Il Brasile è stato la culla di uno dei movimenti ecclesiastici più puri e universali che si siano conosciuti: la Teologia della Liberazione. A capo di essa, come teologo sostanziale di quella corrente, ci fu Leonardo Boff e, all’interno della Chiesa Cattolica, il vescovo Hélder Cámara, che era solito dire: “Se do da mangiare ai poveri, mi dicono che sono un santo. Però se chiedo perché i poveri sono affamati e stanno così male, mi dicono che sono un comunista”. Boff e Cámara sono stati rimpiazzati, oggi, da una corte di pastori evangelici di profilo liberista, milionari come Edir Macedo, il Vescovo della Chiesa Universale del Regno di Dio e padrone di potenti mezzi di comunicazione.
Il movimento evangelico è così diventato un asse politico e morale del paese. Senza questo, Jair Bolsonaro non sarebbe arrivato al ballottaggio delle elezioni presidenziali in condizioni ideali.
La storia delle scenografie degne di una fiction delirante e del metodo con il quale gli evangelici hanno tessuto il loro potere in Brasile è narrata dalla giornalista franco-marocchina Lamia Oualalou in un libro accattivante e utile pubblicato in Francia da Editions du Cerf, Jesús t’aime, (Jesù ti ama). Esperta di America Latina, la giornalista (che scrive su Le Figaro, Mediapart, Europe 1, e Le Monde Diplomatique) ha fatto ricerche sul territorio plurale degli evangelici e la sua ricerca contribuisce in maniera determinante a comprendere cosa è successo, come gli evangelici si sono radicati nelle zone più povere del Brasile e come sono penetrati in tutti i settori della società mentre la Chiesa Cattolica e la sinistra brasiliana si da esse.
Con il passare degli anni, dalle basi e con una narrazione basata sulla “teologia della prosperità”, gli evangelici sono diventati una presenza comune nelle favelas, un appoggio quotidiano e strutturato per milioni di poveri. Allo stesso tempo hanno sviluppato un’imponente rete di mezzi di comunicazione. Hanno diffuso la loro dottrina, i loro valori, il loro grido di guerra, Gesù Ti Ama, e i loro divieti: si beve Juda Cola e non l’altra.
Lontana dalle sintesi frettolose e folcloristiche, la ricerca di Lamia Oualalou è un ritratto fresco e profondo di una particolarità brasiliana la cui dimensione non sempre è stata tenuta in conto. Non è un caso che nel 2010 un noto evangelista legato alla Chiesa Universale, Marcelo Crivella, diventasse sindaco di Río de Janeiro. Il principale paese cattolico del mondo, quello dove, nel suo primo grande viaggio, il papa Francesco ha mobilitato milioni di persone, è la terra promessa di un evangelismo ultraconservatore.
Il movimento evangelico ha vinto sul papa e, come dimostra l’autrice della ricerca, anche sul Partito dei Lavoratori (PT) e sul resto della sinistra brasiliana che si è concentrata sui nuclei urbani e ha trascurato le periferie dove prosperano l’emarginazione, la povertà, la violenza e la solitudine sociale. Questo libro accattivante cala il sipario su un paese che si è buttato sul messaggio evangelico e le sue proposte redentrici quando lo Stato l’ha abbandonato.
L’intervista
Bolsonaro non si sarebbe trovato a un passo dalla presidenza senza il sostegno degli evangelici. Questi hanno sconfitto il PT nei templi abbastanza prima delle elezioni. Qual’è la sua visione di questo fatto?
In Brasile abbiamo visto la conseguenza diretta dell’influenza evangelica sulle elezioni dopo che i pastori più importanti hanno fatto appello a votare per Bolsonaro. Oggi abbiamo una buona parte della popolazione brasiliana che non solo è evangelica ma che pure esegue quello che dice il pastore. Questo ha avuto e avrà un impatto molto complesso perché il PT non sa parlare con gli evangelici. Questo è stato uno dei grandi errori che ha commesso nel passato. Bolsonaro ha capito molto bene come parlare con loro. Sua moglie è evangelica ma lui no.
Bolsonaro ha accettato tutta la parte spettacolare evangelica: ha chiesto a un pastore che lo battezzasse e partecipa frequentemente alle funzioni evangeliche. E siccome la sinistra ha abbandonato in molti sensi i poveri, questi sono andati sempre più verso la destra. In questo momento di crisi e di paura lui arriva con i discorsi di ordine, di ammazzare i banditi. E poi c’è pure il lavoro di demonizzazione del PT che i pastori hanno saputo fare molto bene.
