Analisi del voto di Murat Çakir sulla vittoria del blocco-Erdoğan in Turchia, 26.06.2018
Anche in queste – profondamente antidemocratiche e inique – elezioni in Turchia, non sono mancati aspetti drammatici. Già alla vigilia il significato di queste elezioni si è acuito in modo drammatico. Nei media borghesi in Germania le elezioni presidenziali e parlamentari sono state stilizzate fino a »elezioni fatali«. Altrettanto si è sentito anche in aree di opposizione della Turchia. Ma l’umore mutevole percepito nelle ultime settimane di campagna elettorale non ha portato il risultato sperato dall’opposizione. Eppure la sinistra radicale turca aveva messo in guardia da aspettative fin troppo altisonanti: una dittatura non si può destituire tramite elezioni. In effetti, le elezioni anticipate hanno giocato a favore del regime dell’AKP che si trovava in una grave crisi. Il regime ha usato queste elezioni per legittimare la dittatura presidenziale e per il declassamento dell’opposizione borghese. Ora è definitivo: il blocco reazionario-fascista di AKP, MHP e del piccolo BBP nonostante le difficoltà economiche del Paese è riuscito a mobilitare la sua base di elettrici e elettori e allo stesso tempo a trasmettere a frazioni del capitale in modo credibile che è in grado di provvedere a una relativa stabilità dell’ordine neoliberista. Con Erdoğan presentano un Presidente con un’incredibile pienezza di poteri e con 343 deputati hanno in mano la maggioranza parlamentare.
Muharrem Ince, il candidato presidenziale del CHP kemalista, non è riuscito a incassare dal clima di svolta sociale creato dalla sua campagna elettorale impegnata un risultato che portasse quanto meno prodotto un ballottaggio. Anche se Ince è riuscito a unire sulla sua persona l’8 percento di voti in più del suo partito, si è dovuto dare per vinto e con il suo rifiuto di parlare alle sostenitrici e ai sostenitori del CHP nella serata delle elezioni, ha perso molto in termini di simpatia. Meral Akşener, la Presidente della scissione neofascista dell’MHP, Iyi Parti, con il 7,3 percento è riuscita a ottenere meno voti del suo partito.
L’ex co-Presidente dell’alleanza di sinistra HDP, Selahattin Demirtaş, con l’8,4 percento ha raggiunto un successo di tutto rispetto. Poter raggiungere in carcere e senza possibilità di comunicare direttamente con elettrici e elettori un simile risultato è particolarmente degno di nota e una prova del fatto che l’alleanza di sinistra è riuscita a sostenere il suo esame di maturità.
I numeri
La partecipazione al voto, con l’86,4 percento va considerata relativamente alta se si tiene conto del fatto che in particolare nelle zone curde si è cercato di tenere elettrici e elettori dell’HDP lontani dai seggi attraverso repressione, intimidazione e uso della violenza. Nelle zone curde sono state rilevate massicce manipolazioni del voto. Ciò nonostante l’HDP in 11 distretti elettorali curdi è riuscito a affermarsi come prima forza. Lì Demirtaş ha ottenuto numeri di voti superiori alla media.
Nelle elezioni presidenziali Erdoğan ha avuto gioco facile. Oltre all’apparato statale e alle strutture di partito, aveva a disposizione anche la maggior parte dei media turchi. Nelle condizioni date dallo stato di emergenza, della divisione dei poteri abolita, di un elettorato AKP-MHP fomentato al nazionalismo e dal regime repressivo rafforzato, Erdoğan ha potuto fare e disfare a suo piacimento. Accuse di falsificazione delle elezioni e di massicce manipolazioni del voto sono da prendere molto sul serio, ma da sole non bastano a spiegare il risultato elettorale. Questo è il seguebte:
Elezioni presidenziali:
Candidato | Voti | percentuale |
Recep Tayyip Erdoğan | 26.324.482 | 52,59 |
Muharrem İnce | 15.336.594 | 30,64 |
Selahattin Demirtaş | 4.205.219 | 8,40 |
Meral Akşener | 3.649.233 | 7,29 |
Temel Karamollaoğlu | 443.766 | 0,89 |
Doğu Perinçek | 98.926 | 0,20 |
Erdoğan è riuscito a superare la crisi nel blocco di potere e a aggiudicarsi le elezioni nella prima tornata elettorale. Il risultato mostra che Erdoğan continua a riuscire a raccogliere al suo seguito una gran parte della maggioranza della popolazione sunnita-conservatrice. Che Demirtaş abbia ottenuto meno voti dell’HDP, dipende sicuramente dal fatto che anche all’interno dell’elettorato dell’HDP le possibilità di Muharrem İnce sono state ritenute maggiori e che İnce ha potuto avere voti anche da elettrici e elettori dell’HDP (in particolare nelle zone occidentali).
