Gli argentini sono di nuovo scesi in piazza – nelle piazze di tutto il paese – a protestare contro l’ennesima virata autoritaria dell’attuale governo. Sotto accusa, questa volta, un decreto (683/2018) firmato dal presidente Mauricio Macri, con cui si autorizza l’uso delle forze armate per operazioni di polizia e sicurezza interna.
Per capire la gravità del gesto politico, da parte del presidente, occorre tornare indietro agli anni ’70, poco prima del colpo di stato del 1976. A quell’epoca venne teorizzata l’esistenza di un “nemico interno” – identificato nelle organizzazioni politiche di sinistra – e di conseguenza la necessità di combatterlo secondo i crismi di una vera guerra, la cosiddetta “guerra sporca”. Solo dalla fine degli anni ’90, varie leggi hanno riportato l’esercito alle funzioni per cui è nato: difendere i confini, proteggere lo stato da eventuali attacchi esterni.
Il governo giustifica oggi questo decreto con la lotta al narcotraffico e al terrorismo internazionale (peraltro non risultano infiltrazioni di Al Qaeda o Isis in Argentina), ma per le organizzazioni per i diritti umani e l’opposizione si tratta di un retaggio della dittatura.
Secondo il quotidiano Clarín, pubblicato dal gruppo economico che più ha sostenuto l’elezione di Macri nel 2015, i decreto rappresenta una virata rispetto alla dottrina nel kirchenerismo della difesa nazionale. Un modo per far digerire la pillola agli antiperonisti-antikirchneristi idiosincratici.
In realtà, la prima legge che ridefinisce le funzioni delle forze armate risale al 1988, con un governo radicale, seguita da norme del 1991 e del 2001, ben prima della elezione di Nestor Kirchner, nel 2003. È invece del 2006, in pieno kirchnerismo, il decreto 727 che esclude perentoriamente “tutte quelle concezioni che cercano di estendere e/o ampliare l’utilizzo dello strumento militare a funzioni totalmente estranee alla difesa, definite di solito nuove minacce”.
Quali possano essere davvero queste “nuove minacce”, in un momento di forti tensioni sociali e di conflitti che andranno ad acutizzarsi nei prossimi mesi, è facile immaginare. Va detto che, 35 anni dopo il ritorno dell’Argentina alla democrazia, le forze armate si sono rinnovate. Un generale oggi 55enne era un’adolescente negli anni della dittatura. Ma il decreto 683 infrange un tabù, un nunca más (“mai più”), un accordo tra tutte le forze politiche che si riconoscono nei principi democratici.
Non si tratta di una decisione improvvisa, ma del tassello finale di una strategia iniziata un anno fa, in coincidenza con la desaparición del giovane Santiago Maldonado (il 1 agosto ricorre un anno dalla scomparsa), il cui cadavere è stato ritrovato dopo quasi tre mesi di finti avvistamenti e omissioni (www.alganews.it/2017/10/21/argentina-caso-maldonado-famigliari-riconoscono-corpo-dai-tatuaggi). Criminalizzazione della protesta (Santiago stava partecipando a un’occupazione sgomberata con violenza dalla gendarmería nel Sud del paese, in appoggio a un’organizzazione mapuche che reclama la restituzione della terra, o parte di essa, ai nativi), repressione della solidarietà sociale e ora un nuovo via libera alle forze armate.
Alla protesta hanno aderito le Madri e Abuelas de Plaza de Mayo (nella foto) e altre organizzazioni per i diritti umani, sindacati e partiti di opposizione, il collettivo “Historias Desobedientes” (storie disobbedienti), formato da figli di militari genocidi della dittatura che si sono pubblicamente dissociati dai crimini dei padri (www.alganews.it/…/esclusiva-alganews-dittatura-argentina-4…/).
“Vi possiamo descrivere come avvenne, in quel passato non tanto lontano, il cambiamento nella mentalità del personale di istituzioni abituate a obbedire: l’abbiamo vissuto in prima persona”, si legge nel loro comunicato. “Nella vita familiare abbiamo percepito come la violenza dell’epoca si inserisse nel linguaggio e nella visione della società: alcuni ‘elementi estranei’ non erano più concittadini da difendere, ma si trasformavano in sovversivi da sterminare. Oggi si punta ai mapuche, ai villeros della Garganta Poderosa (un’organizzazione di militanza politica di una villa, un quartiere marginale), ai kirchneristi o ai trotskisti (…) o semplicemente ai disperati”.
Intanto l’Argentina si sta trasformando in una polveriera, con l’inflazione al 30 per cento, l’occupazione al 9,1 per cento (2 punti percentuali in più rispetto alla fine del 2017) e l’indice di fiducia dei consumatori in caduta del 14,6 per cento rispetto a un anno fa (secondo dati del Centro de investigación en finanzas de la Universidad Torcuato Di Tella.
* da AlgaNews
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