Il discorso che si ascolta nei templi consiste nel dire che la crisi e la recessione sono dovuti a un intervento di satana, e questo satana è il PT. Il diavolo ha fatto sì che la prosperità economica terminasse. Presentano il PT come se fosse un partito molto radicale quando in realtà è di centrosinistra. La gente ha accettato una retorica che niente ha a che vedere con la realtà. D’altra parte, gli evangelici hanno lavorato sui mezzi di comunicazione. La seconda televisione del paese è di proprietà di Edir Macedo, il vescovo della Chiesa Universale. Macedo ha messo tutto il suo apparato mediatico al servizio di Bolsonaro. La notte dell’ultimo comizio prima delle elezioni lui non c’è andato, ma la televisione evangelica ha mandato un’intervista con lui. É stata una guerra aperta usando tutti i mezzi degli evangelici. La gente ascolta solo la radio evangelica, vede la televisione evangelica, partecipa ai gruppi evangelici di Facebook e WhatsApp. La gente vive confinata in quel mondo. Ed è ovvio, vivono in quel circolo perché i partiti e i movimenti progressisti, il PT per esempio, hanno abbandonato questa gente. Insomma, quello che è successo è che sono stati tagliati i ponti per dialogare con la gente umile.
Il PT cerca, in fretta e furia, di avvicinarsi a quell’elettorato, però per la gente che crede nel discorso del pastore ormai è tardi. Ciò che bisognerebbe fare è decostruire l’immagine dei pastori e dimostrare che la maggior parte di loro sono banditi, che hanno le principali ricchezze del paese. Però questo non si può fare in un paio di settimane. Ciò che bisognerebbe fare è tornare a parlare con tutta questa gente, però non della Bibbia come stanno provando a fare, ma delle cose più importanti nella vita del brasiliano: un’istruzione minima di base, una accesso alla sanità, avere di nuovo farmacie popolari che diano medicine gratuite, avere un salario minimo. Questa credo che sia l’unica maniera di recuperare una parte del voto evangelico. Il potere di Bolsonaro dipenderà molto dal potere dei pastori evangelici.
Nella sua ricerca è molto chiaro che questa espansione dell’evangelismo è una conseguenza dell’assenza critica dello Stato come pure di un allontanamento della Chiesa cattolica e della sinistra dai settori popolari. L’evangelismo si espande in vari paesi.
C’è un’espansione decisiva dell’evangelismo in America Latina. In Messico, gli evangelici hanno svolto un ruolo nell’elezione di Andrés Manuel López Obrador, anche se non è stato così importante. In questo paese l’organizzazione politica degli evangelici ancora non è consolidata e i cattolici continuano a frequentare la Chiesa. Ma si sviluppa anche in Argentina, in Colombia e in Chile, e in America Centrale. Per spiegarlo bisogna evidenziare che ci sono stati vari movimenti che si sono prodotti contemporaneamente. Da un lato, poco a poco, la Chiesa Cattolica è scomparsa dai luoghi più popolari o non c’è mai stata com’è successo nelle nuove città popolari e nelle favelas che si sono create con una velocità enorme dopo gli anni 70. La Chiesa cattolica qui ha un problema di presenza urbana: si estende solo nel centro della città. In Brasile, nelle favelas e nelle città emergenti non c’è un centro. Perciò, da una parte la Chiesa cattolica non entra. Dall’altro, in quel mondo suburbano, povero, con gente oriunda per esempio dal Nord Est che ha perso l’appoggio familiare e non ha un lavoro decente, non ci sono luoghi di socializzazione.
Quando chiedevo alla gente perché andasse alla Chiesa evangelica, l’argomento teologico non compariva. Di fatto, l’unica cosa che esiste è il tempio evangelico: lì possono cantare, farsi degli amici, lasciare i loro figli. Non sono presenti né lo Stato con politiche pubbliche (salute, lavoro, istruzione), né la Chiesa cattolica, e invece sono presenti gli evangelici che sono soliti prestare alcuni di questi servizi. Nei templi trovano tutto questo, cioè un luogo di sostegno. Per esempio, se qualcuno perde il lavoro, la rete si attiva finché non gliene trova uno. Se gli manca da mangiare, gli danno riso. Gli evangelici, in Brasile, hanno occupato lo spazio dello Stato con il conseguente impatto culturale e politico che questo si tira dietro. La gente vive rinchiusa in quel mondo, tutto il tempo. E questo succede in parte anche perché i movimenti progressisti, i partiti di sinistra hanno abbandonato questa gente con un livello di danno molto alto. Non si deve dimenticare che il PT è molto legato alla sinistra cattolica.
Nel caso del Brasile è ancora più paradossale in quanto è stato il paese in cui è nata la Teologia della Liberazione. E invece, con l’espandersi dell’evangelismo e del suo modello liberista, è diventata la culla dell’evangelismo, che lei definisce come una “teologia della prosperità”.
É stata la terra della Teologia della Liberazione finché il papa Giovanni Paolo II ha deciso di farla finire. Si sono allora creati due movimenti paralleli: da un lato lo Stato scompariva mentre l’economia produceva più precarietà, e dall’altro la Chiesa cattolica si è allontanata. La logica della “teologia della prosperità” è affascinante perché dice agli aderenti della Chiesa che, di base, hanno diritto a tutto: alla salute, a una buona vita materiale. E questo subito, non nella vita dell’al di là! E se non ce l’hai è perché non lo sai esigere. Questo implica un cambiamento rispetto al la rapporto con Dio: Dio deve darti questo e tu devi solo saperglielo chiedere. E per chiederglielo devi fare parte del gruppo evangelico, pagare e pregare. E alla fine, la cosa più interessante è che funziona: quando gli evangelici dicono “smetti di bere e vai a cercarti un lavoro”, la gente finisce per lavorare di più e meglio e non è ubriaca. La gente vede che c’è un impatto positivo nella sua vita, che spende meno in alcool o in partite di calcio e ha, conseguentemente, più soldi. Il pastore promette molto, ma la gente ridimensiona i desideri con le proprie necessità reali. Tramuta le promesse del pastore di avere una Cadillac in quella di avere un lavoro meno precario, o un credito immobiliare buono. Lo credono anche se quello che ottengono è minimo.