Elezioni parlamentari:
Partito | Elezioni parlamentari del 24.06.2018 | Elezioni parlamentari del 01.11.2015 | ||||
percentuale | Voti | deputati | percentuale | Voti | deputati | |
AKP | 42,6 | 21.333.172 | 293 | 49,5 | 23.673.541 | 317 |
CHP | 22,6 | 11.346.240 | 146 | 25,3 | 12.109.985 | 134 |
HDP | 11,7 | 5.65.664 | 67 | 10,8 | 5.145.688 | 59 |
MHP | 11,1 | 5.564.103 | 49 | 11,9 | 5.691.737 | 40 |
Iyi Parti*) | 9,95 | 4.989.639 | 44 | — | — | — |
Altri | 2,05 | 1.026.582 | — | 2,54 | 1.902.659 | — |
Lo Iyi Parti è stato fondato solo quest’anno.
A confronto con le elezioni del 1 novembre 2015 l’AKP ha avuto perso voti e seggi in Parlamento ma insieme all’MHP, che ora prevedibilmente diventerà partner di governo, può disporre di una maggioranza di 342 deputati. Ma indipendentemente da questo, il Parlamento ha comunque pochi poteri. Secondo la nuova Costituzione il Presidente dello Stato è sia capo del governo e in determinati casi – che con Erdoğan diventeranno la normalità – può governare per decreto prescindendo dal Parlamento e eventualmente sciogliere il Parlamento. Erdoğan nomina ministri, capi di stato maggiore, rettori di università, magistrati ecc. La precendente rimozione di fatto della divisione dei poteri, ora è realtà costituzionale. Con questo risultato ora la porta è aperta a una istituzionalizzazione di una palese dittatura fascista. Ma se si arriverà a questo dipende da molti fattori.
Un risultato estremamente interessante, a stento spiegabile con analisi ragionevoli di queste elezioni, è la quota di voti dell’MHP neofascista. L’MHP durante tutta la campagna elettorale – a parte una manifestazione e alcune iniziative salottiere – non ha quasi mosso un dito. Solo il Presidente dell’MHP Devlet Bahçeli si è visto nei notiziari. A questo si è aggiunta la scissione da parte di Meral Akşener. Quasi tutti gli istituti di sondaggi elettorali vedevano l’MHP sotto la soglia del 10 percento. Che un partito che si è scisso sia quasi riuscito a mantenere la sua quota di voti del 2015 e che comunque la sua scissione abbia ottenuto quasi il 10 percento, è più che inusuale e alimenta accuse di manipolazione del voto. È possibile che lo Iyi Parti di Akşener abbia potuto approfittare della migrazione di elettrici e elettori da AKP e CHP, ma non della effettiva base elettorale dei neofascisti. Anche se lo Iyi Parti con il 9,95 è rimasto sotto la soglia del 10 percento, in base alla legislazione elettorale in materia di alleanze, con la quale la soglia del 10 percento viene rimossa per alleanze di partiti, è riuscito a entrare in Parlamento. Per via del suo orientamento neofascista si può partire dall’idea che lo Iyi Parti in futuro voterà con il blocco reazionario-neofascista, piuttosto che con il CHP e l’HDP.
Il risultato del CHP getterà i kemalisti in una crisi profonda. Soprattutto perché il loro comportamento nella sera delle elezioni ha profondamente deluso molti sostenitori e sostenitrici del CHP. L’esperimento della direzione del CHP di puntare con candidate e candidati kemalisti-nazionalisti e conservatori e un atteggiamento apertamente razzista (contro i profughi siriani), a una maggioranza nella popolazione sunnita-conservatrice, si può considerare fallito. L’ulteriore erosione del partito è prevedibile e non potrà essere fermata neanche dalla sinistra del partito, soprattutto perché la direzione del CHP continua a considerarsi rappresentanza di classi dominanti.
