Giovedì 19 è stato il 39° anniversario del trionfo della Rivoluzione Sandinista, un processo che ha rappresentato un punto di svolta nella storia della nazione centroamericana, perché ha significato la fine della dittatura della famiglia Somoza e avviato un processo di cambiamenti socio-economici a beneficio del popolo nicaraguense.
Grazie alle azioni del Fronte di Liberazione Nazionale Sandinista (FSLN), il 19 luglio 1979 è stata messa fine alla dittatura di Somoza, che aveva governato la nazione per quasi mezzo secolo.
Attualmente, il Nicaragua affronta una crisi sociopolitica alimentata dalla destra interna ed internazionale con l’intenzione di rovesciare il governo del presidente Daniel Ortega, eletto nelle urne dalla volontà popolare.
In occasione di questa celebrazione, il vice presidente della nazione Rosario Murillo ha chiamato tutte le persone e tutti i comuni “a commemorare insieme la vittoria in rotta verso nuove vittorie”.
Centinaia di migliaia di sostenitori sandinisti sono arrivati con le famiglie, compresi i bambini, provenienti da diverse parti del paese con le bandiere, berretti e sciarpe rosso e nero, con indosso t-shirt con l’immagine di Ortega o slogan che diceva “amore puro”. Nonostante tre mesi molto duri, con le proteste strumentalizzate da bande terroristiche sostenute dalla Cia e dai vescovi locali.
“Non ce ne siamo andati, no”, cantava la folla, mentre alcuni slogan danzati salutavano il leader sandinista, Daniel Ortega, con ritornelli come “anche se sta male, Daniel rimane”.
Il Presidente Daniel nel suo discorso ha detto anche: “chiediamo a tutti i vescovi di aiutarci a difendere la patria e ad esorcizzare quei demoni”. E infine: “i nostri affari non si risolvono a Washington, si risolvono in #nicaragua“
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