Anche la sinistra brasiliana non ha captato a cosa corrispondeva esattamente la “teologia della prosperità”?
No. Certo che no. E questa è stata un’altra tragedia. La sinistra ha interpretato la “teologia della prosperità” in una forma molto elementare. L’ha vista unicamente come un’adattamento del neoliberismo. È certo che c’è una parte di consumismo e di denaro, ma le chiese evangeliche funzionano con una forte logica di solidarietà. Oggi si pagano le conseguenza: quello che è iniziato solo con Dio è diventato un enorme movimento moralista, anti-PT, anti-intervento dello Stato. Sí, è certo che gli evangelici sono interni a una logica di consumo capitalista. Ciononostante, questo era il discorso di tutto il paese e nessuno è stato contrario. Anche negli anni di Lula si diceva:“ora tutti i brasiliani possono essere cittadini perché hanno accesso a una carta di credito” (Guido Mantega, ex Ministro dell’Industria). E questo è precisamente quello che si dice in una Chiesa Evangelica. Per molta gente, gli anni di Lula hanno dato più legittimazione alla teologia della prosperità. Questo discorso si è impossessato di tutto il paese. Anche l’evangelismo è una forma di scalata sociale. Né il lavoro, né la politica né il sindacalismo sono permessi a quelle persone.
Bolsonaro e gli evangelici sono stati perciò protagonisti di una doppia vittoria: quella ottenuta sul PT e quella su papa Francesco?
Quando è venuto in Brasile papa Francesco si è accorto che forse era troppo tardi. Il problema era molto più grave di quello che il papa pensasse. Quando io chiedevo agli evangelici cosa pensavano di Francesco, molti di loro neanche sapevano chi fosse Francesco. Non erano neanche contro di lui: neanche sapevano bene chi fosse. E stiamo parlando del primo paese cattolico del mondo. Inoltre, la sconfitta ha un’altra dimensione: per non perdere terreno, una parte della Chiesa Cattolica in molti casi finisce per imitare la Chiesa Evangelica. In Brasile ci sono preti che li copiano totalmente: se vai a una Chiesa Cattolica una domenica non sai se sei in un tempio evangelico o in una chiesa. É tutto il movimento di rinnovazione carismatica. Il Papa odia questo movimento però ha dovuto accettarlo. L’unica maniera di cambiare la situazione attuale è con un lavoro sul territorio. Però il problema è che il Papa sta a Roma e la gente che è in Brasile la pensa al contrario, aveva scommesso sui due papi precedenti (Benedetto XVI e Giovanni Paolo II) e oggi non risponde più a quello che ordina Papa Francesco. Sconfitta anche del PT, certo. La sinistra brasiliana ha smesso di occuparsi delle popolazioni povere. E per di più la campagna è stata svolta su WhatsApp, altro dettaglio che il PT non ha compreso.
Gli evangelici hanno lavorato sulla società corpo a corpo, settore per settore. Si sono diffusi nei circoli sportivi, tra gli attori, i surfisti, la polizia, il crimine organizzato. Come farebbe un’impresa commerciale.
Gli evangelici hanno una visione di marketing sulla società. Di fatto non c’è una Chiesa evangelica, ma molte. Se un domani vuoi essere un pastore, puoi. L’unico punto in comune tra tutte le chiese è la forte personalità dei pastori. Forse un Lula oggi sarebbe un pastore. Fanno una chiesa che interessa alla gente che gioca a calcio, un’altra chiesa per i gay perché sono esclusi ed è una popolazione importante e bisogna attrarli, un’altra chiesa più rigorosa e una più permissiva. Questo finisce per avere una forza incredibile perché troverai sempre una Chiesa per i tuoi gusti. Per questo sono in tutto il paese. Hanno de strategie: una di marketing e un’altra di penetrazione dei poteri. Sono nell’apparato giudiziario, nella politica (hanno 90 deputati), nella polizia. Se vedi la pagina della polizia militare ti accorgi che una parte degli aiuti sociali sono organizzati dagli evangelici. Sono in maggioranza persino nelle carceri. A Rio de Janeiro, dei 100 rappresentanti religiosi presenti nelle carceri 92 sono evangelici. È impressionante. Alla fine, è lo Stato che dà loro questo diritto perché ha perduto la sua capacità d’intervento. Non può arrivare ai luoghi inaccessibili e gli evangelici sì. Questo dà loro un enorme potere.
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(traduzione di Rosa Maria Coppolino)
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