, non avrà difficoltà a capire le vere ragioni, nonché gli obiettivi di questa guerra.

Lo Stato turco da anni e in ogni occasione, parla instancabilmente della sua ostilità nei confronti delle strutture di autogoverno che dall’inizio della guerra civile nel 2011 sono state faticosamente costruite passo per passo sotto la guida dei curdi. Dichiara che non permetterà che al suo confine si crei un sistema dominato dai curdi. Gli sviluppi in Siria del nord, dove i curdi insieme a altre comunità etniche e religiose costruiscono un sistema di democrazia di base e nell’ambito di questo modello vivono i loro diritti etnici collettivi, la Turchia li intende come un attacco al quale conferisce importanza primaria. Così ad esempio non ha visto alcun motivo di prendere misure quando i suoi confini erano controllati da Stato Islamico.

Da anni cerca di convincere le forze internazionali del fatto che debba nascere una „zona di sicurezza“ al confine turco-siriano che deve entrare in Siria per 30 km e essere sotto il controllo della Turchia. Quello che intende come zona di sicurezza, viene visto come una minaccia dalla popolazione della Siria del nord. La guerra contro Afrin ha dimostrato che il timore della popolazione non era e non è ingiustificato. Senza dubbio la Turchia mira alla terra dei curdi. Di questa richiesta di una „zona di sicurezza“ si è parlato anche durante la guerra a Afrin. In parallelo con questa richiesta veniva sempre citata anche l’intenzione di spostare i 3,5 milioni di profughi siriani in Turchia a Afrin, per continuare a tenerli lontani dall’Europa. Tutti questi argomenti e piani devono servire a scacciare i curdi dalla loro patria che popolano dal Neolitico, per occuparla.

Erdogan ha dichiarato che avrebbe liberato Afrin dai terroristi per restituire la terra ai loro legittimi proprietari. Secondo lui non sono i curdi i veri abitanti, ma gli arabi che sono vicini alla Turchia.

Dopo che la Turchia con la sua invasione militare nell’anno 2016 a Cerablûs, Bab e Azaz aveva infilato un cuneo tra l’enclave Afrin e Kobane, ora attraverso una cintura islamista-araba al confine cerca di infilare un altro cuneo tra i curdi del Kurdistan del nord (parte turca del Kurdistan) e il Rojava (parte siriana del Kurdistan). La Turchia in questo si ricollega al progetto delle pulizie etniche del regime Baath degli anni ’70 lungo il confine.

I rappresentanti dei curdi hanno continuamente provato a informare l’opinione pubblica mondiale dei veri obiettivi della Turchia e soprattutto del pericolo di un genocidio. Con la guerra di occupazione a Afrin vediamo i tentativi di mettere in pratica questo piano. Un genocidio ha diversi livelli. Accanto al genocidio fisico c’è anche il genocidio culturale al quale il popolo curdo è esposto da decenni. L’espulsione è una parte fondamentale di questo genocidio culturale.

Una guerra di occupazione della Turchia attraverso le immagini

Le immagini che durante la guerra di Afrin hanno attraversato il mondo parlano da sé. Molte riprese video sconvolgenti nelle quali si vede il corpo mutilato della combattente Barin Kobani o come il cadavere di un combattente delle YPG viene calpestato con i piedi. Un video nel quale si vede come un contadino viene assassinato a sangue freddo. Molte immagini e riprese dove gli jihadisti islamisti allungano il dito „Tauhid“ e gridano ripetutamente „Allah-u-Ekber“. O un’immagine nella quale è scritto in turco: „Non sappiamo chi ha bruciato Roma, ma Raco l’abbiamo bruciata noi“ con una bandiera turca e soldati che fanno il segno dei Lupi Grigi di estrema destra. Il giornalista Christoph Sydow scrive giustamente in un commento per Der Spiegel: „Nelle immagini da Afrin spesso solo a un secondo sguardo si riesce a riconoscere che la città non è stata occupata da IS, ma dall’esercito turco e dai suoi alleati.“2

