Il Barhein è uno dei protagonisti meno interessanti, mediaticamente parlando, del complesso scenario geopolitico mediorientale.
Retto da una monarchia costituzionale – la famiglia reale Al Khalifa – è popolato da poco più di un milione e trecentomila abitanti. Che vivono in assenza totale di democrazia.
Paese molto ricco, ospita anche un Gran Premio di Formula Uno. A parte questo, è balzato agli onori della cronaca internazionale per essere uno degli stati al cui interno è esplosa una contestazione popolare inserita nelle “primavere arabe”.
Nel 2011 infatti una ampia parte della popolazione scese in piazza, e fu duramente repressa. Si tratta della maggioranza sciita del paese che chiedeva di non essere discriminata dalla elìte sunnita al potere, rivendicando al contempo più libertà, riforme economiche in ottica sociale, meno censura, più democrazia.
La risposta è stata – come detto – la repressione. Sostenuta dal “silenzio assenso” degli Stati Uniti e dell’Europa, che come sappiamo scelgono i loro amici in giro per il mondo per interessi e convenienze strategiche, fregandosene sul rispetto dei diritti umani e dei processi democratici. Anche se poi, quando serve, sono prontissimi a dare la patente di tiranno e antidemocratico al “nemico utile” di turno.
Pratica ormai nota, che si ripete anche nella circostanza delle elezioni appena svolte proprio in Barhein.
A sentire la stampa di regime, grande successo democratico: alte affluenze ai seggi elettorali, numero record di candidati, migliaia di nuovi elettori…
Nessuna parola però sulla realtà politica e di agibilità democratica del paese: partiti di opposizione messi fuorilegge, nessuna libertà di stampa, circa 4000 prigionieri politici in carcere e molti altri in esilio, e ruolo del Parlamento assolutamente formale.
Se a questo aggiungiamo la violenza con cui è stata (e viene) repressa la protesta sociale, abbiamo la perfetta rappresentazione di uno stato in cui manca la democrazia ed il potere viene esercitato in modo dittatoriale e violento.
Ma il Barhein è alleato dell’Arabia Saudita, e si sa: gli amici degli amici sono anche nostri amici. A prescindere da tutto.
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