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Immigrazione e diritto d’asilo in Francia nell’era Macron

Il testo legislativo che modifica il quadro giuridico in materia di diritto d’asilo e d’immigrazione in Francia sta per essere licenziato dal Senato d’oltralpe che ha iniziato la discussione il 19 giugno scorso, dopo essere passato per il Parlamento.

Il dibattito parlamentare è durato ben 61 ore ed ha visto la presentazione di 999 emendamenti, la legge è stata definitivamente approvata domenica 22 aprile in serata con 228 voti a favore, contro 139 e 24 astensioni.

Questa legge, composta da 42 articoli, è uno dei tasselli fondamentali dell’azione a tutto campo di Emmanuel Macron ed ha subito solo lievi modifiche in Parlamento rispetto alla sua proposizione all’inizio di quest’anno, ufficialmente presentata al consiglio dei ministri il 21 febbraio, anche se precedentemente annunciata.

Il cosiddetto “delitto di solidarietà” al centro delle cronache politico-giudiziarie per diversi casi di aiuto materiale ai migranti che hanno attraversato la frontiera, non è stato abrogato, ma solo “emendato”, nonostante la sua abolizione fosse stata chiesta a gran voce dall’opposizione e da una parte importante dell’opinione pubblica.

Durante il dibattito Jean-Luc Mélenchon, deputato e leader di France Insoumise, ha esortato i deputati dichiarando: “non dimenticate mai che noi stiamo discutendo di fronte ad un cimitero, quello dei 30.000 che sono morti nel Mediterraneo

Come ha ricordato nel proprio appello a manifestare il 2 giugno a Parigi, la marche de solidarieté, composta da più di 80 realtà coagulatesi attorno alla proposta di ritiro della legge prima della sua discussione in Senato: “Dal Primo gennaio al 29 maggio, sono stati recensiti 655 morti nel Mediterraneo dall’OIM (Organisation Internationale des Migrations)”.

E l’arrivo nel Vecchio continente non costituisce certamente un approdo sicuro, specialmente per chi è costretto ad attraversare le frontiere come i numerosi decessi testimoniano, a nascondersi o a vivere in accampamenti di fortuna come quello recentemente sgomberato alla periferia parigina.

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La legge “pour une immigration maîtrisée et un droit d’asile effectif”, com’è stata presentata nei termini della neo-lingua macroniana, ha visto la maggioranza del leader di En Marche compatta rispetto alla sua votazione, tranne il caso di un unico deputato di LREM “congedatosi” dopo il voto contrario e 14 astenuti tra le sue fila, nonostante su alcuni aspetti del pacchetto legislativo promosso dal Ministro dell’Interno Collomb si fossero levate in precedenza, per la prima volta dal big bang elettorale di Macron, delle voci critiche all’interno dei deputati di En Marche: come per esempio sulla detenzione dei minori, che è stata comunque confermata.

Anche su questo aspetto l’immagine vincente di “rullo compressore” del decisionista Macron e di una maggioranza compatta attorno al suo leader narrata dai media ne esce rafforzata.

Le linee guida della proposta legislativa erano state anticipate l’autunno scorso attraverso l’agenzia stampa AFP ed avevano suscitato un vivace dibattito e una ferma opposizione tra le varie reti di realtà solidali che hanno promosso varie mobilitazioni a riguardo, costituendo una porzione importante della convergenza di differenti parti del blocco sociale coagulatisi negli ultimi mesi contro Macron.

L’opposizione in parlamento a questi provvedimenti legislativi è stata un banco di prova trasversale unitario dal PCF fino a France Insoumise, passando per i socialisti di Hammon.

Questo, nonostante il PS si fosse reso responsabile di modifiche in senso peggiorativo durante le legislazioni precedenti rispetto a questa materia, di cui gli attuali provvedimenti legislativi ne costituiscono l’ideale continuazione, ma con un “salto di qualità” che rende ancora più fragile e precaria la condizione degli immigrati non provenienti dall’Unione Europea.

Il fine esplicito della legge è rendere più vulnerabile questa fascia di popolazione, intensificando un approccio punitivo alla gestione dei flussi migratori e sostenendo la criminalizzazione della solidarietà nei confronti dei migranti.

È una idea stessa di società che si vuole promuovere che coniuga il neo-liberalismo e la deriva razzista e xenofoba allo stesso tempo, dentro una narrazione del cambiamento che fa di Macron né più né meno che un Salvini leggermente “francesizzato”.

È foriera di un clima politico complessivo che si articola in un attacco più generale che in Francia è stato ribattezzato, come giustamente se si trattasse di una malattia: macronie.

In Francia il termine “dubliné” indica l’immigrato che è stato registrato fuori dall’Esagono e che il clima politico di “guerra tra poveri” promosso dall’attuale maggioranza governativa vorrebbe respingere al di là dei confini nel Paese – sovente l’Italia – in cui gli sono stati presi i dati ed è stato obbligato a fare richiesta d’asilo.