Le riprese video e foto dell’esercito turco e dei suoi alleati islamisti esprimono molta violenza e odio. La violenza è un segnale importante di occupazione. Anche a Afrin l’ „occupazione“ è stata possibile solo attraverso l’uso di violenza fisica e psicologica. La città è stata costantemente colpita dal cielo e bombardata. Solo così i soldati e le unità speciali della Turchia insieme ai loro alleati islamisti sono riusciti a avanzare sul terreno senza avere remore nell’assassinare tutto ciò che si metteva sul loro cammino. Questo è stato documentato a sufficienza con immagini e video. La Turchia già negli anni 2015 e 2016 aveva dimostrato di cosa è capace. Nella guerra contro la popolazione curda all’interno dei confini nazionali ha proceduto in modo brutale, bombardato città e le ha rase al suolo. Ha ucciso civili e bruciato vive oltre 200 persone nelle cantine. Anche durante la sua guerra di aggressione a Afrin ha attaccato in modo mirato zone di insediamento e ucciso civili senza riguardo per bambini, donne e persone anziane. Quello che è successo a Afrin è svelato e documentato in tutta la sua entità.

Alcune immagini e la loro interpretazione

Quando le forze dell’esercito turco e i gruppi islamisti alleati hanno raggiunto il centro città, si sono susseguite le notizie su furti e saccheggi. Di continuo sono apparse immagini nelle quali si vedeva come le truppe si appropriavano dei beni della popolazione. Da galline, anatre, capre, pecore, fino a veicoli e trattori. Ma la dimensione ha raggiunto il suo apice nel centro città. Immagini di strade nelle quali non è rimasto integro nemmeno un negozio, tutto è stato svuotato e gli arredi distrutti. Abitazioni sono state saccheggiate. Da generi alimentari, apparecchi elettronici, gioielli, mobili, veicoli, in breve, tutto ciò che si riesce a immaginare. L’immagine ricordava molto i tempi nei quali ai mercenari veniva promesso il „Ganimet“, il bottino di guerra, se prendevano parte alla guerra. Tutto ciò che appartiene al nemico può essere saccheggiato. Proprio questa mentalità è stata provata dalle immagini. Una chiara immagine di guerre di occupazione.

Un’altra regola della mentalità di occupazione è quella di attaccare i valori ideali dei popoli, di umiliarli e vessarli. Anche a Afrin si è ripetuta questa pratica. Durante la guerra di aggressione della Turchia contro Afrin sono stati ripetutamente attaccati e distrutti cimiteri, siti religiosi come moschee. Il 18 marzo, quindi nel primo giorno nel centro città, è diventata bersaglio la statua del fabbro Kawa, una figura mitologica curda, e è stata distrutta. Il fabbro Kawa è il simbolo della liberazione del popolo dalla schiavitù e dalla tirannia. Sono state attaccate e distrutte anche immagini di combattenti caduti, simboli dell’amministrazione autonoma e immagini del dirigente curdo Abdullah Öcalan.

Una regola imperturbata delle forze di occupazione è di alzare la propria bandiera. Lo stesso giorno anche sull’edificio dell’amministrazione cittadina è stata issata la bandiera turca e soldati si sono fatti fotografare certi della vittoria. Il significato del messaggio è inequivocabile. L’ho sottomesso, è mio, ora qui il padrone sono io.

Anche se tutto, sia le affermazioni verbali sia la pratica a Afrin, indicano chiaramente un’occupazione con l’obiettivo di un genocidio, la Turchia cerca di nascondere questa verità.