La soglia del 10 percento – introdotta dopo il golpe militare del 12 settembre 1980 per tenere i partiti curdi lontani dal Parlamento – fondamentalmente valeva solo per l’HDP, che con il suo risultato ha messo agli atti questa soglia. L’ingresso dell’HDP in Parlamento, nonostante numerosi deputati e circa 17.000 funzionari siano in carcere e il partito sia stato più volte ostacolato dalla repressione, va senz’altro considerato un successo. L’HDP è l’unico partito nel quale circa la metà dei deputati sono donne e nel quale sono presenti diversi socialisti e socialiste, e, dato che rappresenta i ceti oppressi e le classi subalterne, può essere considerata l’unica forza parlamentare dell’opposizione sociale e politica.
Conclusione
Per via delle condizioni non è assolutamente possibile parlare di elezioni democratico-borghesi e eque. Queste non sono state né »le ultime elezioni libere« né in qualche maniera »elezioni fatali« come si propaganda volentieri. Dopo il referendum costituzione del 2010, e in particolare dopo l’ultimo referendum del 16 aprile 2017, la transizione verso la dittatura era stata compiuta da tempo. Con le elezioni presidenziali e parlamentari del 24 giugno 2018 è stata legittimata la dittatura presidenziale. Il regime dell’AKP con le elezioni anticipate intendeva ripristinare la sua reputazione nei confronti degli attori internazionali e stabilizzarle attraverso la legittimazione i rapporti di forza diventati più fragili. Per ora Erdoğan ci è riuscito. Ma vista sulla prospettiva, la dittatura presidenziale di Erdoğan ha i piedi di argilla. Perché la crisi multipla in cui da tempo si trova il Paese, è diventata più profonda. Ora il nuovo governo Erdoğan deve mantenere le promesse che ha fatto ai mercati finanziari internazionali prima delle elezioni. L’attuazione di ulteriori »riforme economiche« neoliberiste sono prossime e questo risanamento prima o poi colpirà duramente anche i sostenitori piccolo-borghesi e del ceto medio di AKP e MHP. Misure legate a ulteriori asprezze sociali e diffusione della povertà e decisioni che si basano su »costrizioni«, porteranno a proteste e resistenze più grandi soprattutto perché sono impraticabili senza un inasprimento dell’apparato repressivo. A questo si aggiunge il fatto che la questione curda continua a essere irrisolta e contiene potenziali di conflitto più grandi e più sanguinosi.
Può essere che il blocco reazionario-fascista sia uscito rafforzato da queste elezioni. Ma è del tutto aperto come sopravivrà nei prossimi uno – due anni. Per la sinistra in Turchia le condizioni diventano molto peggiori, ma si creano anche nuove chance e possibilità di impostare in modo più forte la lotta contro il fascismo e la dittatura. Il clima di svolta che si è creato nelle ultime settimane di campagna elettorale nelle diverse aree sociali e la solidarietà elettorale con l’HDP articolata in modo palese da ceti urbano-moderni, finora da riservati fino a ostili nei confronti del movimento curdo, fanno sperare in qualcosa di più. Qui ora la sinistra turca e il movimento di liberazione curdo sono in dovere di: costruire ponti tra diversi focolai di resistenza, includere nella lotta democratica sostenitrici e sostenitori laici del CHP, di creare, assumendo la lotta di classe dichiarata dall’alto, una breccia nelle parti sunnite-conservatrici impoverite della popolazione e di animare le piazze contro la dittatura – Più facile a dirsi che a farsi, ma non impossibile, anzi assolutamente fattibile. Le esperienze della resistenza di Gezi, vissuta e sperimentata solidarietà contro la violenza della polizia, reciproco sostegno elettorale di sostenitrici e sostenitori di CHP e HDP e, nonostante tutto, milioni di elettrici e elettori, determinano una base per questo. Classi oppresse e sfruttate sanno per esperienza: possiamo perdere, ma ci rialziamo e continuiamo a lottare. Quando i dittatori perdono diventano storia. La sinistra turca e il movimento di liberazione curdo ormai hanno raccolto sufficienti esperienze per poter superare le sfide che ora hanno di fronte. Noi in Europa li dovremmo sostenere con tutta la forza possibile e incoraggiarli per questa lotta.
*da Rete Kurdistan
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