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Atene: invoca il golpe, deputato neonazista destituito e ricercato

E’ ancora in fuga e ricercato dalle forze dell’ordine il neonazista greco Konstantinos Barbarousis che, nel corso del dibattito parlamentare sulla sfiducia presentata dall’opposizione contro il governo, aveva chiesto all’esercito di ribellarsi e di attuare un colpo di stato, iniziando con l’arrestare il premier Alexis Tsipras, il presidente della Repubblica Prokopis Pavlopoulos e il ministro della Difesa Panos Kammenos.

Nel corso del suo violento intervento in aula a proposito dell’accordo siglato da Atene e Skopje sul nuovo nome della “Macedonia del Nord”, il parlamentare aveva accusato il governo di «non negoziare nell’interesse della nazione, ma nel proprio», e poi aveva chiesto ai vertici militari di «rispettare il proprio giuramento» e arrestare quindi i vertici di governo e stato, «per evitare il tradimento».

La mossa di Barbarousis è stata talmente sconsiderata da costringere il partito di estrema destra Alba Dorata a sconfessarlo, espellerlo dal suo gruppo parlamentare e poi dalla formazione. Dopo poche ore, inoltre, il ministro Kammenos – esponente della formazione di destra ‘Greci Indipendenti’ alleata di Syriza – ha chiesto alla magistratura che Barbarousis fosse accusato di alto tradimento ed incriminato.

In base alla legislazione ellenica, le accuse di alto tradimento fanno cadere la necessità di un voto parlamentare per togliere l’immunità al deputato che da ieri si è reso irreperibile. Secondo la polizia, Barbarousis, dopo un inseguimento con la polizia sulla Atene-Patrasso, si nasconderebbe ora nella regione Aetolia-Acarnania (Grecia occidentale), dove è stato eletto.

Intanto si attende il voto sulla mozione di sfiducia contro l’esecutivo presentata dall’opposizione di centrodestra di Nuova Democrazia, il cui leader Kyriakos Mitsotakis ha definito l’accordo siglato martedì scorso con Skopje “dannoso” e “frutto di una ritirata nazionale”. Tsipras può contare su una risicata maggioranza in parlamento, ed anche i Greci Indipendenti di Kammenos si sono detti contrari all’accordo raggiunto dal capo del governo con il suo omologo macedone Zoran Zaev. Ma a sostegno di Tsipras potrebbero votare alcuni deputati centristi che non fanno ufficialmente parte della sua maggioranza e anche Kammenos si è detto non intenzionato a mettere a rischio l’esecutivo nonostante la sua ferma opposizione al patto che concede all’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia l’utilizzo, nella propria denominazione ufficiale, di un termine che i nazionalisti greci, trasversalmente agli schieramenti politici, rivendicano come parte esclusiva della propria storia e della propria cultura. 

“Solo i greci possono essere chiamati macedoni” ha spiegato ai media Michalis Patsikas, il promotore della protesta. “La storia è scritta nel sangue” ammoniva invece uno striscione tenuto da un monaco. Ma ieri sono state solo poche centinaia di persone, compresi alcuni sacerdoti ortodossi e deputati di Alba Dorata, a manifestare davanti al parlamento in Piazza Syntagma. Negli anni scorsi però le manifestazioni trasversali convocate contro la Macedonia da numerose forze politiche greche, dall’estrema destra fino alla sinistra, hanno visto la partecipazione di milioni di cittadini e cittadine.

Paradossalmente, anche a Skopje si mobilitano le forze contrarie all’accordo. Ieri, per il secondo giorno consecutivo, nella capitale del piccolo stato nato dalla disgregazione della Jugoslavia – che grazie all’accordo potrà ora chiedere l’adesione alla Nato, finora bloccata dalla Grecia – hanno protestato diverse migliaia di manifestanti che, intonando canti patriottici e slogan contro il governo, hanno ricevuto la solidarietà del Presidente della Repubblica Gjorgje Ivanov, anch’egli contrario all’accordo, che ha annunciato di non voler firmare perché dannoso per il paese e anticostituzionale.


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