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Mélenchon e la questione europea: “E ora, il popolo”

Tra un anno (dal 23 al 26 maggio 2019, come deciso dal Consiglio dell’Unione Europea) si terranno le elezioni europee per il rinnovo del Parlamento europeo. Saranno le prime senza il Regno Unito, uscito dall’UE dopo la Brexit e, pertanto, le elezioni riguarderanno gli altri 27 stati membri dell’Unione Europea. Certo, si può già immaginare che il clima politico e sociale con il quale si arriverà all’apertura dei seggi non sarà certamente lo stesso tra i diversi paesi. Tantomeno il percorso stesso che porterà, da qui a un anno, alle elezioni europee.

Già sono in campo e in discussione numerose proposte – anche se tutte sostanzialmente legate alla stessa matrice europeista – le cui differenze sarebbero rintracciabili esclusivamente nella volontà, più o meno intensa, di rafforzare la gabbia della UE e dell’euro.

Da una parte, chi spinge per il progetto di un’Unione Europea a due velocità che, lungi dall’essere un processo di integrazione graduale a cerchi concentrici, si sta sempre più configurando come una struttura piramidale frutto di una reale e concreta gerarchizzazione esistente tra i paesi membri, con Germania e Francia al vertice e gli altri paesi schiacciati e oppressi per sorreggere la potenza economica dei primi.

Dall’altra – anche se non è possibile pensare a una vera contrapposizione – chi ancora crede che sia possibile una riforma (in senso “socialdemocratico”; il capofila resta pur sempre l’Spd tedesca, al governo con Merkel) dell’apparato politico ed economico dell’Unione Europea e che è già pronto ad ergersi nelle tribune elettorali televisive come baluardo contro lo strapotere dei mercati finanziari e del neoliberismo, entrambi sostenuti e rinvigoriti dai piani d’austerity imposti dalla Troika e approvati a suo tempo dai Parlamenti nazionali con il voto di questi soggetti.

In questo scontro apparente – almeno per come viene e verrà ancor di più presentato dai media mainstream – ne esce in ogni caso vincente il dogma unitario di una maggior tendenza e stretta nei confronti dell’Unione Europea: qualcuno vorrà serrare i ranghi e stringere le viti dell’impalcatura della UE, qualcun altro cercherà di mediare e contrattare per qualche spiraglio di flessibilità. Eppure, i margini di manovra sono a zero.

Per quanto riguarda l’Italia, sarà compito del prossimo governo preparare una legge di stabilità per il 2019 che metta a regime il Fiscal Compact, introdotto in Costituzione con la modifica dell’Art. 81 e che impone il taglio progressivo del debito pubblico per ridurlo fino a circa il 60% in 20 anni. Per comprendere tale cifra bisogna analizzare la situazione ai blocchi di partenza: il rapporto debito pubblico/PIL si attesta attualmente intorno al 131,5%, per un valore di circa 2.256 miliardi a fine 2017. Lo scenario di massacro sociale che si prospetta è almeno in parte assimilabile alla distruzione della Grecia per mano della Troika e di quei partiti che hanno approvato i Memorandum o che hanno volutamente rinnegato l’esito del referendum popolare nel luglio 2015, ovvero Syriza di Tzipras.

A questo punto, la domanda sorge spontanea (almeno a chi decide di porsela, senza perseguire l’abbaglio di certa “sinistra europeista”): esiste una alternativa, una forza politica e sociale, che si opponga chiaramente e fermamente a questo progetto di massacro sociale e che non sia disposta a mettere sull’altare scarificale la vita e i diritti dei lavoratori, degli studenti e dei migranti, l’intero stato sociale, gli investimenti pubblici e la tutela dell’ambiente?

Ebbene, l’alternativa c’è ed esiste: si sta costituendo e organizzando, sui territori nazionali e nei rapporti con le altre forze politiche internazionali, affinchè si crei una vera e propria alternativa, e non un finto carrozzone o manifesto politico senza alcuna prospettiva.