Il tentativo di nascondere l’occupazione

Erdogan il 18 marzo ha annunciato con le seguenti frasi l’ingresso nel centro città: „Voglio darvi una buona notizia. Dalle 8.30 e di questa mattina la città di Afrin è sotto il nostro controllo. Nel centro città di Afrin non sventolano più gli stracci dell’organizzazione terroristica, ma il simbolo per la pace e la sicurezza. Lì ora sventola la bandiera turca insieme alla bandiera dell’ESL.“3

Per vendere al pubblico questa guerra di occupazione documentata da sufficienti immagini come „guerra di liberazione“, la Turchia naturalmente ha immediatamente avviato misure. Il 18 marzo, proprio nel giorno della distruzione della statua del fabbro Kawa, nella stampa turca si leggeva che nella città di confine di Antep si era svolto un „Congresso di Liberazione di Afrin“ con la partecipazione di 100 e che era stato deciso un „Consiglio Cittadino di Afrin“ di trenta persone. Come portavoce di questo „Consiglio Cittadino“ è stato nominato Hasan Şindi.4

Secondo le informazioni, a questo congresso oltre a membri di gruppi jihadisti di Bab, Azaz e Şehba, hanno partecipato anche persone di Afrin che vivono in Europa. Inoltre erano presenti appartenenti ai servizi segreti turchi, all’esercito e all’apparato di sicurezza, nonché consulenti di politica estera della Turchia. Tutto questo mostra con quali obiettivi si intende svolgere questo congresso e portarlo avanti come contro-struttura. Questo gruppo eseguirà lavoro di spionaggio per lo Stato turco.

Ora rappresentanti del governo e la stampa di Stato cercano di rappresentare questo „contro-direttivo“ come rappresentanza democraticamente legittima. Si legge che nel congresso sono rappresentati esponenti di tutti i gruppi etnici e religiosi e personalità di Afrin che sarebbero molto grati alla Turchia per la „liberazione“.

Non è un segreto neanche che la Turchia sostiene gruppi all’interno della Federazione Democratica Siria del Nord/Rojava che agiscono come „oppositori“, ma in realtà sta cercando di lavorare contro il modello democratico insieme alla Turchia e al KDP. Hasan Sindi da questo punto di vista non è un ignoto. Di lui si dice che collabora con i servizi segreti turchi e lo si ritiene responsabile di assassinii e provocazioni.

Tutte le notizie sui saccheggi sono state a lungo smentite dal governo come bugie, ma dopo che le informazioni si erano talmente accumulate da non poter più essere occultate, cercano di rappresentarle come casi singoli. Su questo argomento il Ministro degli Esteri Çavuşoğlu ha detto: „Noi come nazione, governo e Stato, siamo contro tutto ciò che è disumano. Siamo contrari a cattivi trattamenti e saccheggi (…). Abbiamo ricevuto informazioni che sono state persone che sono arrivate da Aleppo e hanno saccheggiato. Da questo punto di vista l’ESL è sensibile almeno quanto noi.“5

Ma tutti i tentativi di rappresentare questa occupazione in modo diverso da quella che è, rappresentano una tragicommedia.

Piani della Turchia per Afrin

Il 21 marzo Erdogan durante una seduta dei deputati AKP ha fatto la seguente dichiarazione: „Nei prossimi giorni assegneremo un governatore e procederemo a altre assegnazioni per l’amministrazione locale“.6 In Turchia ci sono 81 con rispettivamente un governatore ciascuna. Dopo l’occupazione di Cerablûs lì è stato nominato il primo governatore all’esterno della Turchia. Con Afrin ora è il secondo. Con questo il numero di province della Turchia sale a 83.

Aree governative dichiarano che ora si tratta prioritariamente del fatto di rendere Afrin „degna di essere vissuta“. Si intende comporre l’amministrazione locale con gruppi etnici e rappresentanti di grandi famiglie. La sicurezza saarà in prima linea garantita dall’ESL, fino a quando saranno costitute forze di sicurezza locali. Quando sarà garantita sicurezza per Afrin, verranno portate da 350.000 a 400.000 persone da Kilis, Hatay e Gaziantep a Afrin.

