Il pubblico ministero Federale dello stato di Minas Gerais, in Brasile, ha avviato una inchiesta civile per indagare sulla collaborazione della fabbrica brasiliana di Fiat con la dittatura civile-militare (1964-1985) e sulle violazioni dei diritti umani commesse contro gli operai all’epoca. L’indagine sarà condotta per i prossimi quattro mesi dal procuratore regionale per i diritti dei cittadini.
Fiat Brasile: come si è arrivati all’apertura del fascicolo
«Nell’ottobre del 1978, la Fiat si è vista alla vigilia del suo primo sciopero. Gli operai si organizzarono in segreto per paura della repressione militare. I dirigenti italiani e brasiliani sentivano l’elettricità sul pavimento della fabbrica e si chiedevano cosa fosse andato storto: anni prima, il governo militare brasiliano aveva garantito che la compagnia non avrebbe avuto questi tipi di problemi»
Inizia così l’inchiesta 145 Espiões (145 spie), pubblicata dal sito The Intercept Brasil il 25 febbraio. Il reportage denunciava come la Fiat avesse messo in moto una rete clandestina di spionaggio guidata da Joffre Mario Klein, un colonnello della riserva dell’esercito brasiliano, in collaborazione con la polizia politica. L’intento sarebbe stato quello di perseguitare i dissidenti politici e annichilire il movimento sindacale che si organizzava in fabbrica alla fine degli anni Settanta.
La procura si è basata sull’inchiesta giornalistica per aprire il fascicolo. Nel testo il procuratore Tarcísio Henriques Filho, responsabile dell’indagine, ha evidenziato parte del report finale della Commissione nazionale per la verità (Cnv), per la quale «i lavoratori e il loro movimento sindacale sono stati l’obiettivo primario del golpe del 1964».
La Fiat è la seconda azienda a essere indagata dalla procura brasiliana per violazione dei diritti umani commessi duranti gli anni di piombo nel paese sudamericano. La prima denuncia è partita nel 2015 contro la Volkswagen. L’azienda automobilistica tedesca ha ammesso le sua colpevolezza due anni dopo.
80 aziende hanno collaborato con la dittatura
La dittatura si è stabilita in Brasile nel 31 marzo del 1964, quando i militari hanno rovesciato il governo del presidente João Goulart per dare inizio a quello che sarebbe stato il periodo più buio delle storia del paese. Per vent’anni i militari hanno perseguitato, sequestrato, torturato e assassinato i dissidenti politici. Ma loro non erano da soli, hanno avuto la benedizione della borghesia brasiliana e la complicità degli imprenditori, anche delle multinazionali installate nel paese, che hanno partecipato al colpo di stato sin dalla sua preparazione.
La prova dello stretto legame fra la classe imprenditoriale e il governo militare è venuta a galla nel 2014, durante le indagini allora in corso dalla Commissione per la verità (Cnv), citata nel fascicolo del procuratore Tarcísio Henriques Filho che indaga sulla Fiat. Istituita dall’ex presidente Dilma Rousseff, la Cnv ha indagato per oltre due anni sulle violazioni dei diritti umani avvenute durante la dittatura. La stessa Dilma è stata arrestata e torturata dagli organi repressori del regime.
I documenti ritrovati nell’archivio pubblico di San Paolo riportano i nominativi di circa 80 aziende coinvolte con spionaggio e delazione di circa 300 dipendenti alla polizia politica (Dops). Oltre ad avere le aziende brasiliane come Petrobras nelle loro mani, i militari avevano uno stretto rapporto con le principali case automobilistiche come Volkswagen, Chrysler, Ford, General Motors, Toyota, Scania, Rolls-Royce, Mercedes Benz. L’intenzione era quella di soffocare qualsiasi movimento sindacale che si stava creando tra i lavoratori.