In Italia, Potere al Popolo ha deciso di portare avanti questa battaglia e si prepara ad essere un punto di riferimento internazionale per tutte le altre forze europee che hanno già deciso e che decideranno di intraprendere lo stesso percorso. Come ha dichiarato Viola Carofalo (“capa” politica di Potere al Popolo) nell’intervista a Il Manifesto, in merito alle future elezioni europee: “Oggi ci concentriamo a radicare il progetto. Alle europee saremo presenti ma non vogliamo sfiancarci in discussioni infinite su alchimie e improbabili carrozzoni. Il futuro europeo non è una discussione tattica. Riprendiamo a respirare e a ragionare. Siamo d’accordo o no che i trattati UE siano un peso sul groppone di qualsivoglia tentativo di costruzione di una società in cui l’uguaglianza non sia solo una parola scritta e la lotta alla povertà una formula ipocrita? Da domande come queste discendono risposte che non sono “facciamo la lista tizio o caio”. Per questo abbiamo raccolto l’appello di Lisbona per una “rivoluzione democratica”, lanciato da Podemos, France Insoumise e Bloco de Esquerda, “per organizzare la difesa dei nostri diritti e della sovranità dei nostri popoli”. Faremo un dibattito quanto più ampio possibile per decidere come affrontare il voto europee. Porte spalancate chiunque accetti questa sfida”.

Per questo motivo, con la volontà e l’impegno necessari affinché si affermi un fronte unitario in grado di rompere la gabbia dell’Unione Europea e costruire l’ALBA Euro-mediterranea, si riporta qui di seguito la traduzione di una riflessione di Jean-Luc Mélenchon, leader di France Insoumise, sulle prospettive politiche e sui rapporti internazionali che si possono creare a partire dall’appello di Lisbona per una “rivoluzione democratica” in Europa.

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La France Insoumise ha firmato una breve manifesto con Podemos e Bloco de Esquerda in Portogallo dal titolo “Et maintenant le peuple”, “Ahora el pueblo”, “Agora o povo” [“E ora il popolo”, ndt], che sarà senza dubbio il nome comune delle nostre liste in tutti i paesi possibili. L’idea è di fondare un nuovo movimento politico in linea con i grandi cambiamenti che alla fine hanno modificato il volto della cosiddetta sinistra, prima con la caduta del Muro e poi con la dissoluzione della socialdemocrazia nel liberalismo sociale. È necessario farlo per affrontare le sfide sollevate dall’attuale violenta agonia dell’Unione Europea. Il manifesto propone di voltare pagina al neoliberismo e di uscire dagli attuali trattati. In breve, una chiara linea d’azione per il prossimo decennio.

Immediatamente, il quotidiano Le Monde, senza neanche avere il testo definitivo in mano, ne ha fatto carta straccia, che poi è girata in bocca a tutti gli altri media. Così funziona questa società popolata da quello stesso tipo di pigri che non lavorano sul testo, ma copiano ciò che conviene ai loro pregiudizi. Piuttosto che concentrarsi sulla novità e su che cosa significa, Abel Mestre di Le Monde, desideroso di andare in vacanza, ha preferito parlare a vanvera sulle differenze tra i firmatari! E, naturalmente, la divergenza si sarebbe concentrata su un “dettaglio”… l’uscita dai trattati, pertanto il “giornalista” ignora che questa figurava come l’asse portante in ogni singola parola nel testo finale che non aveva letto.

Con la stessa velocità, il povero team di Hamon ha twittato sull’argomento, impegnandosi a non far apparire una divergenza altrimenti importante con il suo alleato Varoufakis e il suo “partito” europeo DIEM 25, formato con Génération (Hamon) e un partito polacco senza eletti questa coalizione.