I “dubliné”, come coloro che potrebbero fare richiesta d’asilo (Aquarius docet), sono i bersagli di questa ondata razzista che riportano la Francia alle pagine più scure della sua Storia del periodo di Vichy o delle rappresaglie anti-algerine durante la Lotta di Liberazione del Paese Nord-Africano.

Questo pacchetto si inserisce in un progetto a tutto campo che ha di fatto sdoganato ancora maggiormente le tematiche care alla destra del Front Nationale e dell’estrema destra “identitaria”, quest’ultima di fatto lasciata libera di agire, che En Marche sfrutta e insegue sul loro stesso terreno di fatto alimentandola.

Non è assolutamente secondario che questa legge porti il nome di Gérard Collomb, ministro dell’Interno, forse il politico più importante della cerchia di Macron.

Collomb è un fedele di Macron dall’estate del 2015, è uno dei primi ad avere puntato sul progetto del leader di En Marche, a cui ha messo a disposizione le sue reti relazionali maturate durante una vita dentro il PS e i suoi tre mandati di sindaco di una delle maggiori città francesi: Lione, non a caso è stato posto “al di sopra di ogni possibilità di critica” da Macron stesso a cui riserva una “fiducia assoluta”.

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Un dispaccio della Reuters del 21 febbraio scorso che analizza sinteticamente la proposta di Collomb riporta le seguenti cifre ufficiali: “La Francia ha ricevuto nel 2017 più di 100.00 richieste d’asilo (contro le 186.644 della Germania) e ha acconsentito la sua protezione per 43.000 riconoscendogli l’attributo dello status di rifugiato e della “protezione sussidiaria”, secondo l’Office français de protection des réfugiés et apatrides (Ofpra). Nello stesso periodo, 14.859 stranieri in situazione di irregolarità sono stati espulsi con la forza, un incremento del 14,6% rispetto al 2016, e 85.408 stranieri sono stati respinti alla frontiera nel quadro del ristabilimento dei controlli in vigore dal 2015, secondo le cifre del Ministero degli Interni”.

Ritorneremo in maniera più analitica sul testo quando la legge passerà al Senato, ora passiamo brevemente in rassegna per sommi capi ciò che questo pacchetto conteneva all’origine, per dare una idea d’insieme del provvedimento:

– Si vuole riduce il tempo di cui dispone un immigrato, una volta entrato in territorio francese, per depositare una richiesta d’asilo dagli attuali 120 a 90 giorni, passati i quali la richiesta potrà essere oggetto di una procedura accelerata, generalmente meno favorevole.

Si vuole ridurre da 14 a 6 mesi il tempo medio che intercorre tra la richiesta e la risposta, ricorsi compresi.

Si intende ridurre da un mese a quindici giorni il tempo per appellarsi alla Cour national du droit d’asile (CNDA) sulle decisioni del’Ofpra rispetto alla concessione del diritto di rifugiato.

Per le persone originari di Paesi classificati come “sicuri”, fare appello non permette più di sospendere la decisione d’espulsione.

– Il periodo massimo di detenzione amministrativa per gli stranieri in condizione irregolare è portato da 45 a 90 giorni (prorogabile fino ad un massimo di 135 per i “recalcitranti”). Una misura che “cozza” contro il dato di una media attuale di 12-13 giorni di detenzione per le persone che vengono poi espulse.

– Il “fermo amministrativo” per gli stranieri durante un controllo d’identità o della verifica del permesso di soggiorno è allungato a 24 ore in un stazione della polizia o della gendarmerie per procedere ad ulteriori controlli, contro le 16 ore attuali.

– Un allungamento della tempo di decisione del “juge des libertés” dalle attuali 24 ore, alle 48-72 ore : le associazioni stimano che un intervento tardivo del giudice può portare ad un aumento delle espulsioni senza un udienza preliminare di fronte ad una autorità giudiziaria.  

– Viene ristabilito il delitto di attraversamento illegale delle frontiere esterne allo spazio Schenghen, punibile con un anno di prigione e una pena pecuniaria pari a 3.750 Euro in caso di flagranza di reato.

– Viene punito con 5 anni di carcere e 75.000 di multa “l’uso fraudolento di titoli di soggiorno che permettono, con un passaporto straniero, di entrare sul territorio senza disporre di un visa, di mantenersi, e nella maggior parte dei casi, di lavorare”: questa disposizione mira a colpire i sans-papier vittime del lavoro nero. 

– L’estensione di alcune misure di sorveglianza e restrittive rispetto a coloro “in attesa” di ricevere il responso alla loro richiesta di diritto d’asilo.

In UE qualunque statista di qualsiasi schieramento, a parte alcune sfumature, non può che portare avanti lo stesso progetto di “progresso regressivo” che l’autore di questo concetto, Adorno, aveva sperimentato sulla propria pelle nell’Europa delle due guerre.

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