Prima della Fiat, era stata denunciata Volkswagen
Nel 1972, Lucio Antonio Bellentani era un operaio della fabbrica Volkswagen a Sao Bernardo do Campo, Brasile. È stato denunciato dalle guardie di sicurezza del proprio posto di lavoro come militante comunista agli ufficiali della dittatura che l’hanno arrestato e torturato per 48 giorni. La sua storia è una di quelle ritratte nel documentario “Accomplices? The Volks ‘Cooperation with the Military Dictatorship“, prodotto dalla televisione pubblica tedesca DW.
In seguito alle denunce dalla Commissione, nel 2015, un gruppo di ex operai, centrali sindacali e sindacati hanno presentato esposto in procura che ha aperto un’indagine contro la multinazionale tedesca.
La Volkswagen è stata la prima azienda denunciata in Brasile per violazioni dei diritti umani e collaborazione con il regime militare. Nel 2017 Volkswagen ha ammesso di aver collaborato con la dittatura brasiliana.
Dittatura Brasile: identificati 377 torturatori
Consegnato alla Rousseff il 10 dicembre del 2014, le 4 milla pagine del report finaledella Cnv mostrano come la violazione dei diritti umani è diventata una politica di stato durante la dittatura militare. Il documento ha anche identificato con nomi e cognomi 377 torturatori e ha sottolineato che circa 434 persone sono state vittime di questi carnefici, essendo stati rapiti, uccisi o risultati dispersi.
Italiani fra le vittime della dittatura
Tra le vittime ci sono quattro italiani: Antonio Benetazzo, arrestato il 28 ottobre 1972 dagli agenti di polizia dellla centrale di operazioni di difesa interna dell’esercito a São Paulo (Doi-Codi), assassinato due giorni dopo l’arresto, e Libero Giancarlo Castiglia, desaparecido il 25 dicembre 1973, nella regione di Araguaia, il cui corpo non è mai stato ritrovato.
Orazio Domingo Campiglia e Lorenzo Ismael Vinas, entrambi italo-argentini, sono tra le vittime della famigerata operazione Condor, un accordo diabolico che negli anni Settanta ha permesso lo scambio di informazioni e prigionieri fra le varie dittature del Cone Sud. Campiglia e Villas sono fra le vittime citate anche nel processo Condor che è in corso, in fase d’appello, presso Tribunale di Roma. La sentenza è prevista per il prossimo 8 luglio.
Durante la conferenza stampa sulla consegna del report finale della Commissione, la Rousseff ha sottolineato che «i fantasmi del passato doloroso e triste non potevano più proteggersi nelle ombre del silenzio e dell’omissione».
Tra amnistia e “giustizia di transizione”
All’epoca della Commissione molti si domandavano che tipo di giustizia si potesse ottenere, visto che nel paese è in vigore ancora oggi l’amnistia approvata dagli stessi militari per proteggere i loro assassini e torturatori dalle accuse, prima di restituire il potere ai civili nel 1985.
A differenza di altri paesi del Sud America che hanno vissuto dittature durante la Guerra Fredda e che poi hanno indagato e condannato i propri carnefici, era la prima volta che il Brasile indagava sui gravi abusi commessi negli anni di piombo.
Come ha scritto nel fascicolo il procuratore di Minas Gerais a capo dell’indagine contro la Fiat:
«La giustizia “di transizione” è fondamentale per il processo di democratizzazione degli stati che hanno vissuto regimi autoritari.»
Argentina: un precedente in America Latina
Non solo il Brasile è in attesa della verità sui fatti trascorsi in quella epoca. Anche in Argentina ci sono casi di aziende processate per aver collaborato con la dittatura dell’ex presidente Jorge Rafael Videla. Secondo Victoria Basualdo, una ricercatrice argentina che ha partecipato alla conferenza stampa della CNV, ci sono quattro società accusate di collaborazione con il regime dittatoriale del suo paese: Ledesma (produttore di zucchero), società mineraria Aguilar, la trasportatore La Veloz del Norte e la Ford.
DA https://www.osservatoriodiritti.it
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