Varoufakis ha in effetti condannato l’intervento statunitense e francese in Siria, che Benoît Hamon invece approva. Un particolare, quando si tratta del ruolo della NATO nella politica europea… Eravamo lì quando, con la solita delicatezza di questo team, noi siamo stati costretti in nome della necessaria “unità” a rispondere al loro invito per un confronto di idee. Perché da quando ha deriso il nostro “piano B”, Varoufakis ha inventato una linea d’azione per “un piano A, un piano B e persino un piano C”. Una convocazione a… Lisbona. Podemos e Bloco hanno declinato seduta stante, sconvolti da questo tipo di processo “unitario” che non è ancora diffuso nei loro paesi così come in Francia. La cosa divertente è che ora Hamon dovrà difendere in Francia questi piani A, B, C, immaginati da Yannis Varoufakis. Certo, Le Monde non è interessato alle vere divergenze, ma solo a quelle che inventa.

Dalla pubblicazione del manifesto “E ora il popolo”, in tutta Europa si sono svolte discussioni tra i partiti e i movimenti riuniti nell’attuale gruppo GUE. Questo gruppo si trova sotto l’influenza diretta di vari Partiti Comunisti favorevoli all’Unione Europea. Questo è il caso del PCF [Parti Communiste Français, ndt] o dei vecchi comunisti della Germania dell’Est, oggi associati al partito Die Linke in Germania. È questo settore di Die Linke che presiede sia il gruppo parlamentare che il Partito della Sinistra Europea. Gruppo e partito dove siede Syriza e la squadra del greco Tsípras.

Per la France Insoumise, non se ne discute di sedere insieme a una tale componente. Quindi, il nostro funzionario eletto completerà il suo mandato nel gruppo, ma non ci si potrà chiedere di andare oltre. Inoltre, il Parti de Gauche Français ha chiesto l’esclusione di Syriza. La risposta è arrivata dal PCF: no! Letto e approvato da Grégor Gysi, presidente del Partito della Sinistra Europea e membro di Die Linke. È quindi in Die Linke che il dibattito deve svolgersi.

La raccomandazione della fondazione intellettuale di Die Linke, la “Rosa Luxemburg Shiftung”, ritiene che la France Insoumise sia la forza con la crescita più spettacolare per la sua percentuale di voti, ma soprattutto perché questa si verifica in uno dei paesi al centro del mondo capitalista. Raccomanda una cooperazione attiva e soprattutto di non interferire con i problemi che esistono tra PCF e “les Insoumis”.

Chiaramente, i leader di Die Linke al Parlamento europeo e al Partito della Sinistra Europea hanno fatto la scelta opposta, quella di un atteggiamento di ostilità nei confronti della France Insoumise. Ma ciò non è unanime in Die Linke, tutt’altro. Lo vedremo presto. Tanto più che il contagio delle adesioni a “E ora il popolo” continua. Una dozzina di partiti e gruppi di ogni dimensione hanno fatto la loro richiesta di incontri con il comitato organizzatore dei tre fondatori. Abbiamo deciso un nuovo incontro il 29 maggio, nel giorno dell’anniversario del “no” del popolo francese al Trattato Costituzionale dell’UE. Senza dubbio potremo notare poi un ingrandimento del movimento.

In ogni caso, il nuovo atteggiamento politico che incarniamo con forze come Bloco de Esquerda e Podemos avanza in Europa. Ed è una cosa positiva, piuttosto che essere condannati a seguire dei partiti comunisti sempre più ripiegati su sè stessi oppure dei partiti socialdemocratici quasi assorbiti dalla destra e chiaramente liberali. Per noi, il compito di costruire questa alternativa a livello europeo si fonde con il compito di ricostruire le forze alternative in paesi come l’Italia dove l’ex PCI e gli alleati del PSI hanno distrutto tutto e fondato un partito ormai apertamente liberale come quello di Matteo Renzi. Questo è ovviamente un lavoro complesso e avvincente che si aggiunge a tutti gli altri. Ma questo è il prezzo per organizzare la resistenza allo sfondamento dell’estrema destra e della serratura della vecchia sinistra.

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2 Commenti


  • staffolani giancarlo

    Chi parla solo di “trattati” pensa ancora di cambiarli dall’interno del sistema €uroimperialista-neocolonialista, il vecchio vizio della fallimentare “sinistra” socialdemocratica…


    • Redazione Contropiano

      Stavolta vai fuori bersaglio…

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