Il Primo Maggio si sono svolte nelle varie città dell’Esagono manifestazioni molto partecipate che hanno visto mobilitarsi insieme diverse centrali sindacali (CGT, Solidaires, FO, CNT) – oltre ad organizzazioni di categoria del mondo della scuola come FSU – gilets jaunes, forze politiche d’opposizione (France Insoumise, PCF, NPA, LO), associazioni ed il variegato mondo dell’antagonismo sociale.
Il governo parla di 164.500 manifestanti in tutta la Francia, mentre la CGT ha stimato a 310.000 il numero dei partecipanti.
La pagina FB “Le Nombre Jaunes” riportava il numero di 60.711 i partecipanti all’ultimo sabato di protesta – l’Atto XXIV – per un totale di 273 iniziative, numeri in calo rispetto a quello precedente che aveva coinvolto poco meno di 100.000 persone e superiori alla ventiduesimo sabato consecutivo di mobilitazione.
Oltre a Parigi, ci sono state mobilitazioni a Marsiglia, Tolosa, Lione, Bordeaux, Nantes, Montpellier, Nimes, Strasburgo, Nancy, Lille, Bensançon, ed in altri centri; ed alcune sono state marcate dalla repressione poliziesca.
Alla vigilia di queste mobilitazioni l’Esecutivo ed i media “di regime” hanno lanciato una campagna di terrorismo psicologico, paventando scenari apocalittici, da un lato per disincentivare la partecipazione ai cortei e dall’altro per legittimare l’ingombrante dispositivo repressivo che ormai comprende qualsiasi forma di opposizione sociale.
La conseguente repressione tocca ormai trasversalmente tutti i settori del blocco sociale che si sono mobilitati fino ad ora, dalle “giacche gialle” agli studenti, dagli attivisti del movimento sindacale ai militanti ecologisti.
Come scriviamo da tempo, il paradigma adottato dall’Esecutivo nell’affrontare la mobilitazione sociale che dura dal 17 novembre dell’anno scorso è quello della guerra a bassa intensità; di conseguenza il variegato movimento che ha preso forma viene trattato come “nemico interno”.
Le parole forti del segretario della CGT, Philippe Martinez, costretto a lasciare la manifestazione parigina, sulla “repressione inaudita e senza distinzioni” e le sue accuse mosse contro il ministro dell’Interno Castaner ed il Prefetto di Parigi, testimoniano di una torsione autoritaria evidente.
Un clima che denuncia la stessa centrale sindacale della regione marsigliese – UD 13 – , una delle più attive e combattive, che subisce da tempo una pesante criminalizzazione dei suoi attivisti e dei propri dirigenti.
Un deputato del movimento creato da Macron, Mohamed Laquilla, si è spinto addirittura a chiedere alcune settimane fa lo scioglimento della UD 13 della CGT!
Il segretario della UD 13 CGT, a causa dell’esposto di questo deputato, è stato convocato al commissariato di Aix en Provence martedì 7 maggio, come è stato ricordato dal microfono del camion dell’organizzazione alla fine “ufficiale” del corteo a Marsiglia.
E proprio una parte del corteo marsigliese ha voluto ricordare Zyneb Rebouane, deceduta in ospedale il 2 dicembre dello scorso anno nella città del Sud della Francia, dopo essere stata colpita in pieno volto da una granata lacrimogena mentre cercava di chiudere le finestre di casa propria.
La voce dei familiari e dei solidali che chiedono verità e giustizia per questa donna di ottanta anni, uccisa dalla polizia, sono state fino a qui pesantemente ignorate dai media di regime e dall’Esecutivo.
Proprio questa settimana l’avvocato di una giovane marsigliese che ha avuto il cranio fratturato l’8 dicembre dell’anno scorso, ai margini di una manifestazione dei GJ a Marsiglia, ha deposto un esposto contro ignoti per vari reati, tra cui il “tentato omicidio”, con il sostegno di sei testimonianze.
La giovane di 19 anni, dopo avere lasciato il proprio lavoro, è stata colpita da una LBD e poi di seguito colpita ripetutamente a terra dalle forze dell’ordine, che l’hanno lasciata agonizzante a terra…
Un altro segnale forte viene dalla denuncia da parte di parte di più di 300 giornalisti, che hanno affermato in un comunicato di assistere “a una volontà deliberata di impedirci di lavorare” da parte delle forze dell’ordine e di ledere in questo modo il diritto di cronaca.
Sono più di 90 i giornalisti che secondo “Reporters sans frontières” sono stati vittime di violenza poliziesca.
Il caso più recente ed eclatante è stato quello dello street journalist indipendente Gaspard Glanz, fermato e posto in “guard à vue”, inizialmente interdetto a svolgere in pratica il suo mestiere fino all’inizio del suo processo ad ottobre.
Nel comunicato pubblicato su “FranceInfo” – ripreso da numerose testate – ricordano il rapporto di marzo di quest’anno di Michelle Bachelet, Alto Commissario ai Diritti dell’Uomo all’ONU, sull’uso eccessivo della forza (in particolare l’uso di LBD 40), e la stima del giornalista indipendente David Dufresne – che ha recensito complessivamente dall’inizio del movimento dei “gilets jaunes” – che conta 85 aggressioni dirette specificamente contro giornalisti su un totale di 698 vittime di violenza da parte delle forze dell’ordine.
La maggioranza dei giornalisti, siano essi precari o indipendenti, ha sempre meno possibilità di ottenere la “carte de presse”, che pure non ha alcun valore riguardo alla possibilità di esercitare la professione giornalistica, nonostante come affermano “pubblichiamo sulle più grosse testate nazionali ed internazionali”, e denunciano le condizioni lavorative del loro settore.
Mettono a nudo lo stato del diritto di informazione in Francia:
“La Francia, paese dei diritti dell’uomo, è oggi classificato al 32simo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa redatta da “Reportes Sans Frontières”. La recente convocazione di tre giornalisti di Discole e Radio France da parte della DGSI [cioè l’Intelligence francese, N.d.C] dopo le loro rivelazioni sull’implicazioni delle forniture d’armi francesi nella guerra in Yemen rinforza le nostre inquietudini”.
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