Negli ultimi giorni crescono rapporti sul fatto che altri gruppi jihadisti da Ghouta est verranno spostati a Afrin e non a Idlib come si è sostenuto. Anche la dichiarazione di Erdogan „Dobbiamo fare qualcosa per i famigliari dei martiri dell’ESL, dobbiamo alleviare le loro sofferenze“ indica che lì si vogliono premiare anche a Afrin.

La Turchia con la violenza ha scacciato una società che dal 2011 passo per passo ha costruito organismi di autogoverno, che è riuscita a garantire la vita a una popolazione di circa 1 milione di persone (per metà fuggiti in seguito alla guerra da Kobane e Aleppo a Afrin) e amministrarla in pace e sicurezza per instaurare una regione etero-diretta e etero-popolata.

Mentre la demografia di Afrin (fino all’inizio della guerra civile nel 2011) era curda fino al 90%, Erdogan cita nuovi numeri di popolazione: secondo una dichiarazione sarebbe al 50% araba, 35% curda (che sarebbero stati insediati successivamente) e per il 7% turkmena.

Siamo testimoni di come un’occupazione nel 21° secolo attraverso una pulizia etnica viene compiuta con il sostegno e la tolleranza delle istituzioni internazionali per via delle loro politiche di interessi. Mentre valori come diritti umani, libertà, giustizia e democrazia, per i quali le persone fino a oggi lottano contro l’esistenza di ingiustizia, oppressione e sfruttamento e hanno pagato un caro prezzo, questi valori vengono calpestati da Stati e governi. Le molte azioni di solidarietà a livello mondiale mostrano che la gente sa che questi valori vengono traditi dagli Stati e che vanno difesi.

Ma questa fredda politica degli Stati fissata sugli interessi, non è solo miope, ma estremamente pericolosa. Dato che la Turchia non viene fermata nella sua guerra di occupazione lesiva della legalità internazionale, trasforma Afrin nella roccaforte di gruppi radicali islamisti, che costruisce come suo secondo esercito non ufficiale. La Turchia nei territori occupati cerca di formare per gli jihadisti il sognato Stato islamico, che a sua volta è legato a lei. Di cosa siano capaci questi mercenari, lo osserviamo con orrore giorno per giorno. Chi crede che questa arma letale trovi impiego solo contro i curdi, presto resterà sorpreso. Ma allora sarà troppo tardi.

  1. http://www.bbc.com/news/world-middle-east-43262839#
  2. http://www.spiegel.de/politik/ausland/tuerkei-erobert-afrin-mit-deutschen-panzern-gegen-kurden-a-1198807.html
  3. https://flasflas.com/gaziantepte-afrin-kurtulus-kongresi-toplandi-3856 und http://www.karar.com/guncel-haberler/afrin-kurtulus-kongresinden-11-maddelik-karar-789624
  4. http://www.karar.com/guncel-haberler/afrin-kurtulus-kongresinden-11-maddelik-karar-789624
  5. http://www.haber7.com/guncel/haber/2580908-afrin-bundan-sonra-boyle-yonetilecek/?detay=1))

Anche la Mezza Luna Rossa Turca e la Protezione Civile turca (AFAT) sono interessati a nascondere l’occupazione, come vediamo in parte con successo. Così per esempio il Tg tedesco riferisce: „Pazientemente uomini e donne aspettano davanti al camion della Mezza Luna Rossa turca. Cartoni con generi alimentari vengono scaricati e distribuiti alla popolazione di Afrin. Nessuno deve aspettare per mangiare fino a quando a casa apre il cartone dice Ibrahim Alten della Mezza Luna Rossa: “La nostra cucina da campo distribuisce cibo cado, ci sono fagioli, riso, yoghurt e pane.” ((https://www.tagesschau.de/ausland/syrien-afrin-107.html

  1. http://www.hurriyet.com.tr/gundem/afrine-vali-40781395

 * collaboratrice del Information Center of Afrin Resistance

da http://www.retekurdistan.